di – sabato 25 gennaio 2025 ore 08:00
Il Focus Energia e Sostenibilità di Confindustria, redatto lo scorso ottobre, scrive a proposito del costo dell’energia in Italia: Il divario di prezzo rispetto agli altri Paesi europei rimane importante, a ottobre il prezzo all’ingrosso in Italia è stato più alto dell’88% rispetto a quello francese (62,96 €/MWh), del 69% in più rispetto a quello spagnolo (72,62 €/MWh) e più del 35% rispetto a quello tedesco (86,10 €/MWh). Nel 2024, da gennaio a ottobre, in Italia il prezzo medio di mercato dell’energia elettrica è risultato superiore di 53,48 €/MWh rispetto alla Francia, di 31,86 €/MWh rispetto alla Germania e di 49,56 €/MWh rispetto alla Spagna.
Ma quali sono i motivi del maggiore costo elevato dell’energia in Italia rispetto ad altri Paesi europei? Risposta:
– dipendenza dal gas naturale: circa il 50% dell’energia elettrica italiana è prodotta in centrali alimentate a gas, una percentuale quasi tre volte superiore alla media europea; questa forte dipendenza rende l’Italia particolarmente vulnerabile alle fluttuazioni dei prezzi del gas sul mercato internazionale;
– meccanismo del mercato marginale: in Italia, il prezzo dell’energia elettrica è determinato dal costo della fonte più costosa necessaria a soddisfare la domanda, spesso il gas naturale, che l’Italia acquista dagli USA ad un prezzo 80 volte superiore a quello di quando comprava il gas dalla Russia; anche se una parte dell’energia proviene da fonti rinnovabili a basso costo, il prezzo finale riflette il costo marginale più elevato;
– iter burocratici complessi per le rinnovabili: l’Italia affronta procedure autorizzative lunghe e complesse per l’installazione di impianti rinnovabili, con tempi che superano i due anni per il fotovoltaico e i cinque per l’eolico; questi ostacoli rallentano la diffusione delle energie rinnovabili e aumentano i costi associati;
– dipendenza dalle importazioni energetiche: l’Italia importa una quota significativa dell’energia che consuma, esponendosi alle variazioni dei prezzi internazionali e aumentando i costi per consumatori e imprese.
Nel 2023 l’Italia si è posizionata tra i Paesi con le bollette elettriche più elevate. In particolare, le famiglie italiane hanno pagato in media 38,64 euro per kilowattora (kWh), una cifra superata solo dalla Germania, dove il costo medio è stato di 42,03 euro/kWh; in Francia il prezzo medio è stato di 23,65 euro/kWh, mentre in Spagna si è attestato a 26,02 euro/kWh. In termini di spesa annuale, nel 2023 le famiglie italiane hanno sostenuto una spesa media di oltre 960 euro per la bolletta elettrica, superando del 23% la media dell’Unione Europea. In confronto, in Francia la spesa annua è stata inferiore ai 660 euro, con un risparmio di circa 300 euro rispetto all’Italia. Anche Spagna e Svezia hanno registrato spese inferiori, con una media di circa 645 euro, mentre in Grecia la spesa è stata di 627 euro.
Questo dato italiano si è accentuato nel 2024 con una media di circa 100 euro per megawattora nel 2024. Il PUN index GME (PUN significa Prezzo Unico Nazionale) è schizzato dai 117 dell’ottobre 2024 ai 131 di novembre, ai 135 di dicembre e ai 144 del gennaio in corso.
Basterebbe questo per chiedersi: non sarebbe meglio essere non allineati e comprare liberamente il gas, ad esempio dalla Russia? La risposta è no, almeno finché ci sono i patrioti al governo, perché questi con i loro show hanno irritato Putin, che non vuole l’Italia, e solo l’Italia, all’eventuale tavolo della Pace. E ancora, che cosa fa il governo per snellire gli iter burocratici per le rinnovabili? Silenzio assordante!
Eppure il Segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres, è intervenuto al World economic forum di Davos con queste parole: Voglio dirlo forte e chiaro, è miope fare marcia indietro rispetto agli impegni presi in materia di clima … L’energia economica e abbondante delle rinnovabili renderà inevitabile la fine dei combustibili fossili. Ma, evidentemente, la miopia persiste.
La fame globale d’energia continua a crescere: nei prossimi anni per ogni anno ci sarà l’equivalente dei bisogni di energia del Giappone; si stima anche che possa esserci nei prossimi cinque anni la tendenza verso un eccesso di fornitura di petrolio e gas naturale liquefatto e verso un’ampia sovrabbondanza di capacità produttiva di fotovoltaico e batterie.
In risposta alle urgenze dei costi e all’aumento della domanda energetica, anche legata all’intelligenza artificiale, il Governo italiano non ha potuto/saputo fare di meglio che, oltre all’aumento del costo del gasolio (che si rifletterà sul rincaro dei beni alimentari), tirare fuori dal cappello il nuovo nucleare, presunto sostenibile, attraverso un quadro legislativo che sarà pronto, non per caso, dopo le elezioni del 2027 ed attraverso un percorso a tappe, che sembra essere il ritornello di altri temi scottanti, come il ponte di Messina. La visione all’interno del Governo, inoltre, non è univoca: mentre il Presidente del Consiglio auspica la fusione nucleare, che utopicamente dovrebbe risolvere entro una cinquantina d’anni tutti i problemi energetici dell’intero globo terracqueo, lo schema del disegno di legge ideato dal ministro Gilberto Pichetto Fratin ha come principale obiettivo, che potrebbe realizzarsi tra il 2032 e il 2040, i piccoli reattori modulari (Smr) e i reattori modulari avanzati (Amr).
