Ucraina: la guerra prosegue male, mentre i russi avanzano. Scontro ai vertici della Difesa

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di Francesco Battistini

Il ministro attacca la capa per l’agenzia degli armamenti

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DAL NOSTRO INVIATO
KIEV – «Le armi non si comprano su Amazon!». Il ministro della Difesa ucraino, Rustem Umerov, fedelissimo del presidente Volodymyr Zelensky, venerdì scorso è esploso di rabbia. Gli hanno sottoposto la conferma d’una nomina: la funzionaria Maryna Bezrukova, capa della corposa Agenzia per l’acquisizione degli armamenti (Aoz). Lui ha detto di no: «Da quand’è arrivata, l’Aoz è diventata un catalogo vendite online: qualunque internauta può vedere in tempo reale gli acquisti che facciamo…». Umerov ha pubblicamente accusato la direttrice di prestarsi a «giochi politici», facendo filtrare informazioni riservate sui contratti. E a Zelensky l’ha ripetuto chiaro: o lei, o me.

Non sarebbe il momento giusto per litigare. I russi avanzano inesorabili nel Donetsk e per fermarli non basta lanciare 104 droni, com’è accaduto martedì notte, o incendiare una raffineria Lukoil a Novgorod, colpire i civili a Belgorod, ammazzare una mamma e un bambino di due anni. La guerra va male, la prima linea è senza munizioni e in occidente si discute se sia il caso d’inviare ancora armi: martedì, il Parlamento italiano ha votato per la decima volta l’ok; il presidente americano Donald Trump ha confermato per ora gli aiuti militari, e Zelensky s’è lasciato andare a un «grazie a Dio!».




















































Eppure, la disputa continua. In pubblico. La Bezrukova respinge la richiesta di dimissioni: amministra un budget miliardario, ha 330 dipendenti e un mandato d’un altro anno. Nel 2024, era stata scelta proprio per garantire più trasparenza nei contratti per le armi: un business che è già costato la poltrona al chiacchierato ministro Olekssii Reznikov, rimpiazzato proprio da Umerov. «Mi vogliono mandare via», dice la dirigente, «perché ho abbassato le commissioni sulle forniture dal 3% allo 0,4». L’Aoz esiste da un anno ed è nata con lo scopo di ripulire un settore molto opaco, razionalizzando gli enormi rifornimenti inviati a sostegno della guerra. E’ un’agenzia che tratta direttamente coi fabbricanti d’armi. E i duellanti non rappresentano solo se stessi, lo scontro è anche fra lobbisti internazionali: la Bezrukova è sempre stata considerata una longa manus americana dell’amministrazione Biden, mentre i collaboratori silurati — due tatari — sono legati alla lobby turca che produce i droni Bayraktar, venduti grazie a un accordo col leader Recep Tayyip Erdogan.

Per ora, l’ostruzionismo di Umerov l’ha fatto finire sott’inchiesta. Ipotesi, abuso d’ufficio. Qualche deputato della Rada ne domanda le dimissioni: «Mina la lotta alla corruzione». E gli ambasciatori dei G-7, Italia compresa, hanno chiesto di chiarire rapidamente la questione.

Molte ong ucraine, in particolare l’Antac che s’occupa d’anticorruzione, hanno difeso la Bezrukova e chiesto l’intervento dello stesso Zelensky: si vocifera d’un possibile, nuovo rimpasto di governo per mettere alla Difesa l’ex responsabile delle Infrastrutture, Oleksandr Koubrakov. Sarebbe il terzo cambio di ministro in tre anni di guerra, non un bel segnale, ed è pure per questo che il presidente nicchia.

Senza contare il fatto che l’amministrazione Trump non gradisce granché la conferma della Bezrukova, così vicina ai dem americani. Anche le ong, però, non mollano la presa: questa lite danneggia il Paese, avvertono, perché «rischiamo di perdere definitivamente la nostra credibilità internazionale». E il pericolo di questo scontro è evidente: offrire all’Occidente una buona scusa per non mandare più nulla.

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29 gennaio 2025 ( modifica il 29 gennaio 2025 | 22:40)

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