La solita giustizia politica – L’Opinione

Effettua la tua ricerca

More results...

Generic selectors
Exact matches only
Search in title
Search in content
Post Type Selectors
Filter by Categories
#finsubito

Contabilità

Buste paga

 


“La giustizia politica mira a eliminare gli avversari politici”: così il noto e autorevole giurista Otto Kirchheimer ha avuto modo di sintetizzare la focalizzazione delle energie della cosiddetta “giustizia politica”, cioè dell’uso degli strumenti giuridici, primo fra tutti il processo penale, non già per il perseguimento di finalità proprie e naturali quali sono quelle giuridiche, ma per il raggiungimento di scopi eterogenei quali sono quelli prettamente politici, come appunto l’eliminazione degli avversari.

L’Italia – ahinoi – è un campo di prova straordinario per verificare, studiare e constatare l’incidenza e la preponderanza della visione ideologico-politica della giustizia.

Prestito personale

Delibera veloce

 

La storia della giustizia politica in Italia è lunga, di gran lunga più risalente di quanto si possa ritenere, giungendo fino agli ordini esecutivi che Mosca ebbe a dettare a Palmiro Togliatti attraverso l’ambasciatore Michail Kostylev al fine di controllare i gangli vitali – di cui primo e più importante è appunto la magistratura – della nuova macchina statale che si stava già pensando di ricostruire sul finire del Secondo conflitto mondiale; non a caso il primo Guardasigilli dell’epoca post-bellica fu proprio Palmiro Togliatti.

Le documentazioni storiche che comprovano queste ancestrali, ma fondamentali orchestrazioni non sono poche e sono sempre più dettagliate anche se dai più oggi negate e rinnegate più per connivenze ideologiche che per effettiva aderenza al piano della realtà e della storia.

Dopo la dura militanza degli anni Sessanta e Settanta con la creazione delle cosiddette “toghe rosse”, come testimonia uno dei protagonisti quale è stato il magistrato Francesco Misiani nel suo celebre omonimo volume, è sopraggiunto il trentennio del berlusconismo che ha fatto registrare il momento apicale del coinvolgimento politico di una parte sempre più agguerrita della magistratura.

Attraverso varie vicende si giunge, infine, alla recente notizia di iscrizione nel registro degli indagati della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni, del Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio Alfredo Mantovano, del ministro della Giustizia Carlo Nordio e del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi accusati di favoreggiamento e peculato in merito all’espulsione del generale libico Al Masri scarcerato dalla Corte d’Appello di Roma e rimpatriato in Libia.

La vicenda, per quanto giuridicamente grottesca, si offre quale oggetto di alcune pur sintetiche riflessioni.

In primo luogo: si dovrebbe cominciare a ridiscutere dell’adesione dell’Italia a sistemi sovranazionali come la Corte Penale Internazionale che da organi “sussidiari” rispetto all’ordinamento nazionale di ogni Paese pare vogliano diventare sempre più organi di sostituzione e gestione dell’ordinamento nazionale degli stessi Paesi aderenti.

In secondo luogo: ritenere che personalità dal profondo rigore morale, dalla pluridecennale esperienza giuridica derivante dalla lunga carriera proprio come magistrati e dalla nota onestà intellettuale come Alfredo Mantovano e Carlo Nordio possano commettere azioni in violazione della legge per ostacolare la giustizia o per il perseguimento di vantaggi altrui o propri è quanto meno grottesco e assurdo, non tanto perché essi dovrebbero essere ritenuti infallibili, quanto semmai perché il loro agire è stato nel caso di specie palesemente conforme alla legge, in assenza di obblighi in senso contrario.

In terzo luogo: piaccia o meno, il sospetto che si tratti di una forma di vendetta per le annunciate riforme dell’ordinamento giudiziario esiste e persiste soprattutto dinnanzi alla evidente e iperuranica fragilità delle accuse mosse nei confronti del Capo del Governo e degli altri membri del Governo.

Richiedi prestito online

Procedura celere

 

Del resto non sarebbe la prima volta, come del resto è di dominio pubblico che una parte della magistratura, specialmente quella irreggimentata all’interno dell’Associazione nazionale magistrati, rappresenti una vera e propria forma di opposizione al Governo al fine di conservare e preservare poteri, prerogative e privilegi che sarebbero smussati e disinnescati dalle annunciate riforme, cominciando proprio dalla separazione delle carriere.

In quarto luogo: diventa quanto mai evidente il gioco di sponda tra la sinistra italiana – specialmente quella orbitante intorno al Partito democratico – e la parte più politicizzata della magistratura, che offre di buon grado la propria panoplia legale a servizio della causa politica di una parte contro l’altra. Oramai è così da tempo: tanto più debole è l’opposizione politica che la sinistra riesce ad esercitare quando non è al Governo, quanto più incisiva diventa l’azione della parte più politicizzata e progressista della magistratura che assume con determinazione e fierezza la tanto proclamata “funzione supplente”.

In quinto luogo: simili dinamiche, lungi dal rappresentare il grado di maturità del nostro sistema giuridico e istituzionale, dimostrano semmai esattamente il contrario, cioè l’immaturità del tutto, dato che un ordine, quello giudiziario, ancora una volta si scontra con gli altri due poteri, in questo caso quello Esecutivo mettendo de facto in discussione la stessa definizione di Stato di diritto.

Se l’Italia rischia di allontanarsi dal modello ideale dello Stato di diritto, che come tale applica il diritto non per finalità politiche, si identifica con la separazione dei poteri, e antepone la ragion giuridica a quella politica, per i paradossi tipicamente italiani, corre tale rischio proprio a causa della militanza politica di una parte della magistratura che confonde diritto e politica, giustizia e ideologia, ordine e potere.

In conclusione, si spera di essere smentiti con l’archiviazione di questa ennesima mirabolante azione giudiziaria; nel caso contrario si manifesta ancor più urgente non soltanto l’esigenza della riforma dell’ordinamento giudiziario, ma soprattutto quella dei giuristi in quanto tali che dovrebbero essere addestrati a prestare orecchio più alle ragioni del diritto che a quelle della politica per essere più vicini al proprio essere piuttosto che a quello dei demagoghi.

Aggiornato il 29 gennaio 2025 alle ore 10:34

Finanziamo agevolati

Contributi per le imprese

 



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link