“La riforma mette a rischio la democrazia”

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La presenza di Cosa nostra, “in fase di continua ristrutturazione”, ma soprattutto il traffico dilagante di droga che, oltre a essere prima fonte di guadagno per l’organizzazione criminale, determina uno scenario sociale devastante con “spacciatori di crack già a 10 anni” e il ritrovamento di sostanze stupefacenti persino “nella panca dei giochi di un bambino”. Fenomeni di fronte ai quali la magistratura si ritrova spesso a sopperire ai compiti della politica, perché – per usare le parole del procuratore della Repubblica di Palermo, Maurizio De Lucia – “gli strumenti per sconfiggerli sono fuori dal palazzo di giustizia” e si basano sullo “sviluppo economico e culturale di questa terra”. Ed è – ancora una volta – proprio sui rapporti tra politica e giustizia, soprattutto in seguito alla riforma Nordio e al progetto di separazione delle carriere, che si è snodata la cerimonia di apertura dell’anno giudiziario che si è tenuta questa mattina nell’aula magna della Corte d’Appello di Palermo.

La criminalità nel distretto giudiziario: “Cosa nostra sempre attiva, ma è allarme baby delinquenti”

L’allarme lanciato da più parti non riguarda solo gli aspetti inquietanti che sta assumendo la criminalità comune e organizzata e la cronica carenza di organico negli uffici giudiziari – che è la vera causa dei tempi spesso biblici dei processi – ma anche i rischi che corre la democrazia. Tanto che i magistrati per protesta hanno abbandonato silenziosamente l’aula, portando solo con sé una copia della Costituzione, appena ha preso la parola il rappresentante del Governo, Alessandro Buccino Grimaldi.

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Frasca: “A rischio gli equilibri tra i poteri dello Stato”

L’intervento del presidente della Corte d’Appello di Palermo, Matteo Frasca, che con razionalità e rigore, ha indicato tutti i pericoli che si celano dietro all’ultima riforma della giustizia perché “la separazione delle carriere è la punta di un iceberg la cui parte sommersa è forse la più preoccupante, anche se il suo effetto dirompente non viene colto appieno perché di minore impatto mediatico” e “mira a introdurre altre modifiche dell’ordinamento giudiziario che si saldano con la separazione delle carriere e vanno ben oltre, iscrivendosi appieno in un progetto unitario che vuole ridisegnare l’equilibrio tra i poteri dello Stato”.

“Inopportuno attribuire la paternità della riforma a Giovanni Falcone”

Frasca ha anche rimarcato che “il tentativo di attribuire la riforma della separazione delle carriere a Giovanni Falcone è quantomeno inopportuno”. E lo ha detto mentre alle sue spalle veniva proiettata una foto del giudice ucciso assieme alla moglie e alla scorta nella strage di Capaci e mentre scorrevano gli articoli della Costituzione. Inopportuno, per Frasca, è “attribuire la paternità di questa legge a Falcone, facendosi interpreti del suo pensiero mediante l’estrapolazione e la decontestualizzazione di alcune frasi di una lezione da lui tenuta a Catania il 12 marzo 1990”. Il magistrato ha così ricordato che “la memoria di Falcone merita rispetto non solo in occasione delle commemorazioni e se davvero si vuole rendergli omaggi senza strumentalizzarne post mortem il suo ineguagliabile valore, basta praticare come regola di condotta il suo incrollabile senso dello Stato per il quale ha rispettato sempre le istituzioni e coloro che lo rappresentavano, anche nei momenti di maggiore amarezza: una lezione di etica di stile di cui oggi si avverte la necessità”. 

Inaugurazione anno giudiziario 2025 Matteo Frasca

“L’autonomia e l’indipendenza sono prerogative della magistratura, non privilegi”

Frasca ha poi affermato: “Si accusano i giudici di essere politicizzati e antimaggioritari solo per avere emesso provvedimenti non conformi alla politica governativa e al tempo stesso, contraddittoriamente, si chiede che la magistratura assecondi o non ostacoli le scelte del potere esecutivo, che sarebbe la forma peggiore di politicizzazione. Non ci spaventano queste accuse, ma ci amareggiano perché presuppongono un’idea della giurisdizione lontana sideralmente dalla Costituzione. Ogni magistrato ha, e sarebbe innaturale che non le avesse, le proprie idee culturali, politiche e religiose. L’imparzialità è presidiata dall’autonomia e dall’indipendenza del potere giudiziario che è prerogativa e non privilegio della magistratura e di ogni magistrato ed è al tempo stesso diritto e garanzia del cittadino”. L’intervento del presidente si è concluso con un lunghissimo applauso, segno tangibile di come le sue parole siano state fortemente condivise dalla platea.

