di Erika Noschese
Con la proroga delle concessioni balneari fino al 2027, le strutture attive sul territorio provinciale hanno la possibilità di calendarizzare interventi e proposte finalizzate al mantenimento dello status quo, in termini di permessi chiaramente. Per chi ha investito, per anni, su strutture balneari e, in tanti casi, in strutture ricettive direttamente collegate all’accesso in spiaggia, è sicuramente un problema immaginare di dover lottare per quanto avuto finora in concessione. Ancor più difficile, infatti, diviene immaginare che da concessionari si possa passare a non avere più potestà su simili impianti, magari tramandati di generazione in generazione da famiglie che hanno voluto spendersi per la risorsa turismo e per la ricettività, in generale: infatti i bandi non prevedono, di base, una vera tutela per gli attuali concessionari proprio perché s’intende creare un circuito in cui si ritiene che la rotazione delle concessioni possa portare maggiori benefici ai territori.
Dello stesso avviso è Arturo Giglio, direttore responsabile (anche se oggi si usa dire “manager”) delle strutture “La Isla Bonita” e “La Isla Resort”.
Concessioni prorogate fino al 2027: decisione positiva o negativa?
«Sicuramente è positiva. Certo, adesso la palla è passata ai Comuni, perché dovranno essere loro, entro il 2027, ad organizzarsi per espletare, ognuno a suo modo, le gare. Capaccio, ad esempio, ha già fatto le gare e ha anticipato i tempi sul tema, ora tocca al resto del territorio. Ogni Comune deve organizzarsi».
Non è il Governo a doversi attivare, quindi.
«Una volta ufficializzata la proroga fino al 2027, hanno passato la palla ai Comuni. È a loro che tocca bandire le gare, ognuno con propria gestione, senza l’intervento né della Regione né del Governo centrale».
Vale anche per le aree demaniali, quindi, e non solo per quelle comunali.
«Nel caso di specie del Comune di Pontecagnano, in cui sono direttamente coinvolto, parliamo principalmente di aree demaniali poiché di aree comunali non c’è quasi nulla. Qui a Pontecagnano, per la verità, ci stiamo organizzando sin da ora, al fine di evitare di arrivare a ridosso della scadenza della proroga. Tra il 2025 e il 2026, al massimo, sarà bandita la gara e poi si effettueranno le assegnazioni. Il Comune e gli uffici competenti sono già pronti: si stanno attendendo ulteriori verifiche da parte della Regione, in merito, ma l’indirizzo è quello di chiudere ben prima del 2027».
C’è il rischio che alcuni concessionari possano vedersi privati delle loro strutture?
«Le gare vengono espletate proprio per questo motivo: si cerca di dare possibilità di far girare le concessioni. Il discorso è questo: nel momento in cui si effettua la gara e si creano dei “vestiti su misura”, è normale che le “garette” le vincono sempre gli stessi. Se si svolgono, invece, le gare pubbliche, lo scopo diventa proprio l’opposto: far intervenire persone diverse da quelle che sono già presenti, anche con attività che si tramandano di generazione in generazione. Certo, c’è il rischio che possano intervenire grandi gruppi, che potranno però prendersi altre zone: forse non le nostre zone, ma Costiera Amalfitana, Sorrentina e romagnola, per dirne alcune, sì: c’è il rischio, lì, che grandi gruppi e grandi catene alberghiere possano appropriarsene».
A lei sembra giusto?
«La normativa è europea: la Bolkestein non l’abbiamo inventata noi».
Anche nella sua area di investimento, dunque, potrebbero esserci sorprese.
«Sono fiducioso, sulla questione, perché la nostra zona non è appetibile come quella che può essere Amalfi o Sorrento o Positano, cioè aree ad alto flusso turistico. Le nostre sono zone meno battute dal turismo di massa. La possibilità c’è, sicuramente, ma rispetto all’appetibilità della Costiera si registra una situazione molto diversa rispetto a comuni quali Pontecagnano, Eboli e Battipaglia. La stessa Salerno non ha grandissime spiagge che possano essere appetibili dal punto di vista della balneazione, o di un grande albergo che magari ha la possibilità di far scendere i clienti sulle spiagge con ingresso diretto. Può succedere, però, che in Costiera ci siano strutture anche piccole, con piccole porzioni di spiaggia privata, più interessanti poiché si può lavorare per far scendere i clienti direttamente su quelle piccole aree di competenza. O magari anche nell’area che contiene una piscina».
