La Perla in vendita, via alle manifestazioni d’interesse – JUORNO.it / IL GIORNO

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Nel giorno in cui il ministro delle Imprese Adolfo Urso annuncia che quest’anno ci sono 250 milioni per il settore moda, inizia l’iter per trovare un nuovo padrone – il quinto in vent’anni – a La Perla. Stamattina è stato pubblicato l’invito a presentare manifestazioni d’interesse per acquisire gli asset del gruppo, a partire dal marchio e dallo stabilimento bolognese. Un passo accolto con soddisfazione da Urso: “Quella che era una delle crisi emblematiche del settore della moda, oggi può diventare il simbolo del rilancio industriale del comparto”. Parole arrivate mentre a palazzo Piacentini si apparecchiava il tavolo moda, a cui si sono sedute associazioni di categoria, sindacati e istituzioni territoriali.

A loro Urso ha detto che il governo destinerà 250 milioni nel 2025 al settore: “Una scelta strategica per sostenere un comparto che rappresenta l’eccellenza del made in Italy e un pilastro della nostra economia”, ha detto, definendo la moda “un asset strategico” da 100 miliardi di fatturato e 90 di export. “Per questo il settore è al centro della nostra politica industriale”, ha rivendicato. Si vedrà se la vendita del gruppo La Perla sarà “il simbolo della riscossa” del settore, come auspica Urso. Di certo in 71 anni di vita la maison bolognese fondata da Ada Masotti ha simboleggiato molto: la lingerie di lusso made in Italy negli anni d’oro, la crisi del settore in epoca più recente.

La procedura di cessione avviata oggi punta a individuare il cavaliere bianco entro primavera inoltrata, i più ottimisti sperano entro fine marzo. Con questo primo step i commissari straordinari della società produttrice La Perla Manufacturing danno tempo fino al 10 febbraio ai potenziali acquirenti per formulare manifestazioni di interesse. Le manifestazioni verranno vagliate dai commissari, d’intesa coi curatori e i joint liquidator di La Perla Global Management Uk, l’azienda di diritto britannico proprietaria del marchio. Quindi i soggetti in corsa avranno accesso alla data room, dove potranno effettuare la due diligence e visionare il bando di vendita. Seguiranno le offerte vincolanti e la selezione del miglior acquirente.

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Nel perimetro della cessione rientra La Perla Manufacturing, quindi lo stabilimento bolognese, insieme a un contratto di licenza del marchio con opzione di acquisto e a un’opzione di acquisto della parte italiana di La Perla Global Management Uk e di alcune partecipate estere (Emirati arabi e Cina). L’incognita riguarda la tenuta occupazionale. Le lavoratrici, 1.500 negli anni d’oro, sono state decimate da vent’anni di contrazione: oggi se ne contano 175 nella Manufacturing, 43 in La Perla Uk e undici in La Perla Italia (negozi).

Queste ultime non fanno parte del perimetro delle manifestazioni d’interesse, ma l’invito prevede l’ipotesi che possano rientrare nell’operazione, come auspica la Regione Emilia-Romagna. La società più grossa è in amministrazione straordinaria e la norma non prevede l’obbligo di riassumere tutte le lavoratrici. Per quella di diritto britannico, dato che l’acquisto degli asset è opzionale, non è obbligatorio riassorbire le dipendenti. La tutela dell’occupazione dovrebbe derivare dal bando di vendita, che darà peso non solo all’offerta economica ma anche al piano occupazionale. Sindacati e istituzioni hanno ricevuto rassicurazioni sul fatto che questo aspetto sarà tenuto in forte considerazione.

“Vedremo come risponderà l’imprenditoria del nostro Paese”, commenta Stefania Pisani della Filctem Cgil, auspicando la fine dell’era degli speculatori. Istituzioni e sindacati sperano in un soggetto industriale e in questi giorni circola il nome di Sandro Veronesi, patron di Oniverse. Sarebbe la terza volta che mister Calzedonia punta La Perla. La prima fu nel 2007, quando la famiglia Masotti, all’inizio della crisi, cedette il passo ma gli preferì gli americani di Jh Partners. Quell’avventura finì nel 2013, con un’asta in Tribunale in cui Veronesi ci riprovò ma fu sconfitto da Silvio Scaglia. Mister Fastweb, dopo cinque anni passati a inseguire il rilancio, vendette nel 2018 l’azienda a Lars Windhorst e alla sua Sapinda Holding, poi ribattezzata fondo Tennor, che a furia di procedure di licenziamento e grosse perdite di bilancio la portò dove si trova ora. Adesso un’altra chance, forse l’ultima, per salvare una realtà che ha fatto la storia della moda in Italia.



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