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Più ombre che luci dal report di CREA Sanità


Ufficio Comunicazione


29 Gennaio 2025

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Se c’era ancora un lumicino d’illusoria speranza in un futuro più roseo per il finanziamento della nostra salute, il Rapporto di C.R.E.A. Sanità “Manutenzione o Trasformazione: l’intervento pubblico in Sanità al bivio”, presentato nella sede del Cnel a Roma, ha sotterrato quel barlume di luce con una “pietra tombale”.

Per i più, gran parte della crisi del SSN è da attribuirsi alla mancanza di personale sanitario; una costatazione non da poco se si considera il risultato ottenuto dal report di CREA dal quale risulta che per far fronte alle carenze di personale, servirebbero almeno 30 miliardi di euro. Anzi per allineare le retribuzioni dei professionisti agli standard degli altri Paesi, sarebbe necessario raddoppiare l’onere complessivo. Insomma servirebbero in totale 40 miliardi.

E c’è di più. Se la politica decidesse di raschiare oggi il fondo del barile per soccorrere la Sanità, l’Italia – sempre secondo il Rapporto – potrebbe racimolare 19,9 miliardi di euro in più (+11,3% del finanziamento attuale), rispettando le compatibilità macroeconomiche e quindi considerando gli interessi sul debito pubblico e anche il livello di sviluppo del Paese. Purtroppo però anche questo possibile intervento, resta un sogno lontano mille miglia dalla realtà, considerando che anche altri vitali capitoli di spesa, importanti anch’essi per un futuro vivibile dall’intera comunità – pensiamo all’istruzione e alla ricerca, tanto per fare qualche esempio -, sono ancora drasticamente sotto finanziati.

Non va poi dimenticato che per soddisfare i bisogni sanitari la popolazione italiana spende‘ufficialmente’ di tasca propria 41,4 miliardi di euro l’anno. E si tratta di una spesa di cuji si fa carico il 23% di famiglie povere, che di questo onere farebbero a meno molto, ma molto volentieri per non rischiare di cadere nella povertà più assoluta. 3,4 milioni di nuclei familiari dichiarano di rinunciare a tante spese sanitarie, e 1,2 milioni effettivamente le azzerano del tutto per impossibilità concreta. 

Il Rapporto CREA Sanità fornisce poi lo spaccato della situazione attuale, sulle principali voci che compongono il quadro dell’assistenza nazionale, analizzandola dal punto di vista socio-sanitario (demografia; finanziamento; reti trasversali tra cui la digitalizzazione, il personale le reti oncologiche; indicatori di performance prevenzione; evoluzione dell’assistenza ospedaliera; assistenza residenziale, specialistica ambulatoriale; farmaci e dispositivi medici; servizi domiciliari; screening; salute mentale), per fare il punto esatto sui problemi economici – e non solo – della sostenibilità del sistema. Nell’analisi del CREA Sanità, che fa il punto esatto da cui partire per il ripensamento del sistema, ci sono poi confronti internazionali e, a livello nazionale, un focus Regione per Regione dei risultati positivi e negativi che le caratterizzano e il Rapporto mette a confronto anche i risultati e gli effetti delle scelte negli ultimi tre trienni di gestione sanitaria. Aspetto “guida” è quello dell’equità, sul quale il Rapporto sottolinea, tra l’altro, che il finanziamento del sistema stesso è concentrato su meno del 20% della popolazione e il restante 80% versa meno del valore dei servizi sanitari che (in media) riceve dallo Stato: “Una esagerata sperequazione dei redditi a livello nazionale – si afferma nel Rapporto – con conseguenze in termini di sostenibilità, visto che il servizio sanitario pubblico economicamente pesa sulle spalle di una quota davvero esigua della popolazione”.

Anche se l’attuale finanziamento del SSN ha raggiunto il livello massimo mai ottenuto un confronto basato su una analisi statistica della relazione fra risorse dei Paesi (PIL pro-capite, al netto degli interessi sul debito pubblico che sono indisponibili per il finanziamento del Welfare) e spesa sanitaria pro-capite, la spesa per la Sanità in Italia risulta inferiore al livello atteso dell’11,3 per cento.

La trasformazione ha un obiettivo principale: rendere il Servizio capace di riallineare le “promesse” alle risorse disponibili, evitando razionamenti impliciti che sono per definizione oggetto di ingiustizia perché penalizzano la popolazione più fragilePer raggiungere questo obiettivo, l’intervento pubblico deve allargare i suoi confini, rinunciando ad arroccarsi sull’idea di una posizione egemonica del servizio pubblico, occupandosi della governance di tutto il sistema sanitario, compresa la quota di servizi sanitari oggi classificati come sanità privata. “Avere una vision implica priorità – afferma il Rapporto – e darsele implica, per definizione, fare anche scelte politicamente ‘scomode’.


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