Campania, Marche, Toscana, Puglia, Veneto e Valle d’Aosta: sei regione saranno chiamate alle urne, forse in un unico election day autunnale. Le comunali sono invece rimandate al 2026, mentre la Sardegna attende il destino della governatrice Todde
Un banco di prova ufficiale per misurare il gradimento del governo, un assaggio di nuove (e vecchie) alleanze: le elezioni regionali sono appuntamenti chiave per la politica italiana. Nel 2024 i seggi sono stati aperti in sette Regioni (Sardegna, Abruzzo, Basilicata, Piemonte, Liguria, Emilia-Romagna e Umbria) e migliaia di centri urbani. Nei prossimi dodici mesi sarà il turno di Marche, Toscana, Campania, Veneto, Puglia e Valle d’Aosta. E in più l’incognita Sardegna che, se fosse confermata la decadenza della presidente in carica Alessandra Todde, sarebbe costretta a tornare alle urne. Le opposizioni, dopo aver strappato la presidenza di Umbria e Sardegna, proveranno a erodere ulteriore terreno alla coalizione di centrodestra. Ma quando? Le date devono ancora essere definite, ma Roma starebbe pensando a un unico election day in ottobre. I comuni, invece, per rinnovare le loro giunte dovranno attendere il 2026.
Quando si vota?
Tradizionalmente, le elezioni regionali si tengono in primavera. Quest’anno – e con ogni probabilità per le tornate successive – i cittadini di Marche, Veneto, Toscana, Puglia e Campania voteranno in autunno. La ragione è semplice: nel 2020, causa pandemia, i seggi sono rimasti chiusi nei mesi caldi per poi accogliere gli elettori il 20 e il 21 settembre. L’attuale mandato quinquennale, dunque, scade in autunno. Per quanto riguarda il calendario elettorale, sta prendendo piede l’idea di accorpare gli appuntamenti in un unico giorno di fine ottobre. Unica eccezione la Valle d’Aosta: essendo a statuto speciale, ha piena facoltà di convocare i cittadini ai seggi in altra data. Il presidente Renzo Testolin ha già dichiarato di mirare al prossimo settembre.
Prossime elezioni regionali 2025, dove si vota?
Quattro amministrazioni di centrosinistra (Puglia, Campania, Toscana, Valle d’Aosta), due di centrodestra (Veneto, Marche): le Regionali del 2025 si presentano come una doppia opportunità. L’opposizione dovrà confermare i successi dello scorso anno, rituffandosi nei tira e molla tra «campo largo» e corse in solitaria. La maggioranza dovrà dimostrarsi sufficientemente salda e – perché no – restituire gli smacchi di Umbria e Sardegna. Mancano all’appello Liguria e Emilia-Romagna, chiamate alle urne anzitempo per le dimissioni dei presidenti Giovanni Toti, condannato al termine di una maxi-inchiesta per corruzione, e Stefano Bonaccini, nuovo europarlamentare per il Pd. In entrambi i territori i cittadini hanno confermato le scelte del 2025: Marco Bucci a Genova, Michele De Pascale a Bologna.
Elezioni regionali in Campania
In Campania il nodo da sciogliere è uno: Vincenzo De Luca, sì o no? Lo scorso 5 novembre 2024 il consiglio regionale ha modificato la legge elettorale regionale, togliendo – tra le altre cose – il limite massimo di due mandati consecutivi. Il 9 gennaio 2025, a poche ore dal termine ultimo, il governo ha impugnato di fronte alla Corte costituzionale la modifica «salva De Luca». Se anche dovesse ricevere in nulla osta per candidarsi una terza volta, il presidente in carica potrebbe non ricevere il sostegno del Partito democratico, che pare intenzionato a tentare un’alleanza con il Movimento 5 Stelle. De Luca, forte del sostegno della sezione campana del Pd e dell’alto gradimento di cui gode tra i cittadini, correrebbe così con una lista propria. Mentre l’ex presidente della Camera Roberto Fico, tra i preferito dei pentastellati, tentenna e il Pd rimane spaccato, il centrodestra non ha ancora trovato una quadra. I recenti successi al Sud di Forza Italia rendono più difficile individuare un nome che metta d’accordo tutti, anche se al momento il candidato più quotato sembra essere Edmondo Cirielli, viceministro degli Esteri e membro di Fratelli d’Italia.
