Sabato 25 gennaio si è svolta a Bologna presso il Centro Costa in via Azzo Gardino l’assemblea regionale dei movimenti ambientalisti promossa da differenti soggetti tra cui la Rete per l’Emergenza Climatica e Ambientale (RECA), Lega Ambiente Emilia Romagna ed Il Comitato Basta di Bologna.
L’Assemblea, divisa in un momento plenario di confronto la mattina e di 6 tavoli di lavoro nel pomeriggio, con relativa restituzione del loro operato, ha visto la partecipazione di più di 90 di attivisti e attiviste la mattina ed una sessantina nei tavoli di lavoro pomeridiani, provenienti da tutta la regione.
Il documento di indizione prendeva le mosse dalla riuscita manifestazione unitaria del 26 ottobre a Bologna con l’adesione di più di 60 realtà differenti – in piena campagna elettorale per le regionali – e dalla necessità di rimettere al centro del dibattito e dell’agenda politica alcuni temi rilevanti e far emergere le varie battaglie ecologiste che dall’Appennino emiliano al mare adriatico impegnano comitati, reti, associazioni ed in generale movimenti ecologisti.
Questo momento di confronto partiva da tre necessità particolari che chiamavano ad un confronto: la connessione delle varie esperienze delle lotte ambientali in regione facendone una mappatura attraverso l’esperienza di chi le anima e favorendone la coscienza reciproca, le vertenze da individuare come “emblematiche” come terreno di unificazione delle varie esperienze e su cui articolare un’agenda politica conseguente, l’elaborazione di un orizzonte comune e di proposte alternative rispetto a quelle formulate dalle attuali amministrazioni https://www.recaemiliaromagna.it/25-gennaio-assemblea-ambientalisti-er/.
Si può dire che l’incontro abbia fatto fare un buon passo in avanti in direzione delle necessità che erano state poste esplicitamente come premesse.
Al dibattito sono intervenuti insieme ad una miriade di comitati, tra l’altro l’USB con un intervento di Federico Serra, ex-candidato presidente alle elezioni regionali per la lista Emilia Romagna per la pace, l’ambiente ed il lavoro, Riccardo Rinaldi per Potere al Popolo, e una compagna di Ecoresistenze per Cambiare Rotta.
Come ha ricordato Corrado Oddi di RECA nel suo intervento introduttivo seguito a quello di Davide Ferraresi di Lega Ambiente Emilia Romagna: “attraverso lo spettro delle tematiche ambientali abbiamo una visione del mondo generale” che mette in discussione un modello di sviluppo.
Come ricorda Oddi, Le amministrazioni, assunte a ruolo di controparti, hanno dimostrato di mettere “davanti il profitto di fronte alle tematiche climatiche”.
Una visione generale, organica, che comprende e mette in connessione le tematiche ambientali con quelle della guerra e della repressione, come è stato più volte ribadito anche dagli altri interventi.
In questa visione organica, la questione democratica è al centro anche della questione ecologica, come ha ribadito anche Rinaldi di Pap, in sintesi: chi decide e su cosa, e con quale legittimità.
Serra di USB ha messo in evidenza alcune battaglie che devono diventare comuni perché interconnettono profondamente il mondo del lavoro e quello delle lotte ecologiste in termini generali e per ciò che concerne alcuni nodi particolari come l’espansione della logistica in regione o come la speculazione edilizia legata in particolare modo alla turistificazione produce una drammatica emergenza casa.
In particolare viene messa al centro la necessaria critica al “Patto per il Lavoro e il Clima” – che sembra riproporsi anche con la nuova giunta regionale – come nefasta matrice delle politiche che hanno impattano l’ambiente ed il mondo del lavoro.
La compagna di Ecoresistenze ha messo in luce, insieme ad altri, la questione del nucleare che sta riaffacciandosi con forza, un nodo questa giovane esperienza ecologista aveva ribadito da tempo l’importanza e la necessità di contrastarla.
La discussione ha messo subito al centro due momenti importanti per l’iniziativa politica a venire : uno da mettere a calendario a marzo sotto il palazzo della regione per chiedere una “svolta profonda” rispetto alle politiche fin qui attuate ed un’altra a Ravenna, il 12 aprile, avente carattere di mobilitazione nazionale contro il ri-gassificatore.
Riproponiamo qui l’intervento di Teresa la Torretta che ha aperto i lavori la mattina. Teresa Torretta è una storica attivista dell’USB, figura di spicco del Comitato Basta ed ex-candidata alle elezioni regionali per la lista Emilia Romagna per la Pace l’Ambiente ed il Lavoro.
