Il punto (di G.deTurris). Destra di governo e complesso della coda di paglia

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Un bosco di tricolori

Era meglio se la destra non avesse vinto.  Ovvero: Si stava meglio quando si stava peggio I lettori penseranno che io sia fuori di testa o che stia come minimo esagerando, eppure non è per me affatto così e se scrivo quello che scrivo ci sono dei motivi che preciserò.

Intanto ricordo che già da tempo ho pubblicato su queste pagine un articolo in cui si criticava che dai vertici di Fratelli d’Italia vinte le elezioni si fosse chiesto ai suoi rappresentanti a livello locale e nazionale di “cancellare le tracce” come scrissi, cioè di eliminare tutto quello che, soprattutto in rete o su Facebook, ricordava il periodo precedente alla vittoria elettorale, diciamo un passato militante e di opposizione, vittoria che evidentemente comporta degli obblighi, allo scopo di non essere presi di mira dagli avversari per il proprio passato politico documentato  sui social media. Si dimentica però un non trascurabile particolare: FdI ha vinto le elezioni del 2022 con una percentuale intorno al 30%, che dopo due anni continua sostanzialmente a mantenere e nelle elezioni europee del giugno 2024 (28,8%) e in tutti i sondaggi che vengono effettuati con regolarità a livello nazionale. Non so se la tendenza continuerà, però sta di fatto che adesso (dicembre 2024) è così. Inoltre, pare si dimentichi che gli elettori hanno decretato la vittoria di questo partito senza preoccuparsi più di tanto del suo passato complessivo o di coloro che ne fanno parte: è stato votato perché dava fiducia evidentemente e continua a darla e le vicissitudini dei singoli suoi rappresentati eletti o meno a quanto pare non ha inciso sulla decisione di fargli vincere le elezioni. Si tratta dunque del “complesso della coda di paglia”, la paura di essere criticati per certi aspetti del proprio passato o di finire in mezzo a inchieste di giornali nemici e stritolati senza che nessuno ti possa difendere perché il problema è proprio questo: la quasi totalità dei giornali, anzi dei media italiani è progressista o di sinistra oppure falsi moderati, e la difesa avviene solo da poche testate che non rappresentano la maggioranza dell’opinione pubblica nonostante che quest’ultima sia, come si è visto appunto dalle elezioni, schierata dalla parte del governo, cioè del centrodestra. Una discrepanza tra votanti e informazione che dovrebbe far meditare chi di dovere. Ma, fatta questa lunga premessa/precisazione, da cosa nascono le parole iniziali che avranno scandalizzato i lettori? È semplice, da un’esperienza diretta e cioè il convegno che si è effettuato il 23 novembre 2024 per ricordare i 50 anni dalla morte di Julius Evola, il filosofo tradizionalista che ancora, a quanto pare, resta un tabù della cultura italiana e non solo quella progressista e di sinistra, come peraltro è sempre stato, ma proprio di quella di destra che ha vinto le elezioni e che continua ad avere, ripeto, la “sindrome della coda di paglia” di venire crocifissa a un nome che resta il bau bau dell’italica cultura, il Barone Nero anche se non ha commesso crimini, non ha incitato alla sovversione, che nell’immediato dopoguerra e durante il Sessantotto ha invece invitato a scegliere “il male minore”, ha predicato la razionalità come dimostrano innumerevoli testimonianze e libri (dal mio Elogio e difesa di Julius Evola. Il Barone e i terroristi, Mediterranee, al recente Il filosofo in prigione di Guido Andrea Pautasso, Oaks),  a differenza invece di quello che fecero i “cattivi maestri” che stavano dietro le Brigate Rosse i cui rappresentanti non è insolito che, ancora decenni dopo,  vengano chiamati in luoghi istituzionali come le università a testimoniare della loro esperienza terroristica, e del resto una docente dell’Ateneo romano, certa De Cesare, che ha usato il termine “evoliano” come una diffamazione nei confronti dell’attuale ministro della Cultura, è come si dice a Roma pappa e ciccia con una ex brigatista quale Barbara Balzerani, essendo giunti sui media gli scambi affettuosi fra le due signore: ne è per caso nato uno scandalo politico-culturale clamoroso? Direi proprio di no. Tutto si è limitato a qualche cicchetto, a qualche buffetto sulla guancia da parte di chi non condivideva, a qualche minaccia della rettrice della Sapienza, che mi pare sia rimasta tale…

