Vincenzo Vittorelli: il ruolo del privato decisivo nella sanità

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«Nella sanità il contributo del privato accreditato è ormai fondamentale. In un’ottica di necessaria sinergia con il pubblico». L’avvocato Vincenzo Vittorelli è il presidente di Fenaspat, acronimo che sta per Federazione Nazionale Sanità Privata Accreditata Territoriale, un’associazione aderente a ConfimpreseItalia, alla guida della quale c’è Guido D’Amico. Spiega Vittorelli: «Fenaspat è rappresentativa delle macroaree assistenziali della specialistica ambulatoriale e riabilitazione sociosanitaria e salute mentale. Insomma, copriamo vari settori». Lo abbiamo intervistato.

Allora presidente, nei giorni scorsi la Regione Lazio ha sottolineato come la decisione di reinternalizzare nel Cup una “montagna” di prestazioni sia stata una mossa vincente.
«Indubbiamente. Un’esperienza sicuramente positiva. I cittadini possono prenotare le prestazioni sanitarie presso le strutture private accreditate direttamente attraverso l’accesso al Cup regionale. Ciò ha determinato un processo virtuoso che ha permesso di migliorare i tempi di attesa sulle prestazioni urgenti e sugli interventi programmati. Questo ha consentito di ridurre almeno in parte il problema delle liste d’attesa. Un percorso, quello dell’abbattimento delle liste d’attesa, ancora lungo, che potrà essere reso più efficace alzando il budget ai privati accreditati. Senza non sarà possibile rispettare i tempi previsti per legge nell’erogazione delle prestazioni. In quest’ottica giudico positivamente quanto disposto dalla Regione Lazio con una determina del 2 gennaio scorso. Determina che prevede un budget aggiuntivo da assegnare alle strutture che hanno rispettato gli obblighi contrattuali in relazione all’integrazione con il sistema Cup regionale. Così come del resto aver previsto un fondo aggiuntivo da assegnare alle Aziende Sanitarie Locali per l’acquisto di prestazioni sanitarie di specialistica ambulatoriale».

Cosa pensa del nuovo Nomenclatore Tariffario?
«Il Nomenclatore Tariffario è lo strumento che consente di individuare le prestazioni sanitarie garantite ai cittadini e le tariffe di rimborso per le strutture erogatrici. Il nuovo Nomenclatore, entrato in vigore il 30 dicembre 2024, a nostro giudizio stabilisce tariffe non adeguate a garantire la sostenibilità economica delle strutture, perché introduce rimborsi spesso inferiori ai costi di produzione dei servizi previsti dai Lea (Livelli essenziali di assistenza). In alcuni casi l’abbattimento delle tariffe è del 70%, costringendo quindi le strutture sanitarie ad operare in perdita. Cosa del tutto impensabile. Mi pare anche evidente, senza nascondersi dietro un dito, che l’adozione di tariffe non congrue determinerà l’erosione precoce del budget. Oltre naturalmente a ritardi nell’erogazione delle prestazioni. Non soltanto, perché esiste il rischio concreto di chiusura di molte strutture, specialmente nelle aree più svantaggiate. Certe cose vanno dette chiaramente. Attendiamo la decisione del Tar del Lazio, che è stato investito della questione. Nei prossimi giorni dovrebbe esserci il pronunciamento. Ad ogni modo ci riconosciamo pienamente nel giudizio dell’Aisi (Associazione imprese sanitarie indipendenti), che ha detto: “la sanità privata gioca un ruolo fondamentale nel garantire l’accesso a servizi sanitari tempestivi e di qualità”. L’obiettivo rimane quello di garantire un sistema integrato e accessibile. Il nuovo Nomenclatore Tariffario rischia di penalizzare la capacità delle strutture accreditate di erogare servizi in modo efficace e tempestivo, con ripercussioni sui pazienti. Le strutture private accreditate supportano il sistema pubblico. Perché devono trovarsi davanti ad una difficoltà burocratica ed economica del genere?».

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Torniamo al ruolo del privato nella sanità.
«Intanto è necessario fare una distinzione. Tra il privato e il privato accreditato. Perché quest’ultimo, mi si passi l’espressione, è la parte privata di un servizio pubblico. Il tema che abbiamo affrontato prima, vale a dire la reinternalizzazione nel Cup, dimostra come le strutture pubbliche da sole non possono farcela. Ecco allora il supporto del privato accreditato».

C’è un altro aspetto, vale a dire la qualità del servizio.
«Guardi, sul tema della qualità del servizio anche il privato accreditato ha bisogno in questa fase di maggiori margini di operatività. E si avverte la necessità di risposte veloci sul versante delle risorse umane e delle tecnologie. Fra l’altro una struttura privata accreditata deve fornire prestazioni di livello in tempi stretti. Faccio un esempio pratico: a volte sentiamo, per quanto riguarda la sanità pubblica, che ci sono liste di attesa su determinati esami anche di due anni. È del tutto evidente che una struttura privata accreditata in due anni fallirebbe. Noi dobbiamo necessariamente porci in un’ottica di massimizzazione delle prestazioni che garantiamo».

Nella sanità mancano i medici. Un problema serio.
«Occorre intervenire in modo risolutivo aggredendo il problema con una riforma dell’accesso alla professione medica. Senza, il sistema non reggerà. Detto questo, per quanto concerne le strutture private, vanno avanti (benissimo) grazie all’apporto dei medici pensionati. Senza i quali, vi posso assicurare, sarebbe complicato».



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