Le banche europee sono sempre più vulnerabili ai rischi climatici e rischiano di vedere triplicare le perdite sui crediti nei prossimi decenni. Gli impatti del cambiamento climatico sulle esposizioni creditizie, sia fisici sia legati alla transizione verso un’economia a basse emissioni, potrebbero infatti ridurre drasticamente i margini di redditività. È quanto emerge dal report di Scope Rating, Stress-testing European banks: significant climate-related credit losses likely, che discute l’impatto dei rischi climatici sui portafogli di credito delle banche europee e analizza come tali rischi possono infiltrarsi nel sistema finanziario.
L’analisi ha coinvolto 73 banche nell’Area Economica Europea e utilizzato gli scenari climatici delineati dalla Network of Central Banks and Supervisors for Greening the Financial System (NGFS), l’alleanza dalla quale la FED ha annunciato l’uscita proprio pochi giorni fa. I risultati mostrano che le banche europee, specialmente quelle con asset superiori a 500 miliardi di euro, potrebbero vedere i loro rendimenti sui portafogli di credito azzerati nel lungo termine. Le perdite di credito potrebbero triplicare in scenari di transizione disordinata e di “hot-house” del NGFS.
È ormai noto che gli impatti economici e sociali del cambiamento climatico sono in crescita e determineranno un rallentamento significativo della crescita economica globale. Stando ai dati proprio della rete NGFS, per esempio, entro il 2050, la crisi climatica potrebbe causare una perdita del 15% del prodotto interno lordo (Pil) globale. Per le banche europee, ciò comporterà un aumento del rischio di credito nei portafogli di prestiti retail, corporate e sovrani, dovuto sia ai rischi fisici sia ai rischi di transizione. In particolare, i rischi fisici comprendono gli effetti cronici (come per esempio l’aumento delle temperature e l’innalzamento del livello del mare) e i rischi acuti (quali per esempio inondazioni e incendi boschivi). Mentre i rischi di transizione derivano dai cambiamenti nelle politiche verso un’economia a basse emissioni di carbonio.
L’analisi di Scope Ratings rileva che gli shock economici derivanti dal cambiamento climatico potrebbero spingere i ritorni sui portafogli in territorio negativo per 21 banche nello scenario disordinato e per 19 banche nello scenario hot-house. Mentre le banche più vulnerabili, situate nel Sud e nell’Est Europa, potrebbero affrontare perdite annuali aggiuntive superiori a 250 punti base, principalmente a causa di una maggiore esposizione ai rischi fisici previsti. Sebbene le banche possano gestire i rischi sui loro bilanci e margini, la grandezza delle perdite potenziali significa che dovranno sviluppare piani di transizione robusti per adattarsi alle circostanze in evoluzione e mitigare i rischi associati ai cambiamenti climatici.
Le perdite di credito variano infatti anche a seconda della regione, con le banche del Sud Europa che potrebbero affrontare le perdite maggiori. Le banche più piccole sono particolarmente vulnerabili a causa della minore diversificazione dei loro modelli di business. Pertanto, il documento sottolinea l’importanza degli sforzi normativi in corso per aumentare la consapevolezza delle banche sui rischi legati al clima, compresa la mappatura e la misurazione di tali rischi, e indica la necessità di una maggiore gestione dei rischi climatici. La concentrazione geografica delle perdite necessita di un ulteriore monitoraggio per prevenire la formazione di potenziali sacche di rischio sistemico.
Contesto e scenari
Il cambiamento climatico presenta sfide strutturali importanti per le economie, riducendone la crescita. Le condizioni sfavorevoli avranno degli effetti sulle istituzioni finanziarie, con l’introduzione di nuovi tipi di problematiche che comportano implicazioni di vasta portata per i portafogli creditizi.
Stando all’analisi, sebbene le istituzioni e i governi stiano iniziando a valutare gli impatti macroeconomici dei rischi climatici, la trasmissione di questi nel sistema finanziario non è ancora ben compresa. A tal fine, Scope Rating ha studiato come gli shock economici possano tradursi in uno “shock creditizio” sui portafogli di prestiti al dettaglio, governativi e alle imprese per un campione di 73 banche europee.
Gli scenari che sono stati individuati come potenzialmente raggiungibili, sulla base delle condizioni attuali del cambiamento climatico e della presa di consapevolezza da parte delle istituzioni, sono tre:
• Scenario ordinato in cui vi è l’introduzione delle politiche climatiche, che prevengono il costo della transizione climatica e l’ipotetico rischio, limitando le conseguenze negative negli anni successivi;
• Scenario disordinato in cui le politiche climatiche vengono ritardate nella loro introduzione, con la conseguenza di avvicinamento al rischio di transizione a lungo termine, a causa di ritardi o divergenze tra paesi e settori. Il rischio fisico risulta maggiore;
• Scenario “hot house” in cui non viene introdotta nessuna nuova politica climatica oltre a quelle già esistenti. Non ha rischi di transizione, ma comporta un grave rischio fisico negli anni successivi.
