Montepaschi fa Ops su Mediobanca

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Sembra quasi un grido all’unisono quello del vicepremier Matteo Salvini e della presidente del Consiglio Giorgia Meloni: “Abbiamo salvato Monte dei Paschi di Siena”.
La premier ha parlato nelle scorse ore di come l’operazione di Mps su Mediobanca rifletta il buon lavoro fatto dallo Stato per risanare la banca più antica d’Italia. Una vittoria, quindi, che sarebbe da attribuire all’operato del governo.
Anche il leader della Lega, Matteo Salvini, si è detto orgoglioso dell’offerta di scambio che vede coinvolto uno degli istituti bancari più antichi d’Europa e punta il dito contro il centrosinistra accusato di voler “spezzettare e regalare” Mps. Convintamente il ministro dei Trasporti ha dichiarato: “Sono orgoglioso di aver salvato Mps”.
Ma allora, Giancarlo Giorgetti, ministro del Mef, che ci sta a fare se il Monte dei Paschi di Siena è stato salvato da Salvini e Meloni? Il titolare del Mef si è limitato a dire che l’esecutivo ha dato fiducia al management di Mps.
Il governo non perde tempo nel rivendicare il ritorno nel mercato di Mps. L’offerta da parte dell’istituto senese alla banca fondata nel 2008 è un segno di buona salute dopo anni in cui si è temuto il peggio. Tra il 2012 e il 2015, si è temuto che la banca nata nel 1472 potesse fallire. Oggi invece sembra che da “preda” Mps sia diventata predatrice, tornando così protagonista sul panorama economico italiano.
È contenta Giorgia Meloni che rivendica l’offerta quasi come un successo del suo governo. La presidente del Consiglio, durante il punto stampa al porto di Gedda, prima si salire sul Vespucci, ha affermato: “L’operazione di Mps su Mediobanca, un’offerta pubblica di scambio dovrebbe rendere tutti quanti orgogliosi perché riflette il buon lavoro fatto per risanare la banca più antica d’Italia. Se dovesse andare in porto, ovviamente noi parleremo della nascita di quel terzo polo bancario del quale abbiamo a lungo parlato nel dibattito non solo politico italiano e sicuramente un polo che potrebbe avere un ruolo importante nella messa in sicurezza dei risparmi agli italiani”.
Anche il ministro dei Trasporti Matteo Salvini si è detto soddisfatto della trattativa di Mps per l’acquisto di Mediobanca. Il vicepremier Salvini ha parlato a margine di un evento a Roma spiegando che il Partito Democratico aveva reso Mps “moribonda”. Alla fine del suo intervento, il ministro dei Trasporti ha dichiarato: “Da una banca che il Pd aveva reso sostanzialmente moribonda a una banca che ora lancia le opa su altre banche… Sono orgoglioso di aver salvato Mps”
Non si sbilancia il ministro dell’Economia e delle Finanze Giancarlo Giorgetti che, qualche giorno fa, ha esposto al governo l’operazione di Monte dei Paschi di Siena che vede coinvolta anche Mediobanca Premier. Secondo il titolare del Mef, lo Stato non deve fare il banchiere ma è anche vero che in questi anni l’istituto bancario è stato risanato soprattutto grazie al pubblico.
Il merito del governo, stando a quanto dichiarato dal ministro, è quello di aver dato fiducia al management di Mps. Adesso non resta che attendere che il mercato risponda, spiega Giorgetti, e se non dovessero arrivare segnali? Il governo ne prenderà atto, afferma serenamente il titolare del Mef.
Dello stesso avviso anche il vicepremier e ministro degli Esteri Antonio Tajani il quale si auspica che la privatizzazione si concluda nei prossimi mesi. Non resta dunque che attendere.
