RDCongo, la crisi peggiora: l’ONU relocalizza il personale non essenziale, 13 peacekeeper dell’Unione Africana muoiono in combattimento e Kinshasa chiude l’ambasciata in Rwanda


La situazione nell’est della Repubblica Democratica del Congo continua a destare grave preoccupazione a livello internazionale. A causa del deterioramento della sicurezza nella regione del Nord-Kivu, l’Organizzazione delle Nazioni Unite (localmente nota come MONUSCO) ha deciso di adottare misure preventive, relocalizzando temporaneamente il personale non essenziale dalla città di Goma. Questa decisione, annunciata il 25 gennaio 2025, riguarda principalmente il personale amministrativo e coloro che possono proseguire le loro attività da altre sedi, con l’obiettivo primario di garantire la loro sicurezza.

Nonostante questa riorganizzazione, l’ONU assicura che le operazioni essenziali di assistenza umanitaria non saranno interrotte. Il personale operativo rimane sul terreno per garantire la continuità delle attività più critiche, come la distribuzione di cibo, l’assistenza medica, il supporto abitativo e la protezione delle comunità vulnerabili. L’organizzazione sta collaborando attivamente con le autorità locali e i partner umanitari per far arrivare gli aiuti alle popolazioni colpite e prevenire nuove minacce ai civili. La decisione di trasferire temporaneamente il personale sarà rivalutata in base all’evoluzione della situazione, con l’obiettivo di ripristinare la piena operatività sul campo non appena le condizioni lo permetteranno. Inoltre, qualche ora prima aveva diffuso anche un comunicato di sostegno all’esercito congolese (FARDC) contro i ribelli dell’M23:

Parallelamente, Moussa Faki Mahamat, Presidente della Commissione dell’Unione Africana, ha rilasciato una dichiarazione ufficiale in cui esprime profonda preoccupazione per l’aggravarsi della crisi umanitaria e della sicurezza nella regione. Mahamat ha sottolineato come questa situazione metta a rischio gli sforzi di mediazione in corso, come il processo di Luanda guidato dal Presidente dell’Angola, Joao Manuel Lourenço, volto a risolvere le tensioni tra la RDC e il Rwanda, nonché tra il governo congolese e le forze di opposizione politico-militare.

Il Presidente della Commissione ha ribadito la necessità di rispettare rigorosamente il cessate il fuoco già concordato tra le parti e di interrompere immediatamente tutte le ostilità. Ha fatto appello alle parti coinvolte affinché venga data massima priorità alla protezione delle vite dei civili e ha chiesto un intervento deciso della comunità internazionale per fornire supporto concreto alle popolazioni colpite dalle gravi conseguenze del conflitto.

Inoltre, durante la giornata di ieri 13 soldati sudafricani (ben 9), malawiani e uruguaiani, schierati come parte di due forze regionali e delle Nazioni Unite a supporto dell’esercito congolese, sono stati uccisi in combattimenti con la milizia M23 nell’est della Repubblica Democratica del Congo:

Infine, nella serata di ieri è arrivato un ulteriore elemento di tensione tra RDCongo e Rwanda, che a questo punto hanno ufficialmente rotto le proprie relazioni diplomatiche, perché Kinshasa ha chiuso la sua ambasciata a Kigali e, contestualmente, ha ordinato al governo rwandese di chiudere la propria ambasciata nella capitale congolese entro 48 ore e, dunque, di interrompere tutte le sue attività:

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Per approfondire, questi sono i nostri articoli degli ultimi giorni sul deterioramento della situazione nell’est congolese:

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