Perdite creditizie destinate ad aumentare, in modo costante
Dai modelli Scope Rating emerge che la distribuzione delle perdite creditizie nel breve periodo ha un impatto relativamente lieve, con la maggior parte delle banche che subisce perdite inferiori ai 50 punti base, indipendentemente dallo scenario. A orizzonti temporali più lunghi, le perdite medie aumentano. Gli impatti diventano anche più eterogenei e presentano una lunga coda, in particolare nello scenario “hot house”.
Il credito al consumo non garantito e le piccole e medie imprese (PMI) rischiano le perdite aggiuntive più elevate, seguite da credito al consumo qualificato e crediti rotativi alle imprese. I prestiti garantiti e i prestiti ai governi presentano perdite creditizie aggiuntive relativamente contenute.
Le perdite creditizie potrebbero triplicare entro il 2050
Nella valutazione dell’impatto potenziale del rischio climatico sulle grandi banche europee, gli analisti di Scope Ratings hanno profilato le istituzioni in base alla distribuzione geografica e ai segmenti delle esposizioni creditizie delle banche con attivi totali superiori ai 500 miliardi di euro, facenti parte dell’esercizio di trasparenza della Autorità Bancaria Europea (EBA). La maggior parte delle esposizioni è concentrata in Europa per il 72%, mentre l’America del Nord rappresenta una proporzione non trascurabile delle esposizioni, coprendo il 12%.
Nello scenario ordinato, l’analisi stima un aumento di 51 punti base di perdite creditizie annuali nel lungo periodo. Mentre in quelli disordinato e hot-house, le perdite creditizie potrebbero quasi triplicare, con un aumento rispettivamente di 63 e 58 punti base di perdite ogni anno nel periodo 2045-2050, annullando quasi completamente la redditività della banca.
Cause delle perdite: rischi fisici superano i rischi di transizione nel medio-lungo periodo
Nel breve periodo, lo scenario ordinato porta alle perdite aggiuntive più elevate a causa del rischio di transizione, ma diminuiscono man mano che lo “shock” derivante dalla transizione svanisce e i rischi fisici rimangono contenuti. Nel lungo periodo, il rischio di transizione diventa leggermente negativo, riducendo le perdite creditizie aggiuntive.
Ciò accade poiché la transizione verso un’economia a emissioni zero non ha solo effetti riduttivi sul PIL, come la tassazione del carbonio, ma anche effetti che possono stimolare la crescita aggiuntiva, come per esempio un aumento degli investimenti. Il rischio di transizione può influenzare anche i portafogli creditizi delle banche attraverso altri canali, come l’aumento degli asset bloccati.
Lo scenario hot-house presuppone che non vengano introdotte ulteriori politiche climatiche oltre a quelle già esistenti, quindi non comporta rischio di transizione. Sotto questo scenario le perdite per rischio fisico nel medio periodo sono inferiori rispetto agli altri scenari, a causa delle interazioni climatiche previste e della loro relazione con la crescita economica. Ma la modellizzazione degli impatti fisici sul PIL del NGFS non considera direttamente l’impatto degli eventi meteorologici estremi; quindi, poichè l’intensità e la frequenza degli eventi meteorologici estremi dovrebbero aumentare maggiormente nello scenario hot-house, potrebbe esserci una sottovalutazione del rischio fisico in questo scenario rispetto agli altri scenari.
Dunque sotto lo scenario hot-house, il rischio fisico diventa maggiore rispetto agli altri scenari nel lungo periodo. Nel mezzo, lo scenario di transizione disordinata presuppone un’azione climatica ritardata, risultando in perdite complessive più elevate nel medio e lungo periodo.
Le banche dell’Europa meridionale sono le più esposte ai rischi climatici
I risultati variano tra le regioni, poiché il cambiamento climatico e i rischi fisici acuti influenzano i modelli meteorologici diversamente a seconda della localizzazione. Per cogliere meglio la dimensione geografica dei rischi coinvolti, sono state analizzate le banche in base alla posizione della loro Autorità Nazionale di Supervisione (NSA), raggruppandole in quattro regioni più ampie.
La perdita mediana è più alta per le banche dell’Europa meridionale, seguite dalle banche dell’Europa orientale. A lungo termine, le perdite annuali medie aggiuntive vanno fino a 6 punti base per le banche dell’Europa settentrionale, 27 punti base per quelle dell’Europa occidentale, 24 punti base per quelle dell’Europa orientale e 94 punti base per quelle dell’Europa meridionale. Le perdite maggiori superano i 250 punti base.
“Per apprezzare i risultati” si legge nel report, “è importante comprendere la non linearità di varie forme di rischio fisico. I paesi più caldi del sud e sud-est dell’Europa sono maggiormente esposti agli effetti dei cambiamenti climatici, il che comporta una maggiore riduzione del PIL e quindi perdite creditizie più elevate. Le banche dell’Europa meridionale e orientale mostrano anche la maggiore dispersione, con alcune banche moderatamente colpite e altre che affrontano rischi creditizi aggiuntivi significativi.”