In realtà, Luigi Lovaglio, quasi 70 anni, nato a Potenza, è il banchiere che è riuscito a fare a Siena quello che nessun manager bancario è arrivato mai a realizzare, complici le interferenze politiche, le indagini e i tribunali. Nel settembre del 2022 ha portato a termine l’aumento di capitale da 2,5 miliardi, sottoscritto per il 64% dallo Stato. Doveva trovare azionisti nuovi, investitori istituzionali e privati che credesse nel progetto di rilancio, che sembrava impossibile, di Mps. È riuscito a trovare investitori disponibili a credere che quel rilancio fosse possibile, affiancato dall’allora presidente Patrizia Grieco e da tutto il board, incluso Nicola Maione, all’epoca consigliere, oggi presidente del Monte. Quegli obiettivi li ha raggiunti tutti. Una volta stabilizzata la banca toscana, ne ha  estratto tutte le potenzialità inespresse. Così il Mps è decollato con una sana e prudente strategia di rilancio, grazie anche alla storica fedeltà dei suoi correntisti.
Lovaglio è un banchiere di successo con oltre 40 anni di esperienza, di cui gli ultimi 20 come manager ai vertici di istituti bancari in tre diversi Paesi, Bulgaria, Polonia e Italia. Molto apprezzato dagli investitori per gli eccellenti risultati conseguiti, a Lovaglio vengono riconosciute grandi doti di leadership e visione strategica, oltre alla determinazione nel raggiungimento degli obiettivi indicati al mercato. Manager di solidi principi, si dice di lui che dedica la massima attenzione alla pianificazione e al metodo di lavoro, ha grande lungimiranza, capacità di implementare le strategie e valorizzare i giovani talenti. Ora prova a proiettare il MPS nelle stanze buone della finanza milanese che ha avuto un grande ruolo nelle grandi partite finanziarie ed industriali del Paese suscitando spesso non poche critiche. Oggi Mediobanca ha completamente rivisto il suo modello di business sotto la guida del ceo Alberto Nagel. Un modello che, ora, secondo Lovaglio si sposa perfettamente con quello del Monte nel quadro di una complementarietà quasi perfetta. In questo progetto non si parla di sinergie e taglio di costi ma solo di crescita.
Luigi Lovaglio ricopre la carica di amministratore delegato di Banca Monte dei Paschi di Siena dal 7 febbraio 2022 (incarico rinnovato nell’aprile 2023). Dopo solo cinque mesi dal suo arrivo, alla fine di giugno del 2022 ha presentato il Piano industriale 2022-2026, orientato alla creazione di valore per tutti gli stakeholder della Banca, che si sviluppa su tre pilastri: un modello di business con redditività sostenibile (ottimizzando la struttura organizzativa e rafforzando il ruolo della Banca quale punto di riferimento per famiglie e imprese nei territori di appartenenza), un bilancio solido e resiliente e una gestione della legacy della Banca. Nell’autunno del 2022, nonostante un contesto di mercato molto complesso e sfidante, chiude l’aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, fondamentale per la realizzazione del Piano, e segna così l’inizio di un nuovo capitolo nella storia della banca più antica del mondo. Sotto la sua guida, Mps sta proseguendo nell’implementazione delle linee guida strategiche e già a partire dal primo trimestre dello scorso anno i risultati registrati hanno evidenziato un chiaro cambio di passo: Mps è tornata a fare la banca commerciale, con una struttura territoriale che ben presidia tutto il territorio nazionale e molto vicina ai clienti. Sta emergendo via via il valore della Banca, anche riconosciuto dal mercato e nelle quotazioni di Borsa. Mps sta dimostrando sempre di più la propria capacità di generare una profittabilità sostenibile con un miglioramento della performance operativa e con una forte solidità patrimoniale, grazie alla forte generazione organica di capitale. In precedenza, da marzo 2019 a giugno 2021, Luigi Lovaglio ha ricoperto la carica di ad del Credito Valtellinese, dopo l’incarico di Presidente assunto per alcuni mesi. Durante il suo mandato, la banca ha subito una profonda trasformazione migliorando significativamente l’efficienza e il profilo di rischio, raddoppiando il livello di redditività, tornando a distribuire dividendi e collocandosi tra le migliori banche per solidità patrimoniale. Creval ha quasi raddoppiato la sua capitalizzazione di mercato ed è stato oggetto di un’offerta pubblica di acquisto volontaria lanciata nel novembre 2020 da Credit Agricole Italia e completata nell’aprile 2021 per un valore di circa 1 miliardo di dollari, dopo diversi rialzi di prezzo da parte della banca francese.