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Come già detto nella manifestazione del 26 ottobre scorso, non ci nascondiamo che la nostra è stata una piccola vittoria, perché questa città e questa regione, tra le più inquinate del pianeta, hot spot del riscaldamento globale, ha problemi molto più gravi, a cominciare dal passante, dai tanti altri parchi minacciati da progetti altrettanto assurdi, la turistificazione spinta del centro storico e la conseguente impossibilità di trovare casa per vivere, e che si porta dietro l’invadenza crescente dell’aeroporto.
Questa piccola vittoria deve darci la spinta a continuare la battaglia nelle nostre città, nella nostra Regione contro un modello di sviluppo che mette il profitto davanti alla salute e al benessere degli esseri viventi. Un modello di sviluppo che CONSUMA SUOLO, rendendolo impermeabile e che non vede le proprie responsabilità, anzi trova negli alberi e negli ambientalisti la causa dei danni dovuti alle alluvioni. Colpa dell’ambientalismo integralista, secondo il ministro della protezione civile Musumeci, colpa delle nutrie secondo il neo Presidente della Regione.
Il Comitato Besta ha organizzato due convegni: a maggio 2024, in piena battaglia a difesa del don Bosco, e a dicembre, invitando esperti, tecnici, pedagogisti, medici. Avrebbe fatto bene a partecipare anche il neoeletto Presidente della regione, De Pascale.
Caro Presidente, alcuni punti del suo programma elettorale: “PROMUOVERE SALUTE”, “PREVENIRE LE MALATTIE” sono davvero interessanti e perfino, oseremmo dire, condivisibili quando parla “di creare le migliori condizioni per una vita in salute” e che è “cruciale operare per migliorare la qualità dell’aria, dell’acqua e dell’ambiente in cui viviamo”; quando afferma “l’importanza dell’interazione uomo-ambiente-animali, evidenziando come salute umana, salute animale e salute dell’ecosistema siano strettamente interconnesse” ritenendo fondamentale “un rafforzamento delle strategie e delle azioni di prevenzione primaria e secondaria”.
Ma come si possono conciliare queste parole con la sua determinazione nel proseguire nello scellerato piano di allargamento della tangenziale a Bologna, nella realizzazione del rigassificatore a Ravenna con annessi e connessi, nella messa a valore di un territorio come l’Appennino attraverso programmi di turistificazione, che vedono la costruzione di una inutile seggiovia, per inutili ed inquinanti cannoni spara neve, invece di provvedere a mettere in sicurezza il territorio martoriato dalle frane, dal disboscamento incontrollato, anche per il recupero di legname come biomassa?
La difesa della salute si fa con la prevenzione primaria, che come ha detto l’oncologa intervenuta al nostro convegno, si fa evitando le cause che portano ad ammalarsi, mantenendo un ambiente di vita sano, non inquinato, e pieno di vegetazione.
Lei afferma inoltre che “Il settore agricolo è quello più danneggiato dagli eventi estremi causati dal surriscaldamento globale e dagli effetti dei cambiamenti climatici.” Gentile Presidente, se fosse venuto ai nostri convegni, avrebbe scoperto che sono decenni che si parla di cambiamento climatico, siccità e alluvioni non sono arrivate all’improvviso: questa Regione è tra le prime per consumo di suolo e la legge tanto osannata dal suo predecessore, quella che avrebbe dovuto contrastare il consumo di suolo, quella legge urbanistica Regionale del 2017 era nata già con la netta opposizione, con un’aspra e feroce critica da parte di giuristi, architetti, scienziati. Che ora nessuno ne rivendichi la paternità, non ci lascia tranquille.
E’ doloroso parlare degli eventi di alluvione avvenuti in questa regione e non solo, ma è ancora più doloroso vedere le azioni in essere che vedono nella natura crudele e chi la difende gli unici responsabili: nel nome della pulizia degli alvei dei fiumi, si sta eliminando la vegetazione riparia, che contribuisce a frenare la velocità dei fiumi, riducendone anche l’azione corrosiva sugli argini; si tagliano alberi, con l’illusione che i loro tronchi non cadano nei corsi d’acqua, ma questo è accaduto proprio per una cattiva, anzi assente, manutenzione ordinaria, nonché a causa dei tronchi tagliati per fare legna e lasciati lì ad ostruire i ponti; si è assistito ad una riduzione della fauna boschiva negli anni a causa della eliminazione dell’habitat naturale, del restringimento del corridoio che divide l’ambiente “selvatico” dall’ambiente “urbanizzato”; si è avuta una eccessiva impermeabilizzazione del territorio.
