Sunstein: «Il paradosso di TikTok, conosce tutto delle nostre fragilità. E molti giovani vorrebbero che non esistesse»

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di
Giuliana Ferraino 

Il professore di Harvard autore di «Nudge»: la tecnologia può aiutarci nelle scelte quotidiane pubbliche e private

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«Dal 2008 c’è stata un’esplosione di interesse nell’uso delle scienze comportamentali per affrontare problemi che includono salute, sicurezza, crescita, sviluppo economico e protezione ambientale», sostiene Cass R. Sunstein, 70 anni, docente ad Harvard University, fondatore e direttore del Programma di economia comportamentale e politiche pubbliche della Harvard Law School e autore di dozzine di libri di successo, incluso il bestseller scritto con Richard Thaler, «Nudge. La spinta gentile. La nuova strategia per migliorare le nostre decisioni su denaro salute felicità». A Roma per un’Honorary Lecture («Nudge, Past, Present, Future») all’Università Luiss, organizzata in collaborazione con la Herberth Simon Society, in questa intervista Sunstein spiega come un «nudge può semplificarci la vita», ma parla anche di TikTok e di immigrazione illegale.

Professore Sunstein, che cos’è esattamente un nudge?
«Un nudge è un intervento che mantiene la libertà di scelta, ma che indirizza le persone verso una direzione che migliora la loro vita, secondo il loro stesso giudizio. Pensate a un dispositivo GPS: ti dirà come andare da Roma a Firenze, ma se non ti piace il percorso suggerito, puoi prendere la tua strada. Sei sempre tu a decidere la destinazione».




















































Altri esempi di nudge nella vita quotidiana?
«Un nudge può essere un promemoria sul cellulare che ti avvisa di una bolletta in scadenza, avvertendoti che dovrai pagare una penale se non la paghi. O un’etichetta sul cibo che indica il contenuto nutrizionale o le calorie, o gli allergeni potenzialmente problematici. Anche l’architettura può essere un nudge: se entri in un negozio e i cibi sani sono in prima fila, quello è un nudge».

Come possono politiche pubbliche e organizzazioni private aiutare i cittadini a fare scelte migliori?
«Prendiamo la sicurezza stradale. Per ridurre gli incidenti, possiamo sviluppare auto più sicure e molte auto oggi hanno già dei nudge incorporati. Se iniziamo a fare qualcosa di pericoloso, l’auto emetterà un suono di avvertimento. Oppure se iniziamo ad andare molto veloce, potrebbe esserci un segnale che te lo indica. È l’uso della tecnologia per spingere le persone a guidare in modo più sicuro. Ci sono tantissimi aspetti».

Quali potrebbero essere altre applicazioni?
Si possono progettare strade con caratteristiche che riducono il rischio di incidenti, incluse le “strisce sonore” in alcuni punti. Ci sono anche tecnologie che mostrano cosa c’è dietro l’auto, con una piccola telecamera sul cruscotto così puoi vedere se stai per urtare qualcuno. Sono modi per progettare caratteristiche dell’ambiente che riducono il rischio che le persone si facciano male o muoiano sulle strade. Nel settore previdenziale, essere iscritti automaticamente a un piano pensionistico di un’azienda è un nudge. Se non lo si desidera, si può cambiare. Ma anche la trasparenza sulle emissioni di gas serra è un nudge per le imprese a ridurle».

Come si applica questo approccio in campo medico?
«Possiamo usare l’intelligenza artificiale, per esempio, per aiutare i medici a prendere decisioni più sagge su cancro e malattie cardiache. C’è anche un problema mondiale di persone che non prendono le medicine prescritte. Nel mio Paese, decine di migliaia di persone muoiono ogni anno per questo motivo. La tecnologia può essere usata per ricordare alle persone di prendere le medicine, con notifiche sul cellulare la mattina o la sera».

Lei ha scritto il libro «Infotopia: quante menti producono conoscenza».
Quali sono i rischi per l’informazione nell’era dell’intelligenza artificiale?

«Un rischio serio è quello della manipolazione. Gli algoritmi e l’AI hanno molte più informazioni di quanto sia mai stato possibile per qualsiasi entità nella storia dell’umanità, e parte di queste informazioni potrebbero riguardare te. Se un algoritmo ti conosce, conosce le tue preferenze, le tue debolezze, i tuoi punti di forza, i tuoi gusti, quello che non sai, potrebbe essere in grado di manipolarti per comprare beni o intraprendere azioni che non sono nel tuo interesse».

C’è anche un problema di sicurezza nazionale, secondo la Corte Suprema degli Stati Uniti, che ha bloccato TikTok. Come valuta lo stop alla sospensione da parte del presidente Trump?
«Preferisco non parlare dell’amministrazione Trump. Ma abbiamo dati che suggeriscono che molti giovani desiderano che TikTok non esistesse. È interessante: se TikTok esiste, lo useranno perché non vogliono essere esclusi, ma molti adolescenti apparentemente vorrebbero che non ci fosse. È come una festa del sabato sera: le persone ci andranno se c’è, ma sarebbero più felici se non ci fosse».

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Ha lavorato per l’amministrazione di Barack Obama e poi è stato un consulente per l’amministrazione di Joe Biden sull’immigrazione, un tema importante anche in Europa e in Italia. Come dovremmo affrontarlo?
«Il mio ruolo nell’amministrazione Obama era più ampio, supervisionavo la regolamentazione in vari settori: salute, sicurezza, ambiente, sicurezza nazionale e agricoltura. Con Biden, mi sono concentrato principalmente sulla semplificazione burocratica, come le procedure aeroportuali per i voli nazionali e internazionali. Il mio compito era assicurare che le regolamentazioni dei vari dipartimenti rispettassero la legge. Tuttavia ci sono due aspetti che ritengo fondamentali sull’immigrazione».

Quali?
«Primo, offrire vie legali per l’immigrazione può essere uno strumento efficace per scoraggiare quella illegale. Allo stesso tempo, servono regole rigide per impedire gli ingressi non autorizzati. Molti Paesi stanno seguendo questa strada: permettono l’ingresso a determinate categorie, magari con visti temporanei per lavoro, che possono favorire lo sviluppo economico. Per chi non è autorizzato, le autorità devono poter impedire l’ingresso e richiedere, rispettosamente, di lasciare il Paese».

Trump minaccia la deportazione di milioni di immigrati illegali. Che cosa prevede?
«Per il futuro, sarà importante capire cosa spinge le persone a entrare illegalmente e ridurre questi incentivi. Questo potrebbe includere collaborazioni con i Paesi d’origine e messaggi chiari sulle conseguenze dell’immigrazione illegale. Come diceva un vecchio giocatore di baseball, fare previsioni è difficile, soprattutto sul futuro. Ma vedo, sia negli Stati Uniti che in Europa, un impegno per ridurre gli ingressi illegali attraverso la prevenzione e regole chiare sull’impossibilità di restare per chi non è autorizzato. Tutto questo va fatto in modo umano e coerente con i nostri valori, ma va fatto».

Quale è la sua più grande paura in un mondo sempre più imprevedibile?
«Devo dire che in generale sono un ottimista. Sono d’accordo con uno dei fondatori della scienza comportamentale moderna, che diceva di essere ottimista perché è razionale esserlo. Perché se sei pessimista, soffri due volte. Detto questo, penso che sarebbe una buona cosa evitare la guerra. Mi preoccupano i conflitti, considerando che abbiamo già due guerre in corso. Vorrei che ce ne fossero di meno».

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