Luigi Lovaglio è un veterano del sistema bancario dove la maggior parte degli anni li ha trascorsi in uno dei principali gruppi bancari internazionali, UniCredit, in cui entrò nel 1973. Durante i successivi 20 anni, ha ricoperto posizioni manageriali di crescente responsabilità. Nel 1997 ha assunto l’incarico di Responsabile del Dipartimento Pianificazione e Strategia del Credito Italiano, dove ha svolto un ruolo di primo piano nell’operazione di fusione tra Credito Italiano e Unicredito, da cui nel 1998 è nata l’attuale UniCredit. È stato uno degli attori principali dell’espansione nei mercati dell’Europa Centrale e dell’Est, ricoprendo dal 1999 il ruolo di Head of Foreign Banks Group Planning e lavorando alla fondazione della divisione “New Europe” di UniCredit, con l’acquisizione della polacca Pekao e poi di Bulbank in Bulgaria. Lavoro, attenta pianificazione, lungimiranza e capacità realizzativa gli hanno permesso di trasformare Bank Pekao in una delle banche leader dell’Europa Centrale e dell’Est, raggiungendo risultati eccellenti non solo in termini di utili per oltre 3 miliardi di euro, ma anche di capitalizzazione di Borsa, rendendola una delle banche più solide in Europa. Negli anni 2000-2003 Luigi Lovaglio ha ricoperto la carica di Vice Presidente del Consiglio di Gestione e Direttore Esecutivo di Bulbank, la più grande banca in Bulgaria. Nel settembre 2003 ha assunto la responsabilità di Direttore Generale e Vice Presidente di Bank Pekao. Nel 2011 è stato eletto CEO di Bank Pekao, posizione ricoperta fino a giugno 2017 quando UniCredit ha venduto la propria quota ad alcuni enti controllati dallo Stato polacco. Sotto la guida di Lovaglio, la banca polacca, con i suoi 15.000 dipendenti, è diventata l’azienda numero uno nel paese in termini di capitalizzazione di mercato (oltre 10 miliardi di euro) e ha conseguito significativi risultati, tra cui il più alto CET1 (~17%) nel Paese. Come risultato, Bank Pekao è stata riconosciuta dalle maggiori istituzioni finanziarie internazionali e dagli analisti come una delle banche leader nell’Europa Centrale e Orientale.
Un manager più anziano, l’altro più giovane, eppure su posizioni “ideologiche” paradossalmente opposte. Luigi Lovaglio, 70 anni, alla guida di Mps con la sua Ops sta cercando di scardinare quello che un tempo era il sancta sanctorum della finanza italiana. Alberto Nagel, 59 anni, è l’ultimo erede di una “dinastia” bancaria che ha fatto della conservazione degli equilibri di potere la propria ragione sociale. Se si guarda all’operato, tuttavia, le azioni intraprese seguono la linea delle carte d’identità. L’esperto Lovaglio è l’uomo del risanamento che ha riportato il Monte dei Paschi di Siena in carreggiata dopo anni di difficoltà. Dall’altra parte, Nagel ha trasformato Mediobanca, evolvendola da simbolo della finanza tradizionale a un gruppo diversificato che punta non solo sul corporate banking ma anche sul wealth management e sul credito al consumo (sebbene Generali resti sempre la gallina dalle uova d’oro). Ma chi sono davvero questi due leader? E cosa li distingue, oltre ai contesti in cui operano? Un viaggio tra le loro biografie ci aiuta a capirlo. Luigi Lovaglio è un banchiere dallo stile discreto, ma dall’impatto deciso. Come già evidenziato, la sua carriera inizia nel gruppo Unicredit, dove ha trascorso oltre trent’anni, scalando le gerarchie fino a diventare Ceo della ex controllata polacca Bank Pekao, trasformandola in uno degli istituti più redditizi in Europa centrale, grazie a un mix di rigore gestionale e capacità di valorizzare i talenti locali. Questo approccio pragmatico e focalizzato sui risultati è diventato il suo marchio di fabbrica. Lo stesso tipo di lavoro viene intrapreso dal 2019 al Creval di Sondrio che, sotto le sue cure, torna redditizio e viene successivamente acquisito dai francesi di Crédit Agricole.
