Il gip di Termini Imerese Gregorio Balsamo ha rinviato a giudizio con l’accusa di omicidio volontario Giovanni Barreca, Sabrina Fina e Massimo Carandente. Devono rispondere della strage di Altavilla Milicia in cui furono torturati e uccisi Antonella Salamone, moglie di Barreca e due dei tre figli nello specifico Emanuel e Kevin, mentre la terza figlia, la maggiore, è imputata come complice in un altro processo in corso davanti al tribunale dei minorenni.
I familiari della donna Antonella Salamone si sono costituiti parte civile.
Difesa Barreca punta sull’infermità mentale
Sul rinvio a giudizio di Giovanni Barreca, marito della donna uccisa e data alle fiamme, e padre dei due ragazzi morti nella villetta, c’è un ricorso in cassazione presentato dall’avvocato Giancarlo Barracato che lo difende.
“Credo che il rinvio a giudizio sia destituito di fondamento alla luce della perizia di un gip di Termini – dice l’avvocato – attendiamo l’esito del ricorso e credo che la posizione di Barreca possa essere stralciata”.
“Ha sempre ammesso di essere presente, ma di non avere partecipato ai fatti contestati – dice Giancarlo Barracato avvocato di Giovanni Barreca – era imbambolato incapace di agire”. Il Gup del tribunale di Termini Imerese (Palermo) ha revocato il trasferimento di Giovanni Barreca in una Rems (residenza esecuzione misure sicurezza), disponendo il ritorno in carcere del principale imputato della strage di Altavilla Milicia (Palermo).
La difesa di Sabrina Fina e di Barreca
“Ribadisce la sua estraneità e si affida alle dichiarazioni spontanee” Sabrina Fina. “Forse chiederemo l’interrogatorio di garanzia affinché venga fuori la verità su quanto successo nella villetta” ha detto l’avvocato della donna Franco Critelli.
Le parti civili
I genitori e i fratelli di Antonella Salamone non credono nell’infermità mentale di Giovanni Barreca. “Noi chiediamo giustizia per i nostri nipoti e nostra figlia e non ci fermeremo”, dicono. In aula hanno incrociato gli sguardi di Sabrina Fina e Giovanni Barreca ma non c’era Massimo Carandente.
Respinta, invece, la costituzione di parte civile del Comune di Altavilla Milicia
La ricostruzione della pubblica accusa
La ricostruzione della Pubblica accusa in base alla quale è stato chiesto il rinvio a giudizio, però, descrive un quadro di orrori senza fine.
La donna, secondo questa tesi, è stata uccisa e il suo corpo bruciato e seppellito in giardino. Il figlio più grande è stato seviziato ed è morto per asfissia da incaprettamento mentre a uccidere il più piccolo sarebbe stata l’aria bollente di un phon premuto in gola che gli ha bruciato i polmoni.
Nella ricostruzione vengono separati e definiti anche i ruoli dei tre. In questa ricostruzione Massimo Carandente e Sabrina Fina, la coppia di predicatori palermitani, vengono considerati i registi del massacro d’inizio febbraio 2024. Per tutti l’accusa è di triplice omicidio e della soppressione di cadavere , analoga all’accusa mossa dalla procura dei minori alla figlia primogenita di Barreca, minorenne al momento del fatto e processata a parte. Per la ragazza il gup del tribunale per i minorenni Nicola Aiello deciderà a breve se è da considerare capace di intendere e volere al momento della strage.
L’infermità mentale di Barreca
Angelo Barreca, nel frattempo, è già stato considerato infermo di mente. Si attende solo di capire se, come sostengono il gip e la difesa, “lo è completamente” oppure solo parzialmente come ritiene la procura.
La morte dei ragazzini
Ancora più cruenta la ricostruzione dell’uccisione dei due ragazzi. Il primo a morire sarebbe stato il piccolo Emmanuel. Per la procura i quattro indagati lo hanno ammazzato “legandolo al letto con delle corde, colpendolo più volte con attrezzi da camino incandescenti – si legge nell’avviso conclusione indagini – iniettandogli caffè amaro bollente in gola per farlo vomitare e infine inserendo un asciugacapelli rovente in bocca acceso”. Per l’anatomopatologo che ha eseguito l’autopsia “la morte è avvenuta per insufficienza respiratoria acuta per trauma da inalazione termica”.
L’ultimo a morire sarebbe stato Kevin, che secondo i magistrati avrebbe partecipato agli omicidi del fratello e della madre. Non immaginava che anche lui sarebbe diventato vittima della furia omicida. Il 16enne ha provato a ribellarsi tanto che il padre, la sorella e la coppia di amici hanno dovuto immobilizzarlo “legandolo con delle catene e con dei cavi elettrici al collo e alle caviglie, posizionandolo in modo tale, incaprettandolo, da impedirne la respirazione – sottolinea la procura nell’atto d’accusa – Tanto che la causa della morte avveniva per asfissia meccanica violenta da strangolamento atipico mediante incaprettamento”.
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