Trump congela i fondi federali. I dem: «Crisi costituzionale»

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La Casa Bianca blocca centinaia di miliardi in prestiti e finanziamenti per enti locali e servizi. La scure su educazione, ambiente, gender, piccole imprese: così vuole “trumpizzare” il sistema

Dopo avere preso d’assalto le politiche dell’amministrazione Biden con una raffica di ordini esecutivi, Donald Trump sta estendendo i limiti del suo potere per vedere fino a che punto può spingersi. Lunedì sera l’ufficio budget della Casa Bianca ha ordinato la sospensione di tutti i finanziamenti e i prestiti del governo federale a stati ed enti locali, paralizzando così centinaia di miliardi di dollari che potrebbero mettere in crisi l’intera economia americana.

I finanziamenti bloccati riguardano educazione, trasporti, linee di credito per piccole imprese, ma anche fondi per far fronte a emergenze ambientali, progetti legati al Green Deal, ai corsi per Diversity, Equity, and Inclusion e alla «ideologia woke del gender». Molti di questi crediti erano stati approvati dal Congresso.

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In una lettera, il direttore ad interim dell’ufficio budget, Matthew J. Vaeth, ha ordinato di «fermare temporaneamente tutte le attività legate alla liquidazione dei finanziamenti federali» con effetto immediato e fino almeno a metà febbraio, in attesa di valutazioni ulteriori. Entro il 10 del mese prossimo tutte le agenzie che sono in qualche misura coinvolte nelle decisioni dovranno presentare un rapporto sugli effetti della sospensione.

Vaeth scrive nell’ordine che «l’uso di risorse federali per sostenere l’equità marxista, il transgenderismo e le politiche di ingegneria sociale del Green New Deal è uno spreco di dollari dei contribuenti che non migliora le vite di quelli che dovremmo servire».

Non ci sono ulteriori specifiche sui contorni dell’iniziativa, ma l’intento del provvedimento è dichiarato in modo esplicito: accertarsi che i programmi federali siano allineati con le priorità politiche di Trump. Il presidente procede così nel percorso di smantellamento della struttura amministrativa federale, per poi passare presumibilmente a alla fase della ricostruzione a sua immagine.

Il progetto

I democratici sono insorti per denunciare l’abuso del potere esecutivo da parte di Trump. «È un pugnale conficcato nel cuore delle famiglie americane sia negli stati democratici che in quelli repubblicani, nelle città, nei sobborghi, nelle aree rurali», ha detto il leader dei democratici al Senato, Chuck Schumer, chiedendo a Trump di «ordinare all’amministrazione di invertire la rotta immediatamente, restituendo i soldi alle persone».

I procuratori generali di New York, California, Illinois, New Jersey, Rhode Island e Massachusetts hanno già annunciato ricorsi e azioni legali, sulla base di una legge del 1974 che per arginare la deriva del potere esecutivo innescata da Nixon ridefiniva il bilanciamento fra i poteri in materia di finanziamenti e prestiti.

Jeff Merkley, il senatore democratico più alto in grado nella commissione budget, ha parlato di una «crisi costituzionale». Giovedì 30 gennaio sarà assieme agli altri senatori a votare la conferma di quello che è chiaramente l’architetto di questa operazione: Russ Vought, designato capo dell’ufficio budget, fra gli autori del famoso Project 2025 della Heritage Foundation e mente dietro alla radicale riforma della struttura federale che Trump ha promesso.

Immigrazione e dazi

Sul fronte immigrazione, è entrata in azione anche Kristi Noem, confermata sabato scorso come segretaria della Sicurezza nazionale. Ha indossato il giubbotto antiproiettile della polizia di frontiera e ha partecipato a un raid per arrestare ed espellere clandestini con precedenti penali.

Ha pubblicato sui social il video dell’arresto di un uomo accusato di rapimento e furto, promettendo che «personaggi schifosi come questo continueranno a essere rimossi dalle nostre strade».

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L’amministrazione sta anche mettendo a punto la strategia di pressione commerciale che Trump ha sperimentato con successo nel fine settimana con la Colombia, l’alleato più stretto degli Stati Uniti in America Latina. Dopo che il presidente colombiano, Gustavo Petro, si è rifiutato di accettare i clandestini rimpatriati dagli Usa, Trump ha agitato la minaccia dei dazi, costringendo l’alleato a fare rapidamente marcia indietro.

La Colombia ha accettato tutte le condizioni imposte, ha fatto sapere la Casa Bianca, e ora Trump esibisce questo esempio come il modello della strategia che verrà: usare la minaccia dei dazi come strumento di pressione per qualunque cosa, anche per faccende slegate dalla politica commerciale.

La trionfale esibizione di forza del presidente è turbata in questo momento soltanto dal pensiero di alcuni passaggi complicati. Il primo è la conferma di Robert Kennedy Jr. – nominato come segretario della Sanità – al Senato, dove oggi iniziano le audizioni.

Caroline Kennedy, cugina di RFK Jr. ed ex ambasciatrice in Australia, ha inviato una lettera ai Senatori in cui lo accusa di essere un «predatore» che ha abusato di decine di persone, fra cui membri della famiglia, e ha trascinato «con la forza della sua personalità» molti altri nel tunnel della droga dal quale lui è poi uscito. Ma non è andata così per alcune delle vittime della sua influenza.

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