Lo stato di emergenza è finito ma continuano a proliferare i decreti legge

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La parte finale dell’anno si contraddistingue sempre per l’attenzione massima che governo e parlamento rivolgono all’approvazione della legge di bilancio. Norma che, come stabilito dall’articolo 81 della costituzione, deve entrare in vigore entro il 31 dicembre. Mentre le camere erano impegnate nella discussione di questo provvedimento fondamentale però, l’esecutivo ha continuato a produrre un numero consistente di decreti legge (Dl).

Dato che questi provvedimenti devono essere convertiti in legge entro 60 giorni dalla loro entrata in vigore, quando il parlamento si trova a doverne discutere molti contemporaneamente si creano delle criticità non indifferenti. A partire dal fatto che se le camere sono impegnate nella conversione dei Dl non hanno tempo di occuparsi di altro e sono quindi costrette a “inseguire” l’agenda imposta dal governo. Altre conseguenze negative dell’uso eccessivo dei decreti legge sono il massiccio ricorso alla questione di fiducia e la creazione dei cosiddetti decreti minotauro.

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84 i decreti legge emanati dal governo Meloni dal suo insediamento.

Nonostante l’abuso dei Dl sia una prassi che accomuna sostanzialmente tutti gli esecutivi, è doveroso sottolineare che la necessità di gestire l’emergenza pandemica ha comportato un innalzamento della tolleranza da questo punto di vista. Con la fine dello stato di emergenza però non si è tornati agli standard precedenti. L’uso fatto dall’attuale governo dei decreti legge infatti è sostanzialmente allineato a quello dei governi Conte II e Draghi.

È importante tuttavia non assuefarsi a un simile modus operandi. Questo perché c’è il rischio di uno scivolamento da uno stato di emergenza (temporaneo) verso uno stato di eccezione (strutturale), come definito in ambito accademico (Schmitt e Agamben, tra gli altri). Monitorare e denunciare queste dinamiche è quindi di fondamentale importanza per evitare il rischio di una deriva dei sistemi democratici. Sistemi da cui si attendono risposte in un contesto internazionale molto complesso come quello attuale.

L’incidenza dei decreti nella produzione legislativa

Nell’arco di un mese – dal 23 dicembre al 24 gennaio – il governo Meloni ha emanato ben 6 nuovi decreti legge. Si tratta dei Dl:

Il ricorso massiccio allo strumento del decreto legge ha caratterizzato l’azione di tutti gli esecutivi delle ultime legislature. Tale dinamica si è confermata anche con il governo attualmente in carica. Dopo poco più di due anni dal suo insediamento infatti il governo Meloni ha raggiunto il numero più alto in valori assoluti di decreti legge pubblicati nelle ultime 4 legislature (84).

Entrambi i governi che hanno dovuto fronteggiare la pandemia sono già stati superati. Si deve tenere presente però che sono rimasti in carica per meno tempo. Per fare un’analisi più puntuale del ricorso ai decreti legge fatto da governi che hanno avuto durata diversa possiamo analizzare i dati relativi alla media mensile di decreti pubblicati. Da questo punto di vista possiamo osservare che i governi Conte II e Draghi sopravanzano leggermente l’attuale esecutivo con una media di 3,07 decreti legge al mese nel loro periodo a palazzo Chigi. Sostanzialmente però si può dire che il governo Meloni è in linea con l’operato dei suoi predecessori con una media di 3 Dl pubblicati al mese. Di fatto quindi l’attuale esecutivo emana decreti legge allo stesso ritmo di quelli che hanno dovuto fronteggiare le fasi più concitate della pandemia.

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FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: mercoledì 29 Gennaio 2025)

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Per capire quanto la proliferazione dei decreti incida sul processo legislativo si può fare un confronto tra il numero di leggi ordinarie e quello di conversioni di decreti legge approvate durante il mandato dei diversi esecutivi. Se si escludono le ratifiche di trattati internazionali, dall’insediamento dell’attuale governo le leggi di conversione approvate sono state 71 a fronte delle 65 ordinarie entrate in vigore. Nelle ultime 4 legislature solo durante il mandato di due esecutivi si è registrato un disavanzo maggiore a favore delle leggi di conversione. Si tratta dei governi Conte II (9 leggi ordinarie e 34 conversioni) e Letta (7 ordinarie, 22 conversioni). L’esecutivo Draghi invece riporta lo stesso squilibrio dell’attuale (41 leggi ordinarie e 47 conversioni).

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DA SAPERE

Dal conteggio delle leggi ordinarie sono state escluse le ratifiche di trattati internazionali. Questo perché si tratta generalmente di proposte poco divisive dal punto di vista politico, approvate spesso in blocco con maggioranze larghe e senza grandi discussioni.

