Il mondo apocalittico che Stephen Markley prospetta nel suo secondo romanzo, “Diluvio”, in Italia pubblicato da Einaudi nella traduzione di Manuela Francescon e Cristiana Mennella, è il risultato di un lento sobbollire di concause, prodotto dell’incuria e della malafede del sistema capitalista in un’America non troppo distante da quella attuale. È impossibile, durante la lettura, non farsi suggestionare dal futuro possibile che Markley sviluppa in quasi 1300 pagine, fino a perdersi nella successione di disastri plausibili e spaventosi. La scelta peculiare di Markley, però, è quella di affidare la narrazione del cambiamento climatico, e gli effetti che avrà sul genere umano, a un coro così ampio di personaggi da rischiare di perdersi, per una seconda volta, nelle preoccupazioni che generano. Un problema così complesso come il cambiamento climatico, dice l’autore, non poteva essere raccontato con un solo punto di vista, meglio un coro di personaggi con identità ed esperienze differenti che reagiscono come possono alla catastrofe che si manifesta. Tocca a Tony Pietrus, specializzato in geofisica e oceanografia, aprire il romanzo. Un flashback al 2013, anno in cui Pietrus si occupa dello studio dei clatrati sul fondo del mare, ovvero formazioni cristalline che contengono metano, ambite riserve di idrocarburi, ma di difficile estrazione e pericolose per l’equilibrio climatico. L’anno successivo, il 2014, viene raccontato dal punto di vista di Shane, impegnata a costruire la sua vita segreta da ecoterrorista: sono gli albori di 6Gradi, organizzazione che ritornerà spesso nel capitoli successivi, soprattutto per la ferocia delle sue azioni sul territorio. Proseguendo si incontreranno Jackie, manager del settore pubblicitario che si ritroverà a gestire un fondo finanziario che di etico non ha nulla, un tossicodipendente di nome Keeper, Ashir Al-Asan, matematico neurodivergente ed esperto di modelli predittivi, ma soprattutto uno dei perni, assieme a Pietrus, del romanzo, ovvero Kate Morris: attivista, fondatrice di un’organizzazione ecologista chiamata Fierce Blue Fire, spregiudicata, problematica, capace di movimentare l’opinione pubblica e smuovere grandi masse di persone. Questo cast di personaggi entra rapidamente nel futuro immaginato da Markley, fino a che, intorno al 2027 circa, gli eventi climatici sono diventati così estremi da richiedere interventi straordinari sia della politica che dei cittadini.
Presa tra i feroci venti trasversali del capitalismo di sorveglianza e dello Stato di sorveglianza, di una bestia che esigeva il profitto da un lato e una bestia che esigeva legge, ordine e letalità dall’altro, la maggior parte della gente si era arresa, accettandola come una situazione naturale, e aveva messo la testa sotto quanta più sabbia riusciva a trovare.
Siamo nel 2028 e il futuro alle porte è particolarmente cupo. Markley ha cura di dare sostanza a questa cupezza con eventi climatici che mantengono un’ancora nel contemporaneo e spaventano quanto basta da dover tirare un sospiro di sollievo tra un capitolo e l’altro e riportare i pensieri alla realtà. Nessuna persona può garantire che l’immaginazione dello scrittore statunitense sia il prodotto solo di una mente catastrofista, ma si deve ammettere che il più delle volte Markley anticipa eventi a noi contemporanei. Fa impressione, per esempio, la successione di eventi, con Pietrus protagonista, ambientati in un grande incendio a Los Angeles nel 2031; trovarne la conferma nelle notizie del 2025 non è stata una constatazione semplice da digerire. E chissà quanto altro Markley potrebbe aver azzeccato nella sua roulette letteraria, soprattutto ora che è appena iniziato il secondo mandato di Trump. Il Presidente americano viene citato più volte, con orrore, per il suo mandato del 2016, nemmeno Markley avrebbe potuto prevedere questo drammatico ritorno.
In “Diluvio” nessuno dei personaggi ha una risposta adeguata ai cambiamenti climatici, non ne ha la politica, né la scienza. Pietrus, inasprito dal suo stesso pessimismo, predica a vuoto e diventa un nemico pubblico, ma accade di peggio al bell’attore di Hollywood, che per breve tempo interagisce con una delle protagoniste, trasformato in guru religioso fondamentalista; qualcuno affamerà il suo stesso figlio pur di temprarlo per le improvvise carestie, qualcun’altra si perderà nelle sue stesse convinzioni. Non c’è conforto in “Diluvio”, Markley non cede al desiderio di risolvere il dramma climatico con un lieto fine, i personaggi, però, ci provano in ogni modo a difendere sé stessi e il futuro. Il problema è come agiscono. Ashir al-Hasan scrive in uno dei suoi report regolari:
Temo che gli anni della pandemia da Covid-19, la crisi economica, la crescente disuguaglianza, la classe plutocratica che in modo via via più esibito si ingozza a spese del bene comune, la diffusione delle dipendenze, gli eventi meteorologici estremi e il disagio psicologico abbiano di fatto preparato il corpo politico ad accogliere questo tipo di radicalismo.
Markley ha iniziato a scrivere “Diluvio” nel 2010 e ne completa la versione definitiva nel 2022, in piena pandemia. Nel frattempo esordisce con l’ottimo “Ohio”, il suo romanzo migliore nonostante la grande ambizione di questa epopea climatica, una “truthtopia” come la definiscono in un’intervista, usando una sintesi interessante tra Distopia e Truth, verità. La versione in lingua inglese del romanzo è di circa 900 pagine, il primo manoscritto arrivava a 1500, il lavoro di editing è stato lungo e complesso, ma mantiene il voluto impianto narrativo mastodontico, così ampio e dettagliato che ci si chiede se fosse davvero necessario. Markley mantiene la capacità, già dimostrata in Ohio, di seminare indizi e piccoli dettagli, per poi tirare le fila sorprendendo chi legge, una dote che in pochi hanno, e tra questi c’è sicuramente Stephen King, il maestro statunitense dell’orrore che di “Diluvio” ha detto grandi cose, e che Markley cita a sorpresa nel romanzo prima ancora di riceverne l’endorsement. La verità, però, è che dal punto di vista della struttura narrativa “Diluvio” ha troppo di tutto: troppa ambizione, troppi dettagli, troppi nomi, troppe pagine. Il risultato, allora, è una storia che riecheggia a lungo a fine lettura perché entra in risonanza con la realtà, ma che affonda nella memoria perché difficile da padroneggiare. Tuttavia la sensibilità della penna di Markley rimane, soprattutto nei personaggi maschili. Ottimo il folle Tony Pietrus, interessante lo schiavo della logica Ashir, ma colei che è, di fatto, il perno assoluto della narrazione, Kate Morris, l’attivista di cui tutti gli altri personaggi hanno un’idea, si perde nel suo voler diventare icona a tutti i costi. Markley la definisce un’eroina femminista, ma è solo una trasposizione di quello che un uomo immagina sia una figura del genere.
Il pregio principale di “Diluvio” è quello di essere un libro sul futuro degli Stati Uniti capace di specchiarsi nel presente, ma questo, evidentemente, è anche il suo peggiore difetto. Siamo ancora in un’epoca in cui gli Stati Uniti dettano l’agenda climatica, nella buona e nella cattiva sorte, o forse esiste futuro alternativo e indipendente dal sogno americano oramai infranto?
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link