Detto questo per far capire l’aria di doppiopesismo che continua a tirare dopo due anni di governo di centrodestra, cosa è accaduto il 23 novembre, anzi prima?

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È successa una cosa in apparenza assai banale, vale a dire proprio per l’occasione del cinquantenario, si era alla ricerca di una sala più prestigiosa o autorevole rispetto a quella usata ogni anno per i convegni evoliani e per ottenerla ci si è rivolti tramite amici a alcune istituzioni per vedere se la potevano segnalare o affidare. Niente di trascendentale, ma tutto inutile, e perché? Ma perché c’è di mezzo il terribile nome del Barone Nero che fa tanta paura ai politici di centro-destra, anzi di destra-destra che qualche cosa potevano di certo fare anche indirettamente. Ma se poi si fosse saputo? Se fosse rimbalzato sulla stampa, su Rai 3? Ah, sarebbe stata una tragedia perché le opposizioni politiche e mediatiche avrebbero accusato chi di dovere di aver promosso il pensiero del “filosofo del nazismo”, come qualche ignorante fazioso definì Evola in una trasmissione di Rai 3. E come si sa le odiose falsità in TV contro il pensatore tradizionalista non si riesce a smentirle né con una replica né con un contraddittorio, come fu con una certa Serri ospite della trasmissione prandiale Quante storie di Giorgio Zanchini, non fu possibile ottenerla.  Si fosse trattato di un altro personaggio e si fossero avuti gli appoggi giusti, si sarebbe ottenuto qualcosa… Alla faccia della democrazia!

Quindi niente. Si è fatto il convegno con la presenza tutta di docenti universitari che non hanno avuto certo paura di intervenire e di un pubblico numeroso soprattutto durante la mattina.

Ma in passato quando non c’era il centrodestra al potere che cosa è successo? È successo, cari amici, esattamente il contrario all’epoca in cui era assessore alla cultura del comune di Roma sotto Rutelli e Veltroni  dal 1993 al 2006  Gianni Borgna, che siamo riusciti ad ottenere quanto attualmente non siamo riusciti a ottenere, cioè sedi in cui fare convegni degni dell’argomento, ad esempio nel 1994 la sala di Piazza della Chiesa Nuova dove intervennero anche il novantenne fondatore della psicanalisi   italiana  Emilio Servadio e un molto più giovane critico d’arte Vittorio Sgarbi… E non è tutto! In quello stesso anno Borgna organizzò un convegno sponsorizzato dalle massima istituzioni culturali nazionali e con la partecipazione di relatori di tutte le tendenze politiche e ideali su – pensate un po’ – i cinquant’anni dell’assassinio di Giovanni Gentile, il cosiddetto “filosofo del fascismo”… Immaginatevi se una iniziativa di questo genere sarebbe possibile attualmente, quando si ha paura della propria ombra…

Ed è per tutto questo che mi sento legittimato di dire: era meglio se non vinceva il centro-destra perché chiunque avesse vinto al suo posto non si sarebbe comportato nella maniera che ho descritto.

Comunque sia, si è fatto in ogni situazione quel che doveva essere fatto, secondo una massima del Canone Buddhista spesso citata da Julius Evola. E si è tranquilli con la propria coscienza.  Gli altri non so. Ma forse si sono dimenticati, presi come sono, di averla…

@barbadilloit

Gianfranco de Turris

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