Le grandi variazioni nell’Europa meridionale, inoltre, sono il risultato delle differenze geografiche, che possono essere significative, poiché le banche spesso operano oltre il loro mercato domestico e i loro portafogli di prestiti possono comprendere segmenti diversi.
La suddivisione delle perdite creditizie aggiuntive (ACL) per fonti di rischio nelle diverse aree geografiche conferma questi risultati. Mentre il rischio di transizione non mostra un bias significativo rispetto alla posizione geografica, le manifestazioni acute del rischio fisico sono significativamente più elevate per le banche dell’Europa meridionale e orientale.
Anche la dimensione della banca è un fattore chiave. Le banche più piccole, con attivi totali inferiori a 100 miliardi di euro, presentano le perdite creditizie medie aggiuntive più elevate, nonché la maggiore dispersione dei risultati. La distribuzione dipende dall’orizzonte temporale e dallo scenario. Nel breve periodo, si prevede che la maggior parte delle banche abbia perdite annuali aggiuntive tra 0 e 50 punti base in tutti gli scenari.
Nello scenario ordinato, questo intervallo rimane relativamente stabile nel tempo quando si escludono i valori anomali. Tuttavia, negli scenari disordinato e hot-house, l’intervallo aumenta considerevolmente, soprattutto per le banche più piccole. Tale aumento della dispersione riflette il fatto che le banche più piccole hanno modelli di business meno diversificati, e alcune si concentrano sui segmenti di prodotto più sensibili al clima, come PMI e imprese, o su geografie con rischi climatici più elevati, come l’Europa meridionale.
Le perdite creditizie aggiuntive influenzeranno significativamente la redditività nel lungo periodo
Per quanto riguarda la redditività delle banche nel breve, medio e lungo periodo, l’analisi ha studiato il cROA pre-imposte a lungo termine prima di includere le perdite climatiche e con le perdite climatiche. “Osservando i grafici, la distanza dalla linea è importante, poiché le banche sotto la linea hanno attualmente un cROA pre-imposte maggiore rispetto alle perdite climatiche modellate. Maggiore è la distanza, maggiore è il buffer. Le banche sopra la linea potrebbero subire perdite creditizie aggiuntive superiori al cROA pre-imposte.” si legge nel documento.
“Osserviamo che, sia nello scenario ordinato che in quello disordinato, solo un numero limitato di banche subirebbe perdite superiori al cROA pre-imposte attuale. Queste banche sono per lo più di piccole e medie dimensioni.”, continua, “Nello scenario hot-house, anche alcune banche più grandi potrebbero subire perdite superiori al cROA pre-imposte attuale. Tuttavia, anche nello scenario hot-house, la maggior parte delle banche che registrano una carenza sono di piccole e medie dimensioni, evidenziando i benefici della diversificazione nelle banche di dimensioni maggiori”.
La gestione della transizione e la mitigazione diventeranno essenziali
L’analisi presenta alcune conclusioni. Prendendo in considerazione come esempio un portafoglio costante tutto il periodo, sebbene sia un’assunzione plausibile per gli stress a breve termine, è troppo rigorosa nel medio e lungo periodo, poiché durante questi orizzonti temporali i portafogli presentano un certo grado di dinamismo in termini di segmenti di clientela serviti dalle banche.
È ingenuo dedurre che tutte le banche possano semplicemente uscire dai segmenti più rischiosi senza conseguenze. Un ritiro improvviso potrebbe trasformarsi in una grave stretta creditizia per i debitori interessati e precipitare in una crisi della qualità degli attivi. La mitigazione e la gestione della transizione, così come piani credibili di gestione del rischio legato ai cambiamenti climatici, “non sono desiderabili per un futuro lontano, ma devono essere messi al primo posto da subito“.
Altra ipotesi chiave è che la redditività pre-accantonamento sia una base ragionevole per i prossimi 25 anni, che implica che i consigli di amministrazione delle banche debbano osservare le conseguenze delle perdite crescenti legate al clima, che erodono progressivamente la redditività. Un impatto atteso sul cROA a causa delle perdite creditizie più elevate può essere parzialmente mitigato, attraverso una gestione attiva del portafoglio o modificando la politica dei prezzi. Questo richiede che gli standard di prestito o le decisioni di prezzo siano integrati con l’analisi del rischio legato ai cambiamenti climatici, con l’impegno da parte delle banche di impegnarsi attivamente con i clienti per ridurre il loro rischio di credito e coinvolgendoli sui rischi fisici.
Infine, i rischi fisici e di transizione possono influenzare il rischio di credito di una banca attraverso canali diversi dalle sole perdite del PIL. Includere gli effetti potrebbe portare a perdite ancora maggiori e evidenziare l’urgenza della gestione del rischio legato ai cambiamenti climatici.
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