La Grmania, ex locomotiva europea, si trova su un binario morto. Dopo due anni di fila in recessione, anche nel 2025 il Pil è atteso in contrazione. A lanciare l’allarme è la Confindustria tedesca Bdi, che stima, per l’anno appena iniziato, una calo dello 0,1% del Prodotto interno lordo (dopo il -0,2% del 2024 e e il – 0,3% nel 2023) a fronte del +1,1% stimato per la zona euro e il +3,2% dell’economia globale. Una previsione che potrebbe spingersi fino a -0,5% qualora Donad Trump dovesse implementare una politica di dazi nei confronti dei beni tedeschi.
L’allarme della Confindustria tedesca
“La situazione è molto grave, l’atmosfera è pessima e non si tratta solo di pettegolezzi o pessimismo: la crescita dell’industria in particolare ha subito una interruzione strutturale”, ha spiegato il presidente di Bdi, Peter Leibinger, aggiungendo che la situazione in cui versa la Germania non è solo una conseguenza della pandemia e dell’invasione russa dell’Ucraina.
I problemi di Berlino – secondo Leibinger – avrebbero origine interna e sarebbero il risultato di una debolezza strutturale presente dal 2018 che i governi non sono riusciti a risolvere.
“Sono necessari urgentemente investimenti pubblici in infrastrutture moderne, nella trasformazione e nella resilienza della nostra economia”, ha poi spiegato Leibinger, sottolineando la necessità di una riduzione della burocrazia, dei prezzi dell’energia più bassi e di una strategia chiara per rafforzare il panorama tedesco dell’innovazione e della ricerca.
Il declino tedesco
La Germania, tradizionalmente considerata un pilastro di stabilità economica in Europa, si trova attualmente in una profonda crisi economica, caratterizzata da una recessione persistente e da una serie di sfide strutturali che minano la crescita del paese.
Burocrazia pesante, costi energetici elevati e una carenza di lavoratori qualificati, sono solo alcuni fattori che hanno reso il Paese meno competitivo a livello internazionale. A subire il peso di questa situazione, è stato soprattutto il settore manifatturiero, e in particolare l’industria automobilistica che ha subito un forte calo della produzione, come dimostrato dai tagli drastici previsti da Volkswagen. Sul fronte occupazionale, le principali aziende tedesche appartenenti alla Fortune 500 Europe, la classifica delle più grandi aziende europee per fatturato, hanno annunciato più di 60.000 licenziamenti lo scorso anno.
Oltre agli aumenti dei costi dei fattori produttivi legati all’energia, un tema ricorrente tra le maggiori aziende tedesche in difficoltà è il calo della domanda in Cina: i consumatori del gigante asiatico scelgono sempre più prodotti nazionali, che appaiono più competitivi sul fronte dei prezzi. Tutto questo mentre l’invecchiamento demografico della popolazione tedesca sta portando a una carenza di manodopera qualificata.
Contesto elettorale
Le previsioni della BDI arrivano mentre la Germania si prepara alle elezioni previste per il 23 febbraio 2025. Elezioni che sono state anticipate a causa della crisi politica, che ha portato alla dissoluzione della coalizione di governo semaforo, guidata dal cancelliere Olaf Scholz. Si tratta di consultazioni cruciali poiché il nuovo governo dovrà affrontare sfide significative per stabilizzare l’economia e rilanciare la crescita. Tuttavia, l’incertezza politica potrebbe prolungare lo stallo economico, rendendo ancora più difficile il ritorno alla stabilità. Secondo recenti sondaggi, ad oggi in vantaggio ci sarebbe la Cdu, che si muove oltre il 30%, seguita dal partito di estrema destra AfD, che vede preferenze intorno al 20%. Segue la Spd, intorno al 16-18% mentre i Verdi si aggirano intorno al 12-14%.
E proprio in occasione delle prossime elezioni il Bdi ha presentato un’”Agenda per la crescita”, in cui spiccano cinque punti: riduzione delle imposte per le aziende al 25% e altri sgravi fiscali per garantire la crescita, chiari interventi sui prezzi dell’energia e una tabella di marcia per ridurli, maggiore coordinazione e investimento nella ricerca scientifica e tecnologica, eliminazioni dei costi derivanti dalla burocrazia e, infine, rafforzamento dell’Europa.
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