Sono 406 le richieste per l’installazione di impianti eolici e fotovoltaici nelle province di Trapani e Agrigento: un numero che rappresenta quasi il 40% delle pratiche regionali in Sicilia. Di queste, 262 riguardano il territorio trapanese, mentre 144 interessano l’agrigentino. A fronte di questi dati, 13 sindaci della Valle del Belìce, insieme al GAL Valle del Belìce, hanno firmato un manifesto per denunciare il rischio di una nuova devastazione del territorio, questa volta non per mano della natura, come nel terremoto del 1968, ma dell’uomo. Il documento è stato consegnato al Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, e al Presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, durante la cerimonia di inaugurazione di Agrigento Capitale Italiana della Cultura 2025, e contiene un appello chiaro: stop agli impianti nelle zone di pregio paesaggistico, culturale e agricolo.
Secondo i dati diffusi, le richieste di connessione alla rete elettrica nazionale hanno superato di quattro volte gli obiettivi fissati dalla Regione per il 2030, e otto volte se si considerano anche le pratiche in istruttoria. “Siamo ben oltre i limiti della pianificazione – denunciano i sindaci – e gran parte delle autorizzazioni rilasciate riguardano impianti in terreni agricoli fertili, snaturando la vocazione produttiva di questi luoghi”. Il deputato regionale del Partito Democratico, Dario Safina, che proprio nei giorni scorsi aveva presentato un’interrogazione per sollecitare il governo regionale sull’utilizzo della geotermia in Sicilia, si è aggiunto alla denuncia dei sindaci: “Le aree di grande valore paesaggistico, storico e culturale non possono essere aggredite. La deregulation in atto sta trasformando il Belìce e non solo in una terra di conquista per gli speculatori delle energie alternative. Ricordo che si vorrebbe installare un immenso impianto fotovoltaico proprio a Gibellina in prossimità del museo e con vista anche dal Cretto di Burri, uno dei simboli della rinascita culturale della Valle. Interventi del genere rischiano di cancellare la storia e il valore artistico dei nostri territori”.
Pur riconoscendo il ruolo fondamentale delle energie rinnovabili nella transizione energetica, Safina ha posto l’accento sulla necessità di salvaguardare le specificità economiche del territorio: “E chiaro che le energie alternative rappresentano il futuro e sono cruciali per ridurre la nostra dipendenza dai combustibili fossili. Tuttavia, non possiamo accettare che questa transizione avvenga a scapito dell’agricoltura, che è l’anima e il motore economico della Valle del Belìce. Dobbiamo difendere il reddito agricolo, che dà lavoro e identità a queste comunità. Altrimenti saranno gli stessi proprietari e gli stessi agricoltori che consegneranno le loro terre agli speculatori”. Safina ha anche evidenziato la necessità di pianificare meglio l’installazione degli impianti: “La Regione deve individuare aree idonee e non idonee, come le cave dismesse, le discariche coperte e l’offshore, solo per fare alcuni esempi. Esistono aree in zone in cui non c’è alcun valore paesaggistico da tutelare o alcuna produzione di pregio da difendere: ci sono molte opzioni che non mettono a rischio il paesaggio e la produzione agricola. Abbiamo le competenze e le tecnologie per realizzare impianti senza danneggiare le nostre terre fertili e i paesaggi unici. Serve un piano preciso e condiviso con i territori”.
Inoltre, il deputato ha sollecitato un maggior investimento in altre fonti rinnovabili: “La Sicilia è un territorio unico per risorse naturali, come la geotermia. Penso alle Eolie, a Pantelleria, all’Etna: sono bacini che potrebbero garantire energia inesauribile senza consumare suolo agricolo. Bisogna puntare su queste tecnologie e non rimanere indietro rispetto al resto d’Europa”. Con un surplus di energia già disponibile rispetto agli obiettivi prefissati e infrastrutture elettriche insufficienti a gestire l’eccesso di produzione, i firmatari chiedono “la sospensione delle nuove autorizzazioni e la revoca di quelle per cantieri non avviati, insieme a una verifica puntuale delle concessioni in corso. L’eccesso di impianti rischia di trasformare la Valle del Belìce in un deserto industriale”. La partita sulle energie rinnovabili in Sicilia è ancora aperta, ma il messaggio lanciato dalla Valle del Belìce è chiaro: la transizione energetica non può avvenire a scapito del paesaggio, della cultura e dell’identità dei territori.
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