La prima protesta, quella dei magistrati, era annunciata. La seconda, quella degli attivisti della rete A Pieno Regime è arrivata inattesa. Mattinata difficile quella che ieri ha trascorso a Napoli il ministro Nordio, venuto in città per l’inaugurazione dell’anno giudiziario nella storica Sala dei Busti del Tribunale di Castel Capuano. Il procuratore Nicola Gratteri non si presenta alla cerimonia, centinaia di toghe (400 dirà poi l’Associazione nazionale magistrati), come deliberato dal comitato direttivo dell’Anm in segno di protesta contro la riforma della separazione delle carriere (approvata in prima lettura dalla Camera), hanno ostentato la Costituzione mentre risuonavano le note dell’inno di Mameli, suonato dalla fanfara dei carabinieri, e hanno poi abbandonato la Sala dei Busti mentre il ministro della Giustizia iniziava il suo intervento. Quelli della rete a Pieno Regime, nel frattempo, avevano già esposto a
pochi passi da Castel Capuano uno striscione che faceva riferimento alla recente scarcerazione di Elmasry, comandante della polizia giudiziaria di Tripoli inseguito da un mandato di cattura della Corte penale internazionale perché accusato di avere torturato, stuprato ed ucciso nel carcere di Mitiga. Recitava: «Volevate cacciarli lungo il globo terracqueo, li portate a casa con i voli di Stato. Elmasry assassino, Nordio dimettiti».
Il ministro che è stato magistrato, mentre andava in scena la plateale rivolta dei suoi ex colleghi, si è schiarito la voce e ha iniziato ringraziando le autorità (dalla presidente della Corte di Appello, Maria Rosaria Covelli, al presidente della giunta regionale, Vincenzo De Luca) e ha poi fatto riferimento «alla ristrutturazione della Sala dei Busti, all’efficientamento della giustizia, alla bellissima Napoli ed alla virtuosa spesa dei fondi del Pnrr». È andato avanti così per 5 minuti prima di affrontare il tema al centro dello scontro: «È doloroso che qualcuno possa pensare che questa riforma costituzionale sia punitiva. Tutte le manifestazioni di dissenso sono benvenute, ma che si possa pensare che un ministro entrato a 30 anni in magistratura e che ha assistito alla morte di alcuni tra i suoi colleghi possa avere come obiettivo l’umiliazione della magistratura alla quale ha appartenuto lo trovo particolarmente improprio».
Ha incassato così l’applauso di molti tra gli avvocati presenti, che sposano la riforma, come ha chiarito nel suo discorso Carmine Foreste, il presidente del Consiglio dell’Ordine di Napoli. Il procuratore generale Aldo Policastro ha dato voce alla protesta dei suoi colleghi i quali erano ormai già da diversi minuti fuori dalla sala: «Le riforme approvate e quelle in via di approvazione – ha detto – ci sembra che ben poco abbiano a che fare con l’efficienza e la ragionevole durata del processo. Mentre si assiste a provvedimenti ispirati a grande rigore (un riferimento chiaro al disegno di legge sulla sicurezza che inasprisce le pene per reati quali le occupazioni o le manifestazioni non autorizzate, ndr) dall’altro si ridimensiona la normativa penale di controllo della Pubblica amministrazione con l’abrogazione del delitto di abuso di ufficio e lo svuotamento del traffico di influenze». Per poi proseguire: «La riforma che allarma tutta la magistratura, perché scardina l’assetto costituzionale del potere giudiziario e in futuro può porre in pericolo fortemente la sua indipendenza, è certamente quella costituzionale sulla separazione delle carriere tra requirenti e giudicanti e il conseguenziale doppio Csm con la nomina a sorte dei componenti togati».
Se motivata dalla temuta arrendevolezza dei giudici ai pubblici ministeri, la scelta del governo – secondo Policastro – «è platealmente smentita dalle alte percentuali delle assoluzioni, mediamente pari al 40%. Le carriere in concreto sono già separate se solo lo 0,53%, mediamente negli ultimi 5 anni, ha cambiato funzione». Il rischio, ha argomentato, è quello di «un pm isolato dalla giurisdizione e assai vicino, se non collegato, all’Esecutivo». Il quale non sembra intenzionato a fare un passo indietro neppure dopo la massiccia adesione delle toghe alla protesta: «Mi rammarica questo atteggiamento – ha commentato ieri Giorgia Meloni -. Le proteste sono legittime, ma i cittadini scelgono il programma di governo con il voto». Da fonti del ministero ieri è arrivata la sollecitazione a dare spazio alla posizione dell’avvocatura (a favere della riforma). Anche su questo è intervenuto Policastro: «Vorrei rivolgere un appello a riflettere sull’arretramento delle tutele che essa implica: avrete un pm più attento al risultato e meno ai diritti dell’imputato e certo con una minore inclinazione a investigare anche a favore dell’indagato e a chiedere l’assoluzione».
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