Cacciatore prova a riavere il porto d’armi revocato dalla Polizia di Ischia dopo una lite in famiglia, il TAR da ragione alle forze dell’ordine: il titolo doveva essere revocato. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quinta)ha pronunciato la presente sentenza sul ricorso numero di registro generale 5032 del 2021, proposto dagli avvocati Giancarlo Di Meglio, Maria Petrone, contro Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli,per l’annullamento del provvedimento a firma del Vice – questore del Commissariato di Polizia di Stato di Ischia del 16 luglio 2021, Ciro Re con il quale è stata disposta la revoca del libretto e licenza di porto di fucile uso caccia rilasciato ad un cittadino ischitano il 14 settembre 2020 e costretto a ricorre al TAR. Questi aveva chiesto anche l’annullamento di tutti gli altri atti preordinati, connessi e consequenziali, comunque lesivi della posizione giuridica del ricorrente.Relatore nell’udienza pubblica del giorno 17 dicembre 2024 il dott. Fabio Maffei che uditi i difensori e letti gli atti ha comunque respinto il ricorso. Il porto d’armi resta revocato.
Il cacciatore a cui è stato revocato il titolo aveva impugnato il provvedimento questorile di revoca del porto d’armi uso caccia, adottato dalla amministrazione in ragione del coinvolgimento del ricorrente in una vicenda ritenuta pregiudicante la sua affidabilità nell’uso delle armi, esitata nella denuncia-querela presentata nei suoi confronti da un altro soggetto per le minacce rivoltele in occasione di una lite insorta tra i componenti del nucleo familiare, tutti residenti in proprietà limitrofe. In considerazione della gravità della condotta tenuta dal ricorrente nell’ambito di una protratta situazione conflittuale, peraltro sfociata in innumerevoli litigi, l’amministrazione aveva ritenuto, anche per finalità prettamente cautelari, di adottare l’impugnato provvedimento di revoca. Da tali accadimenti, infatti, l’amministrazione aveva inferito che l’eventuale disponibilità di armi da parte del ricorrente non risultasse più opportuna, non offrendo lo stesso sufficienti garanzie circa il corretto uso delle stesse. Per resistere al ricorso si è costituito il Ministero dell’Interno, controdeducendo alle doglianze avversarie. Cosi il tribunale napoletano ha respinta la domanda cautelare con ordinanza collegiale n. 2136/2021, all’esito dell’udienza pubblica del 17 dicembre 2024, il Collegio ha riservato la decisione, stabilendo poi cheil ricorso è infondato e, come tale, deve essere rigettato.
Tra le altre cose il tribunale ha poi evidenziato in proposito, come sia ormai“granitico l’orientamento secondo cui l’autorizzazione alla detenzione e al porto d’armi postula che il beneficiario osservi una condotta di vita improntata alla piena osservanza delle norme penali e di quelle poste a tutela dell’ordine pubblico, nonché delle regole di civile convivenza. Il diniego di licenza o la revoca della licenza di porto d’armi, al pari del divieto di detenzione, non richiedono un oggettivo ed accertato abuso nell’uso delle armi, essendo sufficiente che, secondo una valutazione non inattendibile, il soggetto non dia affidamento di non abusarne”. In particolare, l’Amministrazione mantiene il potere di valutare il fatto ritenuto ostativo nella sua obiettiva dimensione storica, indipendentemente dall’esito del giudizio penale eventualmente instaurato in seguito allo stesso.
In tema di licenza di porto d’armi ad uso caccia, in particolare, la recente giurisprudenza del Consiglio di Stato ha ribadito come la stessa possa “essere negata o revocata anche in assenza di pregiudizi e controindicazioni connessi al corretto uso delle armi, potendo l’Autorità amministrativa valorizzare, nella loro oggettività, sia fatti di reato, sia vicende e situazioni personali che non assumono rilevanza penale (e non attinenti alla materia delle armi), da cui si possa, comunque, desumere la non completa affidabilità del soggetto interessato all’uso delle stesse”. Più in generale, nessuno può vantare l’incondizionata pretesa ad essere abilitato a tale uso, potendo solo l’Amministrazione concedere, in via eccezionale e derogatoria, specifiche autorizzazioni, strettamente personali, per limitati e ben disciplinati impieghi delle armi. “Ne discende che il sindacato del G.A. deve arrestarsi innanzi alla verifica che le complessive valutazioni discrezionali operate dalla p.a. non siano ictuoculi illogiche, irragionevoli ovvero viziate da travisamento dei fatti e carenza dei presupposti” cosi spiega il tribunale napoletano richiamando precedenti sentenze del T.A.R. Calabria, Reggio Calabria, Abruzzo, L’Aquila ed il Consiglio di Stato. “Alla luce delle coordinate giurisprudenziali sopra richiamate- evidenziano i magistrati- si deve ritenere che il ricorso è infondato, poiché il provvedimento impugnato risulta essere sufficientemente motivato laddove fa riferimento all’esistenza di una situazione di reale conflittualità in atto nella sfera familiare del ricorrente nonché nei rapporti di vicinato”.
Ancora aggiungono i giudici che “l’Autorità di Pubblica Sicurezza, dovendo perseguire la finalità di prevenire la commissione di reati e/o di fatti lesivi dell’ordine pubblico, ha un’ampia discrezionalità nel valutare l’affidabilità della persona di fare buon uso delle armi, per cui “i provvedimenti concessivi dell’autorizzazione alla detenzione e del porto di armi postulano che il beneficiario di essa sia indenne da mende, osservi una condotta di vita improntata a puntuale osservanza delle norme penali e di tutela dell’ordine pubblico, nonché delle comuni regole di buona convivenza civile, sì che non possano emergere sintomi e sospetti di utilizzo improprio dell’arma in pregiudizio ai tranquilli e ordinati rapporti con gli altri consociati”. Il Collegio, inoltre, ricorda che l’esistenza di una situazione di reale conflittualità in atto nella sfera di vicinato del ricorrente, sulla quale sostanzialmente si fonda il provvedimento di diniego, sia da sola sufficiente a giustificare l’adozione del provvedimento impugnato di revoca del porto d’armi. Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, Napoli (Sezione Quinta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge; condanna il ricorrente al pagamento, in favore della resistente amministrazione, delle spese di giudizio che liquida in € 2.000,00, oltre accessori.
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