Meloni e il caso Santanchè: “Il rinvio a giudizio non è necessariamente motivo di dimissioni. Ma va valutato l’impatto sul lavoro di ministro”

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Una difesa d’ufficio più che una blindatura. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni rompe il silenzio sul caso di Daniela Santanchè, la ministra del Turismo finita nei guai giudiziari per le questioni legate alla sua società Visibilia. La premier parla da Gedda, mentre fa visita alla nave scuola Amerigo Vespucci, e conferma che una “riflessione” (usa questo termine) sarà necessaria, per quanto il solo rinvio a giudizio della ministra non implichi che lasci il suo incarico. “C’è una riflessione che deve tenere conto del quadro generale in un clima assolutamente sereno – dice la capa del governo – Non credo che un rinvio a giudizio sia per esso stesso motivo di dimissione. Penso anche che il ministro Santanchè stia lavorando ottimamente. La valutazione che semmai va fatta è quanto questo possa impattare sul suo lavoro di ministro. E questo è quello su cui in questo momento non ho le idee chiare“. Meloni esclude che ci sia un “braccio di ferro” tra lei e la ministra né “preoccupazione o imbarazzo che mi porterebbe a saltare addirittura le sedute del consiglio dei ministri”. Dice che incontrerà Santanchè e finora non l’ha ancora fatto perché ha avuto “giornate pienissime” e “non era una mia priorità rispetto alle cose di cui mi sto occupando”.

Nel frattempo risponde ai leader dell’opposizione le cui richieste di dimissioni sono definite dalla premier “cancan”. “Essere garantisti con la sinistra e giustizialisti con la destra anche no. Ho Giuseppe Conte che mi dice che devo far dimettere un ministro che non è mai stato condannato quando ha un vicepresidente del partito condannato in via definitiva; ho Elly Schlein che invoca le dimissioni del ministro Santanchè per un rinvio a giudizio, ma non chiede le dimissioni al presidente della provincia di Salerno agli arresti domiciliari per corruzione. Quindi, lezioni da questi pulpiti anche no”. Nel primo caso il riferimento è a Chiara Appendino, condannata a un anno e 5 mesi per il processo sui fatti di Piazza San Carlo. Nel secondo caso si tratta del caso di Franco Alfieri, sindaco di Capaccio Paestum, fedelissimo di Vincenzo De Luca (che non si può dire che abbia buoni rapporti con Schlein). Conte, dal canto suo, risponde a Meloni: “Un tempo non ne faceva una questione di procedure e gradi di giudizio, invitava la politica a dare l’esempio e chiedeva le dimissioni di tutti per molto meno”. Conte parla di “amichettismo di Meloni“: “Se sei di Fratelli d’Italia resti al tuo posto per mesi nonostante rinvii a giudizio per falso in bilancio e inchieste per truffe Covid, quelle per cui Meloni urlava allo scandalo e ha creato il ‘circo’ (copyright Lisei, FdI) della Commissione Covid. Sono condotte e situazioni gravi che danneggiano l’immagine anche internazionale del nostro Paese considerato che parliamo della ministra del Turismo. Dovrebbero dare l’esempio, come chiedeva Meloni in passato, prima di andare al governo e integrarsi nel sistema dei privilegi di casta”.

Oggi a spendersi in difesa della ministra erano stati il vicepremier e leader della Lega Matteo Salvini (“In Italia si è colpevoli se condannati non se si è indagati, sospettati, sputtanati o rinviati a giudizio”) e Vittorio Feltri, direttore editoriale del Giornale e consigliere regionale di Fratelli d’Italia. “Un rinvio a giudizio non è una sentenza. Un rinvio a giudizio è un rinvio a giudizio – dice al Foglio -. E poi… Poi stiamo parlando del reato di falso in bilancio. Suvvia” e quindi stiamo parlando “del nulla” perché “il falso in bilancio è un reato del cazzo. E’ una cretinata. E fino a prova contraria, comunque, col rinvio a giudizio per Daniela Santanché non è cambiato niente”.

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Santanchè non arretra di un centimetro, ribadisce che sarebbe pronta a dimettersi in caso di rinvio a giudizio per il procedimento sulla cassa Covid, ma non ora dopo quello per falso in bilancio: “Sono assolutamente tranquilla perché so come sono le questioni nel merito”. Nella prossima settimana la situazione potrebbe vivere un’accelerazione, al di là dell’udienza della Cassazione chiamata mercoledì a decidere sulla competenza del procedimento per truffa all’Inps sulla cassa Covid, fra Milano e Roma. In mezzo ci sarà anche una nuova puntata di Report che ha già preannunciato rivelazioni sul caso Visibilia. Di “valutazioni” in corso aveva parlato giovedì anche un altro big di Fratelli d’Italia Giovanni Donzelli. “Credo che stia comunque in una fase di valutazione, credo stia valutando e sono sicuro che valuterà bene”, ha detto invece ieri il presidente del Senato Ignazio La Russa, uno degli esponenti di FdI a lei più vicini. Parole che nel partito vengono lette come un segnale chiaro: il tema delle dimissioni c’è eccome.

Una situazione bloccata, al momento, che suscita le proteste delle opposizioni. “Meloni difende l’indifendibile” incalza Angelo Bonelli, leader di Europa Verde. “C’è chi si è dimesso per molto meno – aggiunge -. Ma ormai il governo è la fiera degli impresentabili. La Santanchè riesce ad imporre la sua linea alla premier: ci domandiamo perché”. Per Luana Zanella, parlamentare di Alleanza Verdi-Sinistra, “è la solita premier che lancia strali, sfida a tutto campo chi non è con lei, dalla Corte penale internazionale all’intera magistratura italiana, ed è estranea completamente ad un’etica della politica, non le pesa per niente lo scandalo Santanchè. Giorgia Meloni vuole porsi al di sopra della società, ma alla fine parlerà solo con i suoi amici”. Carlo Calenda, leader di Azione, sottolinea: “È chiaro che c’è un confronto interno al governo sulle dimissioni della Santanchè: Salvini la invita a rimanere, la Meloni non si sa, questo va chiarito. Io penso che la Santanchè debba dimettersi perché il ruolo di ministro del Turismo è molto importante e credo che vada trovata una figura più credibile della Santanchè”.



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