Autovelox, la direttiva del governo a prefetti e comuni per arginare i ricorsi

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In attesa che siano emanate le norme di omologazione degli autovelox, il ministero dell’Interno prova ad “arginare la consistente mole di ricorsi” presentati dagli automobilisti dopo l’ordinanza con cui la Cassazione, a maggio e a luglio 2024, ha stabilito che solo le apparecchiature omologate (e in Italia nessuna di quelle attualmente in uso lo è, essendo tutte solo approvate) “costituiscono fonte di prova per il riscontro del superamento dei limiti di velocità”; e che dunque, le violazioni accertate con strumenti non omologati sono illegittime.

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Istruzioni per l’uso dei ricorsi. Con una circolare inviata ieri alle prefetture (e indirettamente agli enti locali in relazione ai ricorsi ai giudici di pace), il ministero dà indicazioni su come gli Uffici territoriali del governo e le amministrazioni dovranno rispondere all’offensiva degli automobilisti. Insomma, una sorta di istruzioni per l’uso dei ricorsi, accompagnate da un richiamo alla compattezza (“si pregano gli uffici … di volersi attenere alle indicazioni fornite … in modo da rappresentare uniformemente le ragioni di questo dicastero”) e alla disciplina (“si confida nella consueta e fattiva collaborazione di codesti uffici nella delicata materia”).

“Approvazione = omologazione”. E quali sono queste indicazioni? Sono quelle fornite al dicastero guidato da Matteo Piantedosi dall’Avvocatura generale dello Stato, a cui il Viminale si era rivolto dopo i pronunciamenti della suprema corte. Semplificando al massimo, si suggerisce di fare leva, “sin dal giudizio di primo grado”, sulla “piena omogeneità tra le due procedure, di omologazione e di approvazione” presentando “elementi, in particolare documentali, che non sono stati esaminati” dalla Cassazione. Quali? Il decreto di approvazione dell’autovelox utilizzato “e, soprattutto, decreti di omologazione di strumenti altri e diversi da quelli volti a verificare il superamento dei limiti di velocità. Soltanto in tal modo”, sottolinea il ministero dell’Interno, “sarà possibile rappresentare fondatamente e soprattutto in maniera innovativa rispetto ai precedenti giudizi … la sostanziale omogeneità tra i procedimenti” (di omologazione e di approvazione, ndr) e, quindi, “l’assenza di qualsivoglia deficit di garanzie per il privato di un accertamento operato mediante apparecchiatura soltanto approvata e non omologata“.

La pezza peggio del buco. Peccato che attualmente le uniche apparecchiature a essere omologate siano quelle per l’accesso alle Ztl, situazione totalmente diversa rispetto all’accertamento della velocità. Insomma, un tentativo legittimo e comprensibile, per carità, ma anche piuttosto goffo di metterci una pezza, confidando, davanti al giudice di pace e in tribunale, più nello stellone che nel diritto visto che, lo ammette lo stesso ministero citando l’Avvocatura, alla fine “un ricorso per Cassazione volto a censurare il recente indirizzo giurisprudenziale”, sia pure con riferimento a norme non rappresentate finora, “si esporrebbe a una elevata alea  di inammissibilità o, quantomeno, di infondatezza”. Come dire che senza una soluzione definitiva, ossia l’omologazione in seguito all’emanazione di specifiche norme, c’è ben poco da fare. Se non è una resa, poco ci manca.

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