A discapito, quindi, di chi sul territorio ha investito e continuerà, fino al 2027, a investire.
«Questo è l’aspetto negativo della situazione delle concessioni e delle gare di appalto ad esse annesse. C’è però da dire un’altra cosa: c’è una discreta fetta di imprenditori che aprono solo nel periodo estivo, quindi soltanto per 3-4 mesi. Quindi investono poco, c’è poco decoro, si registrano situazioni al limite. Magari potrebbe essere anche questo un pungolo per poter cercare di ampliare, rinnovare, creare un po’ di decoro, perché anche quello è importante. Ben venga, quindi, se ci fosse un ricambio di imprenditori e possano venire sul territorio imprenditori più giovani, con voglia di fare, che investano in questo settore. Dalla nostra, fortunatamente, abbiamo il clima: si può lavorare 6 mesi e più all’anno, si può anche destagionalizzare. Ci sono però imprenditori che hanno concessioni da una vita ma poco fanno, nel concreto. Papà che passano ai figli, di generazione in generazione, e modus operandi rimasti fermi agli anni Sessanta. Bisogna cercare di migliorare e di essere al passo con i tempi».
Quindi, paradossalmente, gli investimenti non ci sono. O almeno, non così tanti.
«Lo dico come imprenditore: c’è necessità che noi diamo un’offerta migliore al cliente. Oggi siamo bravi a goderci i momenti in cui si esclama, a voci unite, “finalmente ci sono i turisti”. Ma i turisti vogliono offerta: con l’apertura dell’aeroporto, da qui a due anni, ci saranno tantissime persone che arriveranno da ogni parte del mondo. Perché, quindi, farsi trovare impreparati? Perché non mettiamo le strutture in condizione di poter migliorare realmente? C’è bisogno che si investa».
Magari anche per rendere il mare accessibile a tutti. Sia in termini di accessibilità sia di welfare.
«Dal punto di vista dell’accessibilità, tutte le strutture sono obbligate a non avere barriere architettoniche. Siamo nel 2025 e ho paura, pensando che non ci siano ancora strutture adeguate ad ospitare. Se invece ci spostiamo sul punto di vista economico, certo: la domanda fa l’offerta. Quindi negli ultimi anni si è andati sicuramente oltre. Questo è dovuto a un’iniezione di denaro nella società, coi bonus ancora legati alla pandemia, che ha fatto credere che il popolo fosse in ottime condizioni. Invece era solo fumo: la gente ha ancora problemi, ci sono persone in difficoltà. Il mare e la spiaggia sono un optional, non sono una cosa che la famiglia può permettersi: anche lì, con le nuove concessioni, bisognerà provare ad essere un po’ più alla portata di tutti. Poi c’è da dire che, in base ai servizi, ognuno richieda quanto possibile. Quello che è importante definire nelle concessioni è il ristoro nel caso di perdita della concessione: se dalla sera alla mattina si ritrova fuori dopo quattro anni di investimenti, bisogna ristorare chi ha fatto investimenti onde evitare contenziosi. Lì bisogna intervenire, prima di fare i bandi, per specificare bene, nel momento in cui si perde la concessione, cosa succede a tutto quello che si è creato in quell’area. Anche lì i Comuni si stanno organizzando, per dare delle opportunità in più a chi aveva già investito. Chi subentra dovrà dare un tot non quantificabile, al momento, ma sulla base di quanto investito. Lì è importante capire e intervenire, perché intere famiglie vivono di questo. È vero che magari non hanno investito quanto avrebbero potuto e dovuto, ma si tratta di una struttura esistente quindi c’è un avviamento, ha una sua clientela quello stabilimento. Nel tempo, magari, avranno acquistato la parte centrale, creando strutture in legno o ferro o altro ancora. Si tratta comunque di investimenti: certo non può uscire, un concessionario, senza avere un ristoro di quello che è stato. Anche se poco, gli va dato, altrimenti è una forzatura. Poi il nuovo concessionario deciderà cosa fare, ovviamente, ma il preesistente va valutato e risarcito. Anche se si tratti di una baracca o di una struttura appena rinnovata».
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