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FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: mercoledì 29 Gennaio 2025)

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Ci sono invece 4 governi dove è maggiore anche in maniera significativa il numero di leggi ordinarie entrate in vigore. Si tratta degli esecutivi Berlusconi IV, Monti, Renzi e Gentiloni.

I decreti legge decaduti

Un’altra criticità legata all’uso eccessivo dei decreti legge è che può accadere che il parlamento non riesca a convertirli entro i 60 giorni stabiliti. Ciò è accaduto anche recentemente. Non sono stati convertiti in tempo infatti sia il cosiddetto decreto paesi sicuri sia il Dl che disponeva la riapertura dei termini di adesione al concordato preventivo biennale. Due tra le misure più significative volute recentemente dal governo.

In entrambi i casi tuttavia le disposizioni contenute in questi decreti sono state salvate facendo ricorso alla pratica dei cosiddetti decreti minotauro

Si tratta di una tecnica in forza della quale la legge di conversione di un decreto-legge ingloba (e spesso abroga, salvandone altresì gli effetti) un altro decreto-legge, destinato a non essere più convertito in legge […]. Dinanzi a «catene» di decreti-legge riguardanti la medesima materia, si sceglie dunque di concentrare gli sforzi solamente su talune leggi di conversione, accorpando più decreti in un unico testo: ecco allora che tramite un apposito emendamento presentato in sede di conversione di un decreto-legge si recepisce il contenuto di un altro decreto-legge.

Il decreto paesi sicuri è stato abrogato ma salvato allo stesso tempo con la legge 187/2024 di conversione del Dl 145/2024 anch’esso riguardante il tema della gestione del flussi migratori oltre che del caporalato. Quanto al decreto sul concordato preventivo l’abrogazione è stata disposta dalla legge 189/2024 riguardante il decreto economico-fiscale. Tale dinamica è ormai diventata una prassi. Infatti tutti i decreti legge non convertiti in tempo dall’attuale parlamento sono stati recuperati con questo escamotage.

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9 i Dl decaduti ma “salvati” attraverso la pratica dei decreti minotauro.

Anche questa pratica comporta diversi aspetti critici. In primo luogo, il fatto che dovendo convertire in legge più decreti contemporaneamente, la scadenza dei 60 giorni parte per tutti dal Dl meno recente. Di conseguenza per il parlamento si riduce ulteriormente lo spazio, già limitato, per entrare nel merito delle questioni.

La pratica dei decreti minotauro restringe ulteriormente gli spazi che sarebbero riservati al parlamento.

Altro aspetto critico, ribadito anche dalla corte costituzionale con la sentenza 245/2022, riguarda il fatto che una legge di conversione non dovrebbe essere emendata con disposizioni estranee rispetto al decreto di cui si occupa. In effetti, nei due casi citati, il parlamento sembrerebbe aver recepito tale direttiva scegliendo di far diventare minotauro le leggi di conversione di due decreti dai contenuti affini a quelli abrogati. Tuttavia le perplessità sul ricorso a tale pratica restano.

L’interregno tra la deliberazione di un decreto e la sua entrata in vigore

Un ultimo elemento interessante da analizzare riguarda il periodo di tempo che intercorre tra l’approvazione di un decreto legge in consiglio dei ministri (organo deputato a questo fine) e la sua pubblicazione in gazzetta ufficiale e conseguente entrata in vigore.

Non è chiaro cosa succede tra la deliberazione di un Dl e la sua pubblicazione.

Non sempre la pubblicazione è immediata infatti. Anzi, spesso il governo si è preso del tempo ulteriore per rivedere il testo deliberato. Testo che quindi può mutare anche in maniera significativa. Questo costituisce un grave problema di trasparenza. Non è chiaro infatti il processo che porta alla modifica delle norme durante questa fase né chi ha potere di intervento.

Mediamente durante l’attuale esecutivo sono intercorsi 4,7 giorni tra l’approvazione di un decreto legge in consiglio dei ministri e la pubblicazione in gazzetta ufficiale. Anche considerando come “fisiologico” un intervallo di alcuni giorni tra la deliberazione e la pubblicazione, possiamo osservare che ci sono state diverse situazioni che necessiterebbero di maggiore attenzione. Sono ben 18 infatti i decreti pubblicati in gazzetta a una distanza pari o superiore a 8 giorni dalla deliberazione.

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FONTE: elaborazione e dati openpolis
(ultimo aggiornamento: mercoledì 29 Gennaio 2025)

Tra questi poi ve ne sono 3 in particolare per cui l’intervallo intercorso è stato superiore alle 2 settimane. Il dato più alto in assoluto è quello del recente decreto milleproroghe per il 2025 (18 giorni). Seguono il decreto 44/2023 per il rafforzamento della capacità amministrativa (16 giorni) e quello per la realizzazione del ponte sullo stretto di Messina (15).

Foto: GovernoLicenza



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