Negli ultimi giorni si sta verificando su TikTok qualcosa di inaudito che non sta minimamente avendo la risonanza che dovrebbe avere. Una ragazza, di cui evito di fare il nome, sta rischiando di perdere la vita a causa dell’anoressia, e documenta costantemente la sua situazione sul suo profilo, seguito da oltre 500mila persone. Questo sta avvenendo sotto gli occhi di tutti, senza che si riesca a capire cosa fare per impedirlo.
Non è però purtroppo un caso isolato. Sul social cinese si trovano numerosi profili di ragazze, spesso minorenni, che espongono il loro disturbo alimentare. Ragazze anoressiche che si sforzano di mangiare in diretta, perché condividono col pubblico il loro tentativo di uscire dalla malattia, e i follower commentano, incitandole e sostenendole, oppure insultandole: assistono allo spettacolo e ne sono entusiasmati. Ragazze che si filmano mentre sono ricoverate, attaccate a un sondino, rischiando la vita; condividono tutte le informazioni sul loro stato di salute, la progressione della malattia, la paura di non farcela, i suoi effetti anche estetici devastanti. E i follower guardano, come se lei non fosse una persona reale, ma si trattasse di un programma televisivo costruito ad arte.
TikTok è da considerare direttamente responsabile
Va sottolineata e anzi gridata la responsabilità di TikTok, che non censura affatto questi contenuti; e non lo fa perché questi profili sono seguitissimi – parliamo di centinaia di migliaia di follower e quindi interazioni di ogni sorta. Allo stato attuale, però, sembra difficile che questa responsabilità venga riconosciuta legalmente. In Francia, dopo numerosi casi di giovanissime la cui malattia è peggiorata (o è proprio iniziata) in seguito all’esposizione a contenuti di questo tipo, è stato fondato il collettivo Algos Victima, che offre supporto alle vittime (definite così sul sito ufficiale, e direi giustamente) e alle loro famiglie nel cercare di ottenere che le piattaforme social siano dichiarate responsabili per il danno causato ai minori.
È questo il grande problema della regolamentazione dei social, che continuiamo a rimandare e ignorare, mentre la situazione peggiora sempre di più. La correlazione tra visione di contenuti e aumento dei DCA e di problemi con l’immagine corporea è ormai comprovata, e psicologi e psichiatri in tutto il mondo hanno lanciato l’allarme già anni fa. Conosciamo già il potere del meccanismo di imitazione dai tempi dei forum pro ana, agli albori di internet: le ragazzine si scambiavano consigli su come evitare di mangiare, o vomitare subito dopo, senza essere scoperte dai genitori, e si incoraggiavano a vicenda. Con i social network questo viene amplificato, perché non sono più un luogo privato, nascosto, ma una vetrina da cui può vederti potenzialmente tutto il mondo.
Questo favorisce ovviamente la spettacolarizzazione della malattia, che non è una cosa nuova: siamo ormai abituati ai vip che si filmano in ospedale. Non si tratta però neanche solo di questo: è che la malattia ti definisce, ti dà un’identità, e soprattutto grazie alla malattia diventi famosa. Come si può pensare che una persona voglia guarire – da un disturbo da cui è già difficilissimo volersi curare – se quella sua condizione è ciò che le porta visibilità, attenzione e forse guadagno? La cosa inaccettabile infatti è che contenuti di questo tipo siano permessi sulla piattaforma.
Ugualmente responsabili sono i genitori delle ragazze
Ma c’è un altro risvolto, quando le ragazze sono minorenni o appena diciottenni: il ruolo dei genitori, che non solo sanno dell’attività delle figlie sui social, ma la incoraggiano, e spesso ne diventano registi. Probabilmente in qualche caso non sono consapevoli di danneggiare la ragazza, ma pensano di aiutarla; tuttavia è verosimile che la famiglia di una ragazza malata di disturbo alimentare sia stata informata da medici e psicologi del pericolo dell’uso dei social. Difficile insomma che fino alla fine questi genitori siano totalmente in buona fede, ignari dei danni che causano. E in ogni caso, quale genitore assisterebbe serenamente a una pioggia di commenti ignobili e crudeli sulla propria figlia? Se le venissero rivolti a scuola, o in palestra, o in qualsiasi altro luogo dal vivo, la reazione sarebbe completamente diversa: quando mai consideriamo normale andare da una persona malata e dirle “durerai meno di un mese”?
E ugualmente sono responsabili gli utenti che interagiscono
Che dire quindi dei commentatori? Il circo che viene messo in piedi attorno alle vite di queste ragazze è spaventoso, quasi incredibile. Partono le scommesse: quanto resisterà in clinica? Ricomincerà davvero a mangiare? Prenderà peso? Non solo: nel caso della ragazza di cui ho parlato all’inizio, circolano addirittura contenuti che la commemorano come se fosse già morta: rip, non ce l’ha fatta. Questo perché non è soltanto la ragazza in questione ad accumulare follower e interazioni tramite la sua malattia: sono anche decine di altre persone, che fanno contenuti su di lei, ripubblicano i suoi video, ne fanno le “reaction”, commentano in diretta l’evoluzione del suo stato di salute. Insomma, un freak show dell’era digitale.
Come sappiamo, chi esprime perplessità o preoccupazione per i pericoli dei social network viene facilmente etichettato come vecchio, bigotto, luddista addirittura. È difficile iniziare una campagna seria di informazione e riflessione, perché nessuno ne vuole parlare: sono in troppi a guadagnare da queste situazioni, e sono in troppi a goderne come si gode di un prodotto di intrattenimento. Intanto, le vite di queste ragazze saranno definite per sempre dalla malattia, con gli infiniti problemi che comporta anche quando se ne guarisce, e dall’umiliazione pubblica a cui si sono inconsapevolmente sottoposte; con la connivenza del popolo di internet.
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