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Sava: “Bambini costretti ad assistere allo spaccio, creature immolate al malaffare”

Anche il procuratore generale Lia Sava si è espressa sulla riforma: “Voglio sperare – ha detto – in un ripensamento sulla separazione delle carriere, che rischia di minare quei ponti che tutti insieme siamo invece chiamati a costruire e che contribuiscano al recupero della meritata fiducia dei cittadini nell’operato della magistratura, perché proprio la fiducia dei cittadini nella magistratura è uno fra i più preziosi riflessi dello stato di salute di una democrazia compiuta”. E’ stata lei a mettere poi in evidenza – come già aveva fatto l’anno scorso – il dilagare dello smercio di droga e le sue drammatiche ripercussioni sociali: “Abbiamo documentato situazioni di minori che assistono all’attività di spaccio dei loro familiari, creature immolate al malaffare”. E la “catastrofe della diffusione massiva di stupefacenti”, come ha sottolineato il magistrato, ha ormai una dimensione globale: “Nel bacino del Mediterraneo sono state individuate 3.600 organizzazioni criminali che riescono a gestire i traffici in modo agile. Grazie anche al dark web e all’uso di monete virtuali per il pagamento degli stupefacenti”.

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Caramanna: “Più attenzione per la giustizia minorile e non inutili riforme”

Una fotografia estremamente preoccupante che si lega all’intervento del procuratore per i minorenni Claudia Caramanna: “La giustizia minorile ha bisogno di aiuto, di personale amministrativo nelle cancellerie degli uffici giudiziari, di risorse professionali e finanziarie nelle strutture dei servizi sociali e nelle comunità di accoglienza. La giustizia minorile ha bisogno di più magistrati e di maggiori risorse amministrative, di programmi informatici che siano realmente adatti a gestire la specificità di questo settore giurisdizionale. La giustizia minorile ha bisogno di una vera e propria riforma organica”. E ha aggiunto: “La giustizia minorile ha bisogno di maggiore attenzione, quell’attenzione che, invece, vediamo riservata ad altre riforme di cui non si comprendono l’utilità e i benefici per i cittadini. L’attenzione per la giustizia minorile deve derivare dalla consapevolezza che essa costituisce un settore nevralgico, investire sul futuro dei minori significa investire sul futuro di tutti”.

Morosini: “Ingiusti attacchi alla sezione Immigrazione”

Un’attenzione alle persone più fragili e vulnerabili che è riecheggiata anche nelle parole del presidente del tribunale di Palermo Piergiorgio Morosini, che, solo per citare un esempio, ha istituito con la collaborazione anche degli avvocati e dell’università del capoluogo un particolare percorso di accoglienza per le vittime di violenze e maltrattamenti. Ma si è soffermato anche sulla sezione Immigrazione, duramente attaccata perché “si sarebbe sostituita al Governo nel giudicare se l’Egitto o il Bangladesh siano Paesi sicuri”, quando invece “ha verificato, come impone la Corte di giustizia europea, se fossero state rispettate le regole comunitarie, rimettendo gli atti alla stessa Corte”. E ha aggiunto: “Anche i magistrati della sezione Immigrazione del tribunale di Palermo sono stati bersaglio di una campagna di stampa con offese di ogni tipo e non ci è stata risparmiata neppure l’accusa che per un pregiudizio non avremmo aiutato il governo, accuse provenienti dal vertice del Governo, peraltro”.

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“La riforma porterà a giudici allineati, apatici, ubbidienti e invisibili”

Morosini si è poi soffermato “sugli effetti della riforma costituzionale in gestazione”, confessando “la mia grande preoccupazione, non solo per questi giovani magistrati che si accingono a svolgere funzioni così importanti e delicate, ma soprattutto per i cittadini destinatari del loro lavoro. Perché quella riforma che ha sulle labbra la separazione delle carriere, ma ha nel cuore la sensibile modifica degli equilibri tra magistratura e politica”. E ha rimarcato: “La combinazione tra doppio Csm, sorteggio secco dei togati e alta Corte disciplinare è una combinazione che crea le condizioni per avere in futuro dei giudici allineati, apatici, ubbidienti e invisibili. E’ questo quello che vogliamo?”.

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De Lucia: “Cosa nostra in fase di continua ristrutturazione”

Il procuratore De Lucia ha rimarcato che “nel distretto giudiziario di Palermo Cosa nostra è ancora fortemente presente e il fatto che nello scenario nazionale si parli poco di mafia ci inquieta”, ringraziando il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo per la sua presenza alla cerimonia “che è per noi motivo di conforto e ci incoraggia a continuare nel nostro lavoro”,.e le forze dell’ordine per “il loro eccezionale lavoro”. Il magistrato ha sottolineato che “Cosa nostra è in fase di continua ristrutturazione e il lavoro imponente che stiamo facendo tende a ridurre un meccanismo criminale che sta in questa terra da 170 anni e che, purtroppo, per un non breve periodo ci sarà per quanto grande sia lo sforzo della magistratura e delle forze di polizia del territorio”. Ma “gli strumenti per sconfiggere Cosa nostra – ha detto – stanno fuori da questo palazzo di giustizia”.

