Salvadanaio. La famosa musina data dalle banche
Forse qualcuno ricorda che fino a qualche anno fa si celebrava la Giornata del risparmio. Venivano affissi manifesti dai quali un enorme salvadanaio si protendeva a protezione della società, agli alunni delle scuole le Casse di Risparmio regalavano quaderni ed eleganti salvadanai per depositare i pochi soldi risparmiati. Senza clamore l’appuntamento è tramontato, eppure ufficialmente esiste ancora la civile Giornata del risparmio. Più inflazionata la parola “risparmiatore”, una classe destinataria di corteggiamenti interessati e lusinghe, che qualche volta finiscono con grandi tradimenti (vedi la Popolare di Vicenza). L’idea di istituire una manifestazione che celebrasse l’importanza e il valore del risparmio nacque da una proposta di Alberto de Stefani, uno degli economisti più innovativi e tra i più geniali ministri delle finanze, e da Maffeo Pantaleoni, altro economista che ne ispirò la proclamazione nel suo discorso di chiusura in occasione del primo Congresso internazionale del risparmio, svoltosi a Milano nell’ottobre del 1924, giusto 100 anni fa. Al congresso aderirono oltre 7 mila Casse di risparmio di 26 Paesi, e da allora il 31 ottobre, ultimo giorno del convegno, venne istituita la Giornata del risparmio. I nostri legislatori, quando alla fine della seconda guerra dovevano pensare alla ricostruzione del Paese, hanno guardato soprattutto ai valori: il lavoro, la libertà, la famiglia, e anche il risparmio: “La Repubblica incoraggia e tutela il risparmio in tutte le sue forme; disciplina, coordina e controlla l’esercizio del credito” recita l’articolo 47 della Costituzione. Infatti, se la Giornata del risparmio viene oggi celebrata soprattutto in forma istituzionale, nel periodo dal dopoguerra agli anni Sessanta ebbe un rilievo di grande popolarità, favorito dal boom economico che portò a un relativo benessere diffuso. In tutta Italia fiorirono varie iniziative, dalla composizione dell’Inno al risparmio (parole di Nino Gutierrez e musica di Natale Carosio), alla pubblicazione di giornalini per ragazzi. Gli istituti bancari fecero la loro parte per sensibilizzare al risparmio i giovani alunni delle scuole italiane, soprattutto dagli anni Sessanta. I ragazzi di tanti anni fa ricordano la cerimonia del 31 ottobre. Arrivava nella classe elementare un funzionario della banca che ci parlava del valore del risparmio, dell’utilizzo del libretto, dell’importanza di mettere via soldini per il futuro. Con parole a lui semplici, ma a noi in parte sconosciute. Poi, finalmente, c’era la distribuzione dei regali complementi al corredo scolastico: le matite con lo slogan “risparmio!”, i quaderni che riportavano in copertina disegni legati alla ricorrenza, ben diversi da quelli con la severa copertina nera o verde, le carte assorbenti con frasi didascaliche (allora si scriveva ancora con il canotto e l’inchiostro), i giornalini con le vignette di Jacovitti che raccontavano il successo della previdenza, la creazione della “mascotte del risparmio”, detta il “risparmiatore felice”. E si faceva un tema legato all’iniziativa. I migliori, a giudizio della maestra, venivano premiati con la “musìna”, il salvadanaio, e un libretto al portatore e gli autori erano invitati in banca, ovviamente accompagnati dai genitori. Quando il salvadanaio era pieno, il bambino si recava in banca per depositare i soldini risparmiati sul libretto. La chiave per aprire il salvadanaio era custodita dal cassiere dell’istituto di credito. La “musìna” era un’arcigna cassettina metallica, con tanto di manico per il trasporto. Questa piccola cassaforte era congegnata in modo tale che dei semidischetti mobili chiudevano la fessura dove si introduceva il denaro, per impedirne la fuoriuscita o l’asportazione, un sistema per impedire ai bambini di avere tentazioni. Poi c’era la “musìna” a forma di libro, che era rossa, come la banconota da 100 lire, o blu, come quella da 50 lire: una fessura orizzontale sulla parte superiore serviva per introdurre le monete metalliche, un foro rotondo nella parte laterale consentiva di inserire le banconote arrotolate a sigaro. E noi ragazzi ci sentivamo ricchi, il libretto a risparmio si caricava di ricchezza, a forza di 5, 10, 50 lire il saldo aumentava: 500 lire, addirittura mille lire, e i genitori ci incoraggiavano e contribuivano. Di quelle iniziative restano oggi vecchi salvadanai un po’ arrugginiti e qualche ingiallito libretto al portatore senza alcun valore.
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