M. Gialuz | L’indagine dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza sulla giustizia riparativa in ambito minorile | Sistema Penale

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1. Nei giorni scorsi è stata pubblicata la versione inglese dello studio La giustizia riparativa in ambito penale minorile. Indagine nazionale su effetti, programmi e servizi, curata dall’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia), in collaborazione con il Ministero della giustizia e l’Istituto degli Innocenti.

Si tratta di un lavoro di grande interesse che, grazie alla traduzione in inglese, potrà fornire un contributo importante a diffondere, anche a livello internazionale, la conoscenza tanto delle esperienze e dello stato dell’arte della restorative justice in Italia, quanto della disciplina organica di cui al d.lgs. n. 150/2022 (in allegato al documento si trova anche la traduzione del testo normativo).

Dal punto di vista metodologico, l’indagine – voluta dalla ex Presidente dell’Autorità Carla Garlatti e coordinata da un comitato scientifico composto da Adolfo Ceretti, Maria Pia Giuffrida e Giovanni Grandi – è basata su un approccio misto, costruito attraverso strumenti tipici della ricerca sia quantitativa – come i questionari –, sia qualitativa, come i focus group e le interviste semi-strutturate.

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Sul piano dei contenuti, lo studio è diviso in tre parti.

 

2. La prima è dedicata all’individuazione degli effetti dei programmi di giustizia riparativa per i suoi protagonisti (persone indicate come autori del reato, vittime e comunità), anche secondo lo sguardo di familiari e professionisti coinvolti. La conclusione è che «la giustizia riparativa è capace di promuovere circuiti virtuosi di ricostruzione della coesione sociale e processi di pacificazione, con rilevanti effetti in termini di prevenzione e generazione di un nuovo senso di sicurezza e fiducia» (p. 127). Ad asseverare questo assunto sono le straordinarie testimonianze delle persone coinvolte nei programmi di giustizia riparativa: minori autori di reato, vittime minorenni e maggiorenni, famiglie, membri della comunità e operatori.

Le loro voci dicono molto più di tanti saggi teorici. E, per questo, merita citarne alcune davvero illuminanti.

Così gli autori del reato. “Non sapevo neanche dell’esistenza di questo percorso, è tanta roba. Un conto è punire e basta, un altro è far capire a questa persona cosa ha sbagliato” (p. 34). “Questa giustizia è più giusta della giustizia. Serve punire una persona che sbaglia, ogni errore ha una conseguenza. La giustizia è giusta ma questa cosa ti aiuta anche psicologicamente, ti aiuta a capire realmente” (p. 34). “Già prima pensavo che la giustizia non funzionasse, tutt’ora lo penso. Non è che insegni qualcosa a qualcuno, anzi penso che spinga al pensiero criminale. Dovrebbe essere la mediazione la giustizia, non devi solo pagare per l’errore che hai fatto, devi capirlo l’errore che hai fatto. Io l’ho capito grazie al centro di mediazione, è una cosa che ti solleva il cuore, stai proprio bene con te stesso” (p. 34).

Per le vittime l’esperienza è liberatoria e, in certi casi, salvifica. “È una cosa nuova, un’esperienza che ti regala emozioni sudate. Mentre fai il percorso con gli altri ti regala una bella sudata e delle forti emozioni” (p. 48). “Ad altri ragazzi direi di farlo perché tra vittima e aggressore c’è un modo per vivere insieme nello stesso mondo. Devi riuscire a convivere nello stesso mondo con quella persona” (p. 51). “Forse se non avessimo conosciuto la mediatrice, mia figlia a quest’ora non era qui, io non ero qui a parlare di lei” (p. 58).

Per le famiglie la giustizia riparativa è una scoperta capace di restituire fiducia nelle istituzioni e speranza nel futuro. “Siamo tutti un po’ sfiduciati nei confronti della giustizia. Perché vediamo che si dà tanta importanza ad alcune cose mentre altre ben peggiori passano sottogamba. Poi, alla base, che giustizia è se devo subire tutto? Mio figlio era anche impaurito, aveva paura che qualsiasi cosa dicesse gli si ritorcesse contro. Per me giustizia è quando do anche la possibilità all’altra persona di dire il suo punto di vista, esistono tante sfumature e colori, non solo bianco e nero” (p. 72). “Credo che questo percorso di mediazione sia stato una magia. Il lavoro degli operatori è stato fantastico. Lo consiglierei a tutti perché mi ha fatto bene. Io non volevo fare la controdenuncia, volevo fare qualcos’altro come questo anche se non sapevo che esistesse” (p. 73).

Altrettanto illuminante il punto di vista della mediatrice: “Credo che il cambiamento sia dovuto alla fisicità dell’altro, al fatto che l’altro è presente e non solo presentificato. Quando il ragazzo ha di fronte a sé una persona che gli pone delle domande, a quelle domande è tenuto a rispondere” (p. 39).

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Risoluta la conclusione di un giudice minorile: “forse nei reati più gravi e delicati per la vittima la giustizia riparativa è una risposta più adeguata di altre forme di risposta” (p. 65).