Fa male leggere il decalogo presentato alla Regione dei VAD, vittime dell’alluvione e del dissesto, che chiede tra le altre cose con urgenza la pulizia totale dei fiumi da monte a valle, l’eliminazione delle Zone a protezione speciale da qualsivoglia rio o fiume, di eliminare “l’interferenza” di associazioni come il WWF, Legambiente o comunque ambientaliste in merito alla gestione dei fiumi.
Fa male sapere che la pulizia degli alvei dei fiumi consiste nell’abbassarne il naturale fondo per aumentare il volume di contenimento, senza rendersi conto che quest’azione porterebbe l’alveo del fiume al livello del mare, con tutte le conseguenze che si possono immaginare e non solo, visto che il cuneo salino è una realtà, in Pianura Padana.
C’è da avere paura per quello che potrà succedere e non sarà colpa della natura crudele. Queste azioni non mettono a valore l’Appennino, neanche nel miglior significato che possiamo dare a questa parola, ma serviranno solo a creare disvalore della vita in tutte le sue forme, di chi questi luoghi, dalle cime dei monti alle coste marine, li abita e li attraversa, non solo residenti, ma anche le universitarie e gli universitari che vengono in questa regione per studiare nella più antica università europea, le lavoratrici e i lavoratori stagionali in Romagna che non trovano alloggi a prezzi accessibili e condizioni di lavoro accettabili.
A proposito di lavoro, noi siamo per una reale conversione ecologica con gli operai della Industria Italiana Autobus – Breda Menarini dopo il disimpegno di Leonardo (che preferisce concentrare le sue competenze industriali sul settore militare); con i lavoratori Tper e i pendolari interessati a potenziare servizi, infrastrutture, mezzi, frequenze di un Sistema Ferroviario Metropolitano bolognese mai decollato e da considerare prioritario negli investimenti per vincere il traffico e l’inquinamento.
PARTECIPAZIONE. E’ un altro paragrafo del suo programma elettorale.
Noi del Besta – don Bosco sappiamo bene quanto ci è costato difendere il terrapieno sul perimetro del parco sul lato verso il palazzo dove lei ora ha il suo ufficio. Abbiamo assistito a scene inconcepibili: la polizia e gli operai insieme determinati a tirare giù dagli alberi i manifestanti inermi, a tagliare rami a pochi centimetri dai loro corpi, e ad allontanare con brutalità i presidianti che cercavano di difendere con i loro corpi le piante sul perimetro. Alla cittadinanza è stato detto che questi tagli si ritenevano necessari per la costruzione di una ecologica pista ciclabile. Vi invitiamo ad andare a vedere: la pista ciclabile non c’è, non c’è lo spazio necessario tra binari del tram e corsie per le auto.
Scene viste anche in Lombardia al bosco del Curtatone. Non è tutto: perquisizioni corporali dopo incomprensibili fermi di polizia, a Bologna lo scorso luglio durante il G7 su scienza e tecnologia per le attiviste di XR che denunciavano l’abuso di energie dal fossile e per un delegato sindacale di USB, reo di lavorare per una società coinvolta nell’allestimento del G7. E quanto avvenuto a danno delle attiviste di XR a Brescia pochi giorni fa conferma che non sono episodi isolati.
La repressione poliziesca, i fogli di via, i DASPO, le decine di denunce, i costi psicologici e economici da affrontare sono mezzi per reprimere il dissenso. E’ una repressione che anticipa gli esiti della legge sulla sicurezza, una legge che mira a reprimere i conflitti sociali, a reprimere chi manifesta in difesa del proprio posto di lavoro o perché il lavoro si svolga in sicurezza, criminalizza le lotte ambientaliste e chi esprime il proprio dissenso verso scelte governative e contro la costruzione delle grandi opere inutili e impattanti, in definitiva chi lotta per il benessere e la salute di tutte e tutti.
Abbiamo chiesto ascolto, abbiamo chiesto confronto, abbiamo ricevuto polizia.
Non è questa per noi la Democrazia Partecipativa.
Allora ripetiamo il nostro mantra “non è vero che “ormai è tutto deciso, non possiamo farci niente“. NO. Se siamo determinati possiamo cambiare il corso delle cose e dobbiamo provarci, sempre.
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