Le elezioni presidenziali di oggi in Bielorussia rappresentano un momento cruciale per il futuro del Paese, un evento che mette in evidenza le sfide politiche e sociali affrontate dalla nazione sotto il regime di Aleksandr Lukashenko. L’attuale leader, al potere dal 1994, è ormai sinonimo di un governo autoritario che non mostra segni di cedimento, nonostante le crescenti tensioni interne e la pressione internazionale. L’autorità di Lukashenko, infatti, non è più riconosciuta a livello internazionale dal 9 agosto del 2020, quando si è svolta l’ultima tornata elettorale. Con un passato di elezioni contestate e una repressione crescente contro l’opposizione, il leader settantenne è certo di assicurarsi un settimo mandato consecutivo, mantenendo il controllo del Paese. Le elezioni del 2025 sono state anticipate dal mese di agosto ai più rigidi climi gennaio, una decisione che molti analisti vedono come un tentativo di scoraggiare le proteste di massa che caratterizzarono le elezioni del 2020. Al termine di quel voto, Lukashenko fu dichiarato vincitore con l’80 per cento dei consensi, un esito che ha generato accuse di frode elettorale, proteste diffuse e una dura repressione con migliaia di arresti.
Oggi il panorama politico è stato decisamente ridimensionato. La Commissione elettorale centrale ha respinto le candidature di diversi oppositori, lasciando spazio a pochi candidati di facciata che non rappresentano una vera minaccia al regime. Il 25 febbraio del 2024 Lukashenko ha annunciato l’intenzione di candidarsi a un settimo mandato e la sua candidatura è stata – in maniera abbastanza scontata – accettata dalla Commissione elettorale centrale (Cec) lo scorso 29 ottobre. Lo stesso giorno, la Cec ha respinto le candidature del leader del movimento Per la libertà Yuras Hubarevich, a causa di una presunta “violazione della procedura per la presentazione dei documenti”, e Aliaxandar Drazdou. Il 4 novembre, altri due candidature sono stati respinte, quelle di Diana Kovaleva e Viktor Kulesh, mentre ad altri tre è stato consentito di iniziare a raccogliere firme a sostegno delle loro candidature, una decisione che ha portato a sette le potenziali scelte per la carica di capo dello Stato. Tra questi figurano il candidato del Partito comunista Sergei Syrankov, Oleg Gaidukevich del Partito liberaldemocratico e l’ex portavoce del ministero dell’Interno Olga Chеmоdanova. Dopo la scadenza di inizio dicembre per la raccolta delle 100 mila firme necessarie a presentare la candidatura, la Commissione elettorale ha accettato solo cinque candidature.
A partire dal 2020, oltre 1.400 oppositori politici, tra civili e membri delle Forze armate, sono stati incarcerati. Secondo diverse relazioni indipendenti, molti di loro hanno subito torture, percosse e lunghe condanne in condizioni disumane. Tra questi vi sono figure di spicco come il premio Nobel per la pace Ales Bialiatski, fondatore del gruppo per i diritti umani Viasna. Anche diversi membri delle Forze armate che si sono opposti al regime hanno affrontato gravi conseguenze, alcuni di loro costretti all’esilio o imprigionati per aver manifestato dissenso. Lukashenko ha inoltre minacciato i cittadini con pene severe, inclusa la pena di morte, per qualsiasi forma di dissenso. In questi giorni le forze di polizia pattugliano le strade delle principali città, le manifestazioni sono proibite e qualsiasi forma di opposizione viene soffocata sul nascere.
Le elezioni parlamentari del 2024, in cui il 73 per cento dei seggi è stato assegnato a candidati fedeli al regime, hanno ulteriormente consolidato la stretta del presidente sul potere. Secondo New Eastern Europe, “i risultati del processo politico sono stati considerati una farsa”, una descrizione che riassume il sentimento diffuso tra gli oppositori del regime. La leader dell’opposizione in esilio, Sviatlana Tsikhanouskaya, ha denunciato pubblicamente queste violazioni, definendo l’ultimo voto “una farsa” e incoraggiando i cittadini bielorussi a opporsi al regime. Nonostante la dura repressione, il movimento di opposizione bielorusso continua a lottare per un futuro democratico. Leader in esilio come Tsikhanouskaya, che aveva sfidato Lukashenko nel 2020, stanno lavorando con Stati Uniti, Unione europea e altri partner occidentali per denunciare le violazioni dei diritti umani e promuovere sanzioni più severe contro il regime. Tuttavia, la realtà sul terreno rimane cupa, con la maggior parte dei dissidenti ridotta al silenzio o costretta all’esilio.
Lukashenko ha costruito il suo potere grazie al sostegno della Russia e negli ultimi anni il legame con Mosca si è ulteriormente rafforzato. Durante l’invasione russa dell’Ucraina, la Bielorussia ha svolto un ruolo chiave, permettendo a Mosca di utilizzare il proprio territorio per operazioni militari. Lo scorso dicembre, Minsk ha firmato un trattato che include garanzie di sicurezza nucleare, ospitando armi tattiche russe e preparando il terreno per il dispiegamento di missili ipersonici. Questo accordo è il culmine di una relazione che ha visto la Bielorussia dipendere sempre più dal sostegno economico e militare di Mosca, in cambio della fedeltà politica e dell’accesso strategico al territorio bielorusso per le operazioni in Ucraina. Il dispiegamento di armi nucleari tattiche e la preparazione per ospitare missili ipersonici russi dimostrano il ruolo crescente della Bielorussia come avamposto militare di Mosca. Di recente, Lukashenko ha affermato che “la Bielorussia ospita decine di armi nucleari tattiche russe”, un elemento che aumenta la tensione tra Minsk e i Paesi occidentali, in primis le vicine Polonia e Lituania.
Le elezioni presidenziali del 2025 si presentano come un ulteriore passo verso l’autocrazia per la Bielorussia. Lukashenko, ormai settantenne, si prepara a consolidare ulteriormente il suo potere grazie alla stretta sul sistema elettorale e alla dura repressione. Sarà importante, tuttavia, vedere come il movimento di opposizione risponderà alle misure restrittive del regime. La capacità di resistenza del movimento di opposizione, il crescente isolamento internazionale di Minsk – che non a caso ha rafforzato la sua partnership con i Brics – oltre che l’età sempre più avanzata di Lukashenko potrebbero aprire la strada a cambiamenti significativi.
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