Sanzione disciplinare per l’avvocato che non paga i contributi previdenziali dei dipendenti

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difficile da pignorare

 


 Fonte: https://www.consiglionazionaleforense.it/

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Anche il mancato adempimento da parte dell’avvocato agli obblighi fiscali relativi al versamento delle quote previdenziali sulle retribuzioni dei propri dipendenti può dar luogo a responsabilità disciplinare. È quanto affermato dal Consiglio Nazionale Forense con sentenza n. 311 del 5 settembre 2024. Ecco le ragioni logico giuridiche che hanno portato a tale affermazione.

I fatti del procedimento disciplinare

La vicenda ha tratto origine da un esposto al Consiglio dell’Ordine degli Avvocati da parte di un’impiegato dello studio legale, che ha lamentato 1) la violazione da parte dell’avvocato, suo datore di lavoro, dell’obbligo deontologico di corretto adempimento dei doveri retributivi e previdenziali relativi alla propria posizione di dipendente, avendo l’avvocato omesso di provvedere al pagamento degli ultimi stipendi e al versamento del TFR e dei contributi previdenziali conteggiati e trattenuti sulla busta paga del dipendente; 2) l’uso di espressioni offensive nei confronti dell’esponente nella corrispondenza con il legale di quest’ultimo. Peraltro, l’ex dipendente non è riuscito a recuperare il suddetto credito essendo stata infruttuosa l’azione giudiziale a tal fine intrapresa.

Nel corso del procedimento disciplinare l’incolpato si è difeso sostenendo che il mancato pagamento degli stipendi e dei contributi dovuti all’ex dipendente è dipeso dalla situazione di difficoltà economica in cui egli si è venuto a trovare a causa di un grave incidente stradale in cui è rimasto coinvolto il figlio.

Il Consiglio di Disciplina, ritenendo sussistente la responsabilità dell’incolpato, gli ha inflitto la sanzione della sospensione dall’esercizio dell’attività professionale per la durata di due mesi.

L’incolpato ha impugnato la decisione del CDD.

La decisione del Consiglio

Il Consiglio Nazionale Forense ha evidenziato che la violazione di obblighi previdenziali gravanti sull’avvocato in qualità di datore di lavoro può dar luogo a illecito disciplinare.

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Infatti, la norma di cui all’art.16 c.d.f., relativa al “Dovere di adempimento fiscale, previdenziale, assicurativo e contributivo“, fa riferimento indistinto a tutti gli adempimenti fiscali e previdenziali previsti dalle norme in materia che incombono sugli avvocati e tra questi devono ritenersi ricompresi anche quelli che, per legge, gravano a carico dell’avvocato quale datore di lavoro dei propri dipendenti.

Inoltre, l’omissione dei suddetti adempimenti fiscali rientra pienamente anche nell’ambito di applicazione di ulteriori norme deontologiche, quali: l’art. 9 c.d.f. “Doveri di probità, dignità, decoro e indipendenza” relativo a quelle attività che, pur realizzate nella dimensione privata, appaiono idonee a ledere i valori presidiati dalla norma e l’art.64 c.d.f. “Obbligo di provvedere all’adempimento di obbligazioni assunte nei confronti dei terzi

Al riguardo il Consiglio ha affermato che “commette illecito deontologico l’avvocato che non provveda al puntuale adempimento delle proprie obbligazioni nei confronti dei terzi e ciò indipendentemente dalla natura privata o meno del debito, atteso che tale onere di natura deontologica (oltre che di natura giuridica), è finalizzato a tutelare l’affidamento dei terzi nella capacità dell’avvocato di rispettare i propri doveri e la negativa pubblicità che deriva dall’inadempimento si riflette sulla reputazione non solo del professionista, ma vieppiù sull’immagine della intera classe forense (…)” (cfr. CNF sentenza n. 250 del 14 novembre 2023; n. 113 del 25 giugno 2022). Tra l’altro, il Consiglio ha evidenziato che il fatto che un avvocato non adempia alle obbligazioni titolate, giungendo a subire sentenze, atti di precetto e richieste di pignoramento, costituisce illecito disciplinare sia se gli episodi si ripetono e raggiungono la notorietà sia a prescindere dalla notorietà dei fatti, poiché in ogni caso l’immagine dell’avvocato risulta compromessa agli occhi dei creditori e degli operatori del diritto (CNF sentenza n. 182 del 9 ottobre 2020). Per questo “Pone in essere un comportamento deontologicamente rilevante il professionista che […] non provveda al pagamento degli stipendi dei dipendenti […]” (CNF, sentenza n. 145 del 13 luglio 2001). 

 Quanto all’asserito stato di bisogno invocato dal ricorrente, il Consiglio ha evidenziato che l’esistenza di gravi problemi economici e familiari dell’incolpato non scrimina la rilevanza deontologica, ma può essere tenuta in considerazione ai fini della sanzione da irrogare in concreto (CNF n. 250 del 14 novembre 2023). Nel caso di specie, secondo il Consiglio, non è dubitabile che il gravissimo incidente di cui è rimasto vittima il figlio dell’incolpato abbia avuto gravi ricadute negative anche sulla situazione economica e professionale dell’incolpato, che possano aver contribuito ad ingenerare le condotte deontologicamente rilevanti.

In relazione all’uso di espressioni sconvenienti e/o offensive il Consiglio ha ribadito il principio consolidato in giurisprudenza secondo cui l’avvocato ha il dovere di comportarsi in ogni situazione, sia nella dimensione privata che professionale, con la dignità e il decoro imposti dalla funzione che l’avvocatura svolge nella giurisdizione e dal ruolo che ricopre nella società, e in particolare che debba in ogni caso astenersi dal pronunciare espressioni sconvenienti od offensive (CNFn. 191 del 21 ottobre 2022).

Per questi motivi, il Consiglio Nazionale Forense in parziale accoglimento del ricorso, ha revocato la sanzione della sospensione dall’esercizio della professione per due mesi e ha applicato la sanzione della censura.

 

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