Il tema dell’Autonomia differenziata e la illustrazione delle sue molteplici implicazioni hanno richiamato una partecipazione davvero molto ampia di Soci ed ospiti per l’estrema attualità dell’argomento. La relazione, tenuta dal nostro caro amico Socio Mimmo Lasala, si è rivelata chiarificatrice anche se a tratti molto tecnica.
Il Presidente Sabino Fortunato, nella sua breve introduzione, ha ricordato che pochi giorni, fa la Corte Costituzionale non ha ammesso il referendum abrogativo proposto dalle opposizioni sulla legge n. 86/2024, anche perché il suo contenuto era stato in buona parte svuotato dalla precedente sentenza n. 92/2024 della medesima Corte, che aveva dichiarato l’illegittimità di numerose disposizioni della medesima legge. E’ evidente che la legge dovrà essere riscritta e nei suoi confronti potrebbe riproporsi un nuovo referendum abrogrativo.
Mimmo, nella sua articolata relazione, ha precisato che l’istituto è previsto dall’art. 116 della Costituzione, come modificato nel 2001 su iniziativa del centro-sinistra, anche per bloccare le iniziative secessioniste della Lega Nord. La legge ordinaria di attuazione della previsione costituzionale trova il proprio antecedente nei referendum svolti nel 2017 all’interno delle regioni Lombardia e Veneto, che si esprimevano favorevolmente alla devoluzione da parte dello Stato di competenza legislativa su numerose materie. L’operazione mirava a legittimare il federalismo fiscale anche per risolvere il problema dei cosiddetti “residui fiscali”, lamentato dalle Regioni più ricche. I residui fiscali costituiscono la differenza fra le imposte che si raccolgono nel territorio delle singole Regioni e destinati all’Erario nazionale e il ritorno ai cittadini della Regione in termini di servizi prestati dallo Stato. Tali residui sono ovviamente a svantaggio delle Regioni più ricche, che vorrebbero gestire in proprio tali servizi, mantenendo direttamente le relative risorse. Ma ciò solleva, per un verso, il problema dell’applicazione del principio di solidarietà nazionale e per altro, il problema del rispetto sull’intero territorio nazionale dei Livelli Essenziali di Prestazione (LEP), per quelle funzioni relative a materie in cui dev’esservi tutela uniforme dei diritti civili e sociali dei cittadini.
Alcune Regioni hanno dunque spinto perché venisse approvata la legge quadro n. 86/2024. Tale normativa prevede che i LEP vengano definiti dal Governo con decreti legislativi. Ma la Corte Costituzionale, su ricorso di altre Regioni (Toscana, Puglia, Campania e Sardegna in contrapposizione a Lombardia, Veneto e Piemonte) ha ritenuto illegittima la previsione, perché priva di criteri direttivi ben definiti e perciò tali da lasciare all’Esecutivo un potere troppo discrezionale. Il problema fondamentale dei LEP è la loro valorizzazione, in quanto i servizi sono da valorizzare a costi standard. Per dare un’idea, a noi sono noti i LEA, livelli che riguardano l’assistenza sanitaria: ci sono voluti dieci anni per arrivarci, ma manca tuttora l’uniformità di trattamento tra le varie Regioni, nonché le verifiche sull’efficacia e l’efficienza delle prestazioni. Il finanziamento dei LEP andrebbe fatto in collaborazione tra Regione e Stato ed entra in conflitto con il principio dell’invarianza della spesa complessiva.
Un’altra criticità riguarda il ruolo del Parlamento che non è abbastanza sottolineato, in quanto esiste un rischio specifico di frammentazione dell’efficienza dei servizi; si aggiunge una corretta applicazione del principio di sussidiarietà nel livello decisionale, poiché talvolta esso esige che la decisione venga adottata al livello più vicino al cittadino, altre volte a livello intermedio o addirittura statale. E infine, secondo la Corte, occorre distinguere tra materia e funzioni (ad esempio “materia” è la giustizia, “funzioni” sono le questioni inerenti singoli settori come l’amministrazione delle carceri, la gestione dell’ordinamento giudiziario, etc.). La Corte Costituzionale ha sottolineato che in base all’art. 116 Cost. possono devolversi all’autonomia regionale funzioni, ma non intere materie. Questa distinzione è comunque molto problematica, perché il rischio di sovrapposizione fra materie e funzioni in settori in cui esistono competenze legislative di enti nazionali e di Unione europea è molto elevato.
In conclusione, la lettura della sentenza prefigura un dibattito che finirà per riflettersi sullo stesso contenuto dell’art. 116 della Costituzione in merito a quanto in concreto è delegabile alle Regioni. Una curiosità: Mimmo ha chiesto ad un programma di Intelligenza Artificiale quale opinione ha avuto modo di formarsi sulla legge relativa alla Autonomia Differenziata: la risposta è risultata in linea con i rilievi sollevati dalla Corte Costituzionale. Mimmo ha infine concluso che, in definitiva un’idea è buona se applicata bene, altrimenti è una cattiva idea!
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