Legge elettorale
Nelle elezioni regionali campane basta un voto in più degli avversari per essere eletto governatore. È uno degli effetti della modifica di novembre 2024, con cui la giunta ha abolito la quota del 65% delle preferenze per ottenere il premio di maggioranza. I 50 seggi a disposizione vengono poi ripartiti su base provinciale, con Napoli che ne assegna la maggior parte (27). Il voto disgiunto è ammesso: gli aventi diritto potranno indicare un candidato per la presidenza della regione e, per la composizione del consiglio, una lista che non lo appoggia.
Elezioni regionali Marche
Se per anni le Marche sono state un vero e proprio «fortino rosso», le elezioni del 2020 hanno consegnato nelle mani della maggioranza e di Fratelli d’Italia un’impresa insperata. Per questo è probabile che il presidente in carica, Francesco Acquaroli, si ripresenti come il nome di punta per il centrodestra. Dall’altra parte prende sempre più piede l’opzione Matteo Ricci come nome di punta di un centrosinistra in formato campo largo. Ex sindaco di Pesaro, Ricci è stato di recente eletto come europarlamentare con oltre 50mila preferenze nominali.
Legge elettorale
Nelle Marche vige un sistema proporzionale a turno unico, esattamente come in Campania. Anche qui basta ricevere anche solo un voto in più rispetto agli avversari. Chi è dichiarato vincitore riceve un premio di maggioranza di 16 seggi se riceve almeno il 34% delle preferenze, che diventano 18 superato il 40%. Prima delle ultime elezioni, infatti, il numero dei consiglieri regionali è stato diminuito di quasi un terzo (da 42 a 30), con le province di Ancona e Pesaro che assegnano 16 seggi. In fase di voto non è prevista la possibilità del voto disgiunto.
Elezioni regionali in Puglia
Il centrodestra fallisce l’appuntamento con le Regionali pugliesi dal 2000, quando l’attuale Commissario europeo Raffaele Fitto divenne governatore. Da quell’anno si sono succeduti Nichi Vendola e Michele Emiliano, che ha già annunciato di non voler riformare la legge elettorale per strappare un terzo mandato. Per confermarsi alla guida della Puglia il centrosinistra potrebbe puntare su Antonio Decaro, ex sindaco di Bari e europarlamentare. Rimane da definire se il Movimento 5 Stelle si schiererà a braccetto il Partito democratico oppure se, come ha fatto nelle ultime due tornate, presenterà un proprio candidato. La maggioranza di governo potrebbe invece optare per Francesco Paolo Sisto, attuale viceministro della Giustizia e coordinatore barese di Forza Italia.
Legge elettorale
Il sistema di voto è quello ormai consueto del proporzionale a turno unico, con una differenza sostanziale per quanto riguarda l’assegnazione dei seggi. Dei 50 disponibili, 27 sono suddivisi proporzionalmente al listino unico regionale mentre i restanti 23 sono ripartiti a livello circoscrizionale. Anche in questo caso è presente un premio di maggioranza che aumenta proporzionalmente alla percentuale di voti ricevuta dal vincitore, da 27 seggi entro il 35% fino a 29 oltre il 40%. È ammesso il voto disgiunto.
Elezioni regionali Toscana
La Toscana è una di quelle regioni italiane facilmente qualificabili come «rosse»: a Palazzo Panciatichi non è mai entrato un governatore che non fosse di sinistra o di centro-sinistra. Il centrosinistra dovrebbe confermare come suo candidato Eugenio Giani, già vincitore nel 2020 con il 48% delle preferenze. Ma la composizione della sua coalizione è ancora tutta da formare: Italia Viva al momento fa parte della sua giunta e a livello nazionale corrono aspri dissapori tra il suo segretario Matteo Renzi e il Partito democratico. A cui si aggiunge un dato, rivelato da un sondaggio di Yoodata nel novembre 2024: l’ingresso dei partiti di centro in una coalizione di sinistra abbatte il gradimento dell’alleanza dal 49% al 30%.
E gli altri? Il Movimento 5 Stelle, che nell’ultima tornata aveva corso in solitaria, potrebbe invece aggiungersi tra i sostenitori di un Giani bis. Il centrodestra, reduce da buoni risultati nelle elezioni comunali dello scorso anno, potrebbe puntare su Alessandro Tomasi di FdI, attuale sindaco di Pistoia. Ma l’accordo sul nome è ancora lontano e c’è chi, come Forza Italia, chiede delle primarie interne alla coalizione.
Legge elettorale
Il Toscanellum, legge introdotta nel 2014, stabilisce un sistema proporzionale non a turno unico. La Toscana, infatti, prevede un ballottaggio nel caso in cui nessun candidato superi la soglia del 40% alle urne. Per la formazione del consiglio sono presenti ampi premi di maggioranza: tra i 23 e i 24 seggi su 40 se le preferenze sono oltre il 40% e oltre il 45% al primo turno. Per gli aventi diritto la scheda sarà una sola, con possibilità di effettuare un voto disgiunto.