Nel 2022 Lovaglio viene chiamato a una missione che sembrava impossibile: salvare Monte dei Paschi di Siena. La banca più antica del mondo era reduce da anni di scandali, perdite miliardarie e da un salvataggio pubblico, resosi inevitabile nel 2017 per non far saltare l’intero sistema-Paese. Lovaglio, tuttavia, non si lascia scoraggiare. Con un piano di rilancio ambizioso ma realistico, basato su tagli ai costi, riduzione dei crediti deteriorati e un aumento di capitale da 2,5 miliardi di euro, riesce a riportare stabilità e fiducia.
Nel corso della conference call con gli analisti, Lovaglio ha detto: “Il 16 dicembre 2022 (dopo l’aumento di capitale da 2,5 miliardi) incontrai il ministro dell’Economia (Giorgetti.) e presentati 3 opzioni: continuare da soli, fare un’operazione fra pari e un’operazione con Mediobanca. Ora è giunto il momento”.
Se Lovaglio è l’uomo delle crisi, Alberto Nagel è l’architetto della nuova-vecchia Mediobanca. Laureato in Economia alla Bocconi, entra in quella che allora si chiamava Via Filodrammatici nel 1991 e ne segue le dinamiche interne per decenni, fino a diventarne amministratore delegato nel 2008. La sua nomina coincide con un momento di grandi cambiamenti nel sistema finanziario globale, segnato dalla crisi del 2008 e dall’erosione dei modelli tradizionali di business bancario.
Nagel eredita una Mediobanca ancora legata al suo storico ruolo di merchant bank e salotto buono del capitalismo italiano, ma capisce che è necessario cambiare. Gli va ascritto il merito di aver intuito che la crescita nel corporate di Intesa Sanpaolo e di Unicredit (principale azionista dell’istituto fino al 2019 quando cedette il suo 8,4%, aprendo definitivamente il campo a Leonardo Del Vecchio) e la progressiva espansione nel medesimo settore dei grandi concorrenti esteri non consentivano più di camminare sull’unica gamba d’appoggio. Sotto la sua guida Mediobanca diversifica, ampliando il wealth management e il consumer banking e tagliando le partecipazioni industriali, lascito di Cuccia e di Maranghi. Il risultato è un gruppo più agile, in grado di competere in un mercato globale e in rapida evoluzione. In un’intervista recente Nagel ha dichiarato: “La nostra strategia mira a creare un gruppo finanziario moderno, in grado di rispondere alle esigenze di una clientela internazionale e diversificata. L’innovazione è il cuore del nostro lavoro”.
Se da un lato ci sono obiettive logiche di interessi finanziari e di competizione sui mercati internazionali, dall’altro lato e pur vero che al governo di centrodestra fa gola mettere le mani sulla cassaforte storica della finanza italiana (Mediobanca) attraverso il Monte dei Paschi di Siena che è controllato dallo Stato italiano.

 

Salvatore Rondello

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