“Il passaggio successivo della riforma è un pm sottoposto al controllo dell’Esecutivo”

Anche De Lucia ha affrontato i pericoli legati alla riforma della giustizia ritenendo che nel progetto sia “ineludibile il passaggio successivo, quello del pm sottoposto al controllo dell’Esecutivo”. E ha ribadito che “il pubblico ministero deve essere quanto più possibile lontano dagli indirizzi di maggioranza del corpo elettorale e questa è la ragione per cui deve essere conservata l’autonomia, cosa possibile soltanto all’interno di un ordine giudiziario complesso nel quale la magistratura giudicante e quella requirente rimangono unite dal punto di vista ordinamentale. Mentre è già nei fatti e nella legge la separazione funzionale, molto forte e rigorosa, che noi oggi già abbiamo. Quindi, andare oltre su questo piano non sarebbe un buon servizio per i cittadini e non sarebbe un buon servizio per la Repubblica”, mettendo in guardia dalla possibilità che il pm non diventi tanto quello che “protegge gli amici e si dimentica dei nemici, ma l’esatto contrario, cioè un pubblico ministero la cui scelta può essere orientata dal potere politico verso il nemico”.

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Il presidente dell’Ordine degli avvocati: “Separazione delle carriere principio di civiltà”

Lo scontro sulla riforma ha visto in più casi contrapporsi avvocati e magistrati, ma l’intervento del presidente del Consiglio dell’Ordine degli avvocati di Palermo, Dario Greco, ha mostrato invece la profonda collaborazione tra le due categorie all’interno del distretto giudiziario (che comprende anche i tribunali di Termini Imerese, Trapani, Marsala, Agrigento e Sciacca): “Se la separazione delle carriere dovesse significare che il pm debba prendere ordini dal potere politico o dal ministro della Giustizia – ha detto – saremmo radicalmente contrari. Nulla potrebbe esservi di peggio”, ma, a suo avviso “istituire due Csm e distinguere le progressioni, le valutazioni, i trasferimenti tra giudici e pm consente di fare un ulteriore passo verso la parità tra accusa e difesa”. Ecco perché “la separazione delle carriere non può essere ridotta a uno scontro tra destra e sinistra o tra la politica e la magistratura, si tratta dell’affermazione di un principio di civiltà giuridica, secondo cui il giudice deve essere non solo terzo, imparziale ed equidistante dalle parti in causa, ma anche apparire tale”. 

“Vergognosa la situazione carceraria”

Greco ha sottolineato che “non appare in alcun modo condivisibile la persistente scelta di politica giudiziaria di inasprimento delle pene e di introduzione di nuovi reati” e ha richiamato l’attenzione sul fatto che “quando si vogliono difendere i principi costituzionali e le libertà democratiche, il primo sguardo dovrebbe essere rivolto alla situazione carceraria: viviamo in un Paese incivile e dobbiamo tutti quanti vergognarci. Nel 2024 rispetto al 2023 il numero delle persone detenute è aumentato di 1.695, raggiungendo 61.861 e con un sovraffollamento del 21% circa. Di queste, ben 15.134 persone sono presunte innocenti, perché ancora in attesa di sentenza definitiva”. Il presidente dell’Ordine degli avvocati ha poi segnalato il dato “estremamente preoccupante che riguarda i suicidi in carcere, passati da 83 del 2023 a 90 nel 2024, a cui si sommano 2.035 tentati suicidi e 12.544 atti di autolesionismo. Nei primi 20 giorni del 2025 si sono registrati ben 9 suicidi”.

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Il sindaco: “Grazie ai magistrati che con sacrificio contrastano mafia e criminalità”

Alla cerimonia hanno preso parte anche Maria Vittoria Marchianò, consigliera del Csm, i vertici delle forze dell’ordine, ma anche, tra gli altri, il presidente della Regione, Renato Schifani, l’arcivescovo Corrado Lorefice e il sindaco di Palermo, Roberto Lagalla che ha voluto ringraziare “i magistrati che ogni giorno portano avanti un’intensa ed instancabile attività, anche in collaborazione con le forze dell’ordine, per contrastare la mafia e ogni forma di criminalità, con incrollabile senso dello Stato, come ha evidenziato il presidente della Corte d’Appello Matteo Frasca. Desidero, inoltre, sottolineare l’importante valore delle parole pronunciate dal procuratore generale Lia Sava che ha ricordato la recente apertura del nuovo asilo di Danisinni come esempio di buone azioni da perseguire, specie nelle aree più difficili della città, anche per contrastare l’espansione degli atti criminali da parte dei più giovani, a dimostrazione di come, su questo fronte, sia necessario che ogni istituzione faccia la sua parte e con spirito di collaborazione tra le parti”.



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