Esaminiamo i quattro articoli del disegno di legge-delega.
L’articolo 1 specifica che il Governo è delegato ad adottare, entro ventiquattro mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti la disciplina per la produzione di energia da fonte nucleare sostenibile sul territorio nazionale, anche ai fini della produzione di idrogeno, la disattivazione e lo smantellamento degli impianti esistenti, la gestione dei rifiuti radioattivi e del combustibile nucleare esaurito, la ricerca, lo sviluppo e l’utilizzo dell’energia da fusione, nonché la riorganizzazione delle competenze e delle funzioni in materia, anche mediante riordino e modificazioni della normativa vigente.
L’articolo 2 specifica che servirà un programma nazionale per il nucleare (il Ministro auspica un Testo unico sul nucleare entro il 2027) ed afferma la disciplina della disattivazione e dello smantellamento delle installazioni nucleari esistenti sul territorio nazionale al momento dell’entrata in vigore della presente legge che non siano destinate alla ricerca, nonché la disciplina della destinazione d’uso dei relativi siti anche per mettere in piedi nuovi impianti di produzione di energia da fonte nucleare sostenibile sul territorio nazionale, anche ai fini della produzione di idrogeno.
Secondo le ipotesi di scenario si ipotizza un mix equilibrato di rinnovabili, nucleare e gas (con quest’ultimo che deve essere dotato di sistemi di cattura e stoccaggio della CO2 – la costosissima CCS – Carbon Capture and Storage): la quota ottimale di produzione da fonte nucleare coprirebbe tra l’11-22% della richiesta di energia elettrica (cioè 8-16 GW di capacità nucleare installata). Una grande importanza viene, inoltre, data all’utilizzo del nucleare per la produzione di idrogeno e al riutilizzo delle scorie nel riprocessamento del combustibile nucleare (la startup italiana newcleo nove giorni fa ha firmato quattro progetti di costruzione in Slovacchia basati sul riprocessamento). Vengono anche toccati lo smantellamento delle centrali esistenti e il problema delle scorie; da notare che, lo scorso ottobre, lo stesso Ministro aveva dichiarato: In base alle stime attuali, ipotizzando che tutte le fasi procedurali vadano a buon fine, si potrà ottenere l’autorizzazione unica per il deposito nazionale nel 2029, con la messa in esercizio prevista entro il 2039. Che non è dopodomani!
L’articolo 3 menzionano le tecnologie su cui puntare: modulari e avanzate, gli Smr e gli Amr, la cui sperimentazione verrà delegata a soggetti anche privati e aiutata eventualmente anche mediante forme di sostegno finanziario. Tra i punti c’è anche spazio per l’eventuale consultazione delle popolazioni, ma il Ministro ha detto in un’intervista di essere convinto che le nuove tecnologie nucleari, diverse da quelle vecchie oggetto dei quesiti del 1987 e 2011, non abbiano bisogno di nuovi referendum … che cosa? È sfuggito al Ministro il sondaggio Ipsos dello scorso novembre, che ha appurato: L’81% degli italiani (a giugno 2024, cinque mesi fa, erano il 75%) non ha dubbi sulla contrarietà a questa tecnologia … gli italiani hanno un’avversione su cui pesano la percezione dei rischi correlati e i costi nascosti, e che fa il paio con quella che i cittadini hanno espresso sulla distanza minima che dovrebbe avere un impianto nucleare dalla propria abitazione: il 41% non lo vorrebbe in nessun caso. Ma, a proposito di dove sistemare il nucleare sostenibile, governo e imprenditori hanno idee geniali: sistemarli nei luoghi di lavoro … col ricatto: Se vuoi lavorare, devi adattarti … è il lavoro, bellezza!
L’articolo 4 pone la clausola di invarianza finanziaria del progetto nucleare italiano: i decreti legislativi sono adottati senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Qualora uno o più decreti legislativi determinino nuovi o maggiori oneri che non trovino compensazione al proprio interno, i decreti legislativi stessi sono adottati solo successivamente o contestualmente all’entrata in vigore dei provvedimenti legislativi che stanzino le occorrenti risorse finanziarie.
E qui sorgono altri dolori! Il nucleare è un pozzo senza fondo! Edf, la società francese che gestisce le centrali nucleari, fortemente indebitata, nel 2023 è stata interamente nazionalizzata dal governo francese, con una spesa di oltre 9 miliardi a carico dei contribuenti. Gli ingenti costi del nucleare, quando non emergono in bolletta, vengono assorbiti e nascosti dalla fiscalità generale. Va ancora peggio con gli Smr, la cui elettricità costa ancora di più di quella prodotta dai grandi reattori. Anche guardando ai costi di sistema, il nucleare in Ue costerà quasi il doppio delle rinnovabili, mentre il costo di generazione dell’elettricità da fotovoltaico è crollato, dal 2009 al 2024, dell’83%.
Quello che preoccupa, dunque, è l’approssimazione delle conoscenze scientifiche del Governo, che investendo sul nucleare distrae soldi ed energie dall’unica strada sicura: il sole.
Se vi chiedessero Vuoi un uovo oggi e una gallina domani oppure una gallina tra quindici anni, che cosa rispondereste? Il Governo risponde: Una gallina tra quindici anni!
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