Elezioni regionali Veneto
Se la Toscana è un fortino rosso, il Veneto è di certo una roccaforte del centrodestra. Dopo un quindicennio di presidenza leghista, con Luca Zaia inquilino di Palazzo Balbi e al tramonto di un terzo mandato vinto con percentuali da plebiscito, la Regione si prepara a cambiare guida. La legge elettorale non permette al momento la ricandidatura di Zaia, che pure gode ancora del gradimento del 66% dei veneti. La maggioranza sarebbe quindi costretta a virare su Elena Donazzan (assessore in quota FdI) o Flavio Tosi (ex sindaco di Verona forzista che sfidò proprio Zaia nel 2015). Il centrosinistra al momento appare lontano da un campo largo e privo di candidature di peso. Nelle ultime settimane si è iniziato a parlare di Andrea Crisanti, microbiologo e senatore del Pd.
Legge elettorale
Lo Zaiatellum, varato nel 2012 e modificato nel 2018, prevede un proporzionale a turno unico con un premio di maggioranza di 30 seggi su 50 nel caso in cui il vincitore superi la soglia dei 40% dei voti. Anche i consiglieri, così come il governatore, non hanno il vincolo dei due mandati. Alle urne sarà possibile per i cittadini esprimere un voto disgiunto per la carica di presidente e per le liste.
Il caso delle regionali in Valle d’Aosta
La Valle d’Aosta, in qualità di Regione a statuto speciale, ha un sistema elettorale e una situazione politica sui generis. Il presidente non è infatti eletto direttamente dai cittadini bensì viene scelto a maggioranza assoluta dai membri del consiglio regionale. Al momento il governatore è Renzo Testolin, esponente dell’Union Valdôtain e successore dal 2023 del dimissionario Erik Lavévaz. Per il momento è nota la formazione di un polo di centro autonomista e moderato, formato da Stella alpina, Rassemblement Valdôtain, Pour l’autonomie e dell’associazione Evolvendo.
Legge elettorale
I 35 consiglieri regionali, in carica per 5 anni, sono eletti con un sistema proporzionale con metodo del quoziente e dei più alti resti. Esiste però anche un premio di maggioranza: nel caso in cui la lista o la coalizione abbia superato il 42% delle preferenze, riceverà 21 seggi. Vi è una sola circoscrizione regionale e, in fase di voto, è possibile esprimere una sola preferenza.
Sardegna e l’incognita Todde
Tra le Regioni a tornare alle urne nel 2025 potrebbe esserci anche la Sardegna. Dopo la vittoria alle amministrative dello scorso febbraio, la governatrice in carica Alessandra Todde è stata dichiarata decaduta dal Collegio regionale di garanzia elettorale per inadempienze nella gestione delle spese durante la campagna elettorale. Al momento la situazione è in stallo: stanno procedendo parallelamente le analisi del Collegio, la Procura (che ha ricevuto gli atti) e l’impugnazione del provvedimento da parte della stessa Todde. I tempi ancora non sono chiari e sono in mano al consiglio regionale e alla sua Giunta per le elezioni. E mentre dalla Regione non si esclude di fare appello alla Corte costituzionale, l’opposizione locale di centrodestra chiede di accelerare la pratica: prima una Manovra finanziaria tecnica e poi il voto.
Elezioni comunali e lo slittamento al 2026
Quasi il 15% dei comuni italiani (per la precisione 1.172) avrebbero dovuto votare in questo 2025, ma non sarà così. Con una circolare diramata lo scorso 6 dicembre, il Ministero dell’Interno ha posticipato l’appuntamento elettorale per tutti i comuni che sono andati alle urne nel secondo semestre del 2020 e del 2021 causa Covid, facendolo slittare rispettivamente alla primavera del 2026 e del 2027. Secondo il governo, infatti, al momento del voto di cinque anni fa «nulla hanno disposto in merito ai termini del rinnovo elettorale». Per questo, attenendosi alla legge 182/1991, il rinnovo di un’amministrazione eletta nel secondo semestre si terrà nella primavera dell’anno successivo alla scadenza del quinquennio. Ma è possibile che le Regioni a statuto speciale prevedano deroghe alla disciplina statale, ammettendo l’apertura di urne comunali anche nell’autunno del 2025. Magari, in Valle d’Aosta, parallelamente alle amministrative.
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