 

3. La seconda parte dell’indagine si sofferma invece su una ricognizione dei programmi di giustizia riparativa in uso in Italia in ambito penale minorile. Da questa emerge chiaramente la prevalenza della mediazione penale rispetto ad altre tipologie di programmi utilizzati (p. 92). Circa l’80% dei rispondenti afferma che, sul lavoro complessivo svolto, le mediazioni penali sono “molto” e “abbastanza” diffuse; di contro il 34,3% e il 42,2% esprime la stessa opinione in merito rispettivamente al conferencing e al circle. Questa tendenza viene confermata anche dalle cifre assolute raccolte con riferimento al 2021. In tale anno, i casi di giustizia riparativa trattati dai centri ed enti che hanno partecipato all’indagine sono stati 1210 (numero comprensivo dei colloqui preliminari che non hanno avuto seguito con un programma e dei programmi portati a termine). In particolare, dei 782 programmi di giustizia riparativa conclusi (pari al 64,6% dei casi totali), le mediazioni sono state circa 600 (p. 92), seguite da circle (ovvero un incontro allargato, anche altrimenti denominato, condotto con una metodologia di parola ‘circolare’ tra i partecipanti) e conference o dialoghi riparativi (nelle forme del family group conference, ovvero un incontro allargato alla presenza anche di membri della famiglia delle parti, e della community conference, ovvero un incontro allargato al cospetto anche di membri della comunità, diversi dai soli familiari (es. insegnanti, esponenti del territorio, delle istituzioni).

Per quel che riguarda specificamente la mediazione, è interessante notare che risultano poco praticate le forme di mediazione penale aspecifica, in cui una delle parti non è quella coinvolta nel fatto storicamente accaduto, ma ha vissuto un’esperienza analoga, e la mediazione endo-carceraria, nel caso di conflitti tra persone detenute o anche tra detenuti e operatori penitenziari (p. 96-97).

Con riferimento ai programmi allargati, pure in raffronto con la mediazione penale, essi vengono presentati come molto incisivi, in quanto capaci non solo di produrre cambiamenti significativi ad autore e vittima di reato, ma idonei a restituire benessere alla cerchia sociale circostante e alla comunità tutta. Così una mediatrice: “per quello che ho potuto vedere il gruppo ha una potenza straordinaria. Quasi quasi farei solo gruppi, sono dirompenti. Il livello di soddisfazione, per quello che ho visto, è sempre altissimo. Arrivano dei ritorni che non ti aspetti da persone che non immaginavi. È sempre sorprendente” (p. 101-102).

Da segnalare, infine, la parte della ricerca dedicata all’analisi della fase in cui è più frequente l’innesto della giustizia riparativa. Dai dati del 2022 si desume che l’avvio del programma si è verificato prevalentemente nel corso della sospensione del procedimento per messa alla prova ex art. 28 d.P.R. 448/1988 e durante le indagini preliminari o in udienza preliminare, in forza dell’art. 9 d.P.R. 448/1988. In misura minore, invece, nella fase dell’esecuzione della pena negli istituti minorili o nell’ambito di misure di comunità (p. 94).

L’auspicio è che la piena affermazione del canone di accessibilità alla giustizia riparativa (art. 44 d.lgs. n. 150/2022) e la definizione dei presupposti per l’invio nell’art. 129-bis c.p.p. possano ulteriormente incrementare questa tendenza.

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4. La terza parte della ricerca contiene una preziosa mappatura di centri ed enti che erogano programmi di giustizia riparativa collegati con la giustizia minorile sul territorio nazionale.

I centri e gli enti che hanno risposto al questionario sono 36, tutti operanti almeno in uno dei 26 distretti di Corte d’appello in cui è suddiviso il territorio italiano. Dalle informazioni sull’organizzazione e sulla struttura dei centri emerge che oltre il 70% di questi appartiene a una cooperativa o a un soggetto del privato sociale: di essi, in taluni casi si tratta di centri di giustizia riparativa e di mediazione di natura stabile e connotati da una missione esclusiva in questo senso (25%); in altri, si tratta di realtà che erogano programmi di giustizia riparativa tramite specifici progetti (47,2%). Meno rappresentati i centri di giustizia riparativa e di mediazione istituiti da un ente pubblico (22%) (p. 116-117).

La mappatura appare di grande interesse soprattutto in un momento in cui è in fase di completamento la fase di «ricognizione dei servizi di giustizia riparativa in materia penale erogati (…) da soggetti pubblici o privati specializzati, convenzionati con il Ministero della giustizia ovvero che operano in virtù di protocolli di intesa con gli uffici giudiziari o altri soggetti pubblici» (art. 92, comma 1, d.lgs. n. 150/2022). L’istruttoria tecnica affidata al Dipartimento per la giustizia minorile e di comunità dovrebbe essere in fase di completamento e, pertanto, l’auspicio è che le Conferenze locali possano concludere la valutazione dei soggetti indicati e trasferire le informazioni agli enti locali per consentire l’apertura dei centri e l’effettivo avvio della parte culturalmente più innovativa della riforma Cartabia.

 

5. D’altro canto, come emerge ripetutamente dall’indagine, un nodo problematico centrale è rappresentato dalla mancanza di informazione e di una cultura diffusa della giustizia riparativa. Ciò che vale «per le istituzioni, si pensi alle forze dell’ordine, alla scuola, ma anche ai rappresentanti degli enti locali, che spesso non conoscono tale paradigma e a seconda dei casi possono costituire un ostacolo alla partecipazione delle persone, o loro stesse negare la propria partecipazione là dove sarebbe importante» (p. 109).

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La ricerca svolta dall’Autorità garante per l’infanzia è davvero preziosa per diradare molti luoghi comuni, per spiegare in modo efficace la forza trasformativa di questo paradigma e il significativo contributo che può dare per rendere la nostra giustizia più umana; e la nostra società più giusta.

In fondo, come ha scritto Agnese Moro, «la giustizia riparativa è una cosa molto piccola, all’apparenza, ma molto grande perché funziona»[1].

 

 

 

 

[1] A. Moro, Da mio Padre a Manlio Milani, perché è indispensabile la giustizia riparativa, in La Stampa, 9 maggio 2023, in https://ristretti.org/da-mio-padre-a-manlio-milani-perche-e-indispensabile-la-giustizia-riparativa

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