Il mese di gennaio offre qualche timido segnale di incoraggiamento per l’economia dell’Eurozona, attraverso l’indice Pmi Composito della Produzione che registra un andamento in crescita. Le spinte inflattive non sono tuttavia state domate e il contesto resta quello di un’economia che necessita ancora di sostegno. Segnali per la Bce, che si riunirà la settimana prossima, e le cui decisioni dovrebbero comunque restare sul sentiero di una politica di accomodamento.
Pmi composito torna sopra quota 50 trainato dai servizi
L’indice HCOB Pmi Composito è salito a 50,2 in gennaio, rispetto al 49,6 di dicembre, registrando così il dato più alto degli ultimi cinque mesi. Il settore dei servizi è stato quello trainante, facendo registrare in gennaio il secondo aumento mensile consecutivo (51,4), anche se lievemente inferiore al dato di dicembre, pari a 51,6.
Per quanto riguarda l’attività manifatturiera, l’indice ha raggiunto i 46,1 punti, comunque un livello di contrazione ma il dato migliore degli ultimi otto mesi. La produzione manifatturiera continua a restare ben sotto il dato di non cambiamento di 50 punti, attestandosi a 46,8, registrando però un valore più alto rispetto al 44,3 di dicembre.
Germania guida l’espansione, Pmi Francia in contrazione
Il miglioramento del Pmi è stato guidato dalla buona performance della Germania, che ha registrato un livello di 50,1, in salita dai 48 punti di gennaio, e il dato più alto degli ultimi sette mesi. Contrazione invece per la Francia, con l’indice a 48,3 punti.
“L’inizio del nuovo anno è leggermente incoraggiante. Dopo due mesi di contrazione, il settore privato è timidamente ritornato crescere. “, ha detto Dr. Cyrus de la Rubia, Chief Economist presso Hamburg Commercial Bank.
Si deve registrare tuttavia una persistente debolezza della domanda, che continua a limitare la ripresa della zona Euro.
“La crescita continua ad essere ostacolata da una debole domanda internazionale“, ha detto Bert Colijn, Chief Economist di ING, facendo notare il continuo declino degli ordini di esportazione e l’impatto che potrebbe avere la nuova amministrazione Trump a Washington. “Con i dazi americani che incombono di nuovo sul settore manifatturiero dell’Eurozona, l’outlook resta cupo“.
Persistono spinte inflattive e si riflettono nei prezzi al consumo
Anche se il focus si sta spostando prevalentemente sulla crescita, le pressioni inflazionistiche rimangono comunque un motivo di preoccupazione. I costi di produzione nel manifatturiero hanno registrato il primo aumento in quattro mesi, dovuto in parte alla debolezza dell’euro e all’aumento della tassa sulla CO2 in Germania. Nel settore dei servizi i prezzi sono rimasti alti, probabilmente a causa del rialzo dei salari, di fatto registrando il dato più alto in nove mesi.
Le spinte inflazionistiche si sono trasferite ai clienti finali attraverso i prezzi di vendita, in accelerazione rispetto a dicembre, arrivati al livello massimo degli ultimi cinque mesi. La Germania è stato il paese con il maggior rialzo, il più alto dal febbraio 2024. Solo la Francia ha registrato un calo dei prezzi nell’Eurozona, per la prima volta in quasi quattro anni.
L’impatto sulle decisioni Bce per la prossima settimana
La Banca Centrale Europea si riunirà a Francoforte giovedì prossimo, 30 gennaio, e le aspettative sono per un ulteriore taglio dello 0,25% ai tassi d’interesse.
“In vista della riunione della Bce della prossima settimana, le notizie sul fronte dei prezzi non sono incoraggianti. L’inflazione dei costi nel settore dei servizi ha indicato un rialzo, con la presidente Christine Lagarde che ha già dichiarato di monitorare la situazione attentamente”, ha detto de la Rubia, concludendo che “dato l’attuale stato di debolezza economico, la Bce probabilmente manterrà, per il momento, il suo ritmo graduale di taglio dei tassi di interesse.”
Dello stesso avviso Colijn, che nota come l’istituto di Francoforte abbia inviato segnali in questa direzione anche dal meeting del World Economic Forum di Davos questa settimana. L’economista di ING ha sottolineato che “mentre i maggiori rischi di inflazione si sono ridotti”, i dati offerti dal Pmi “mostrano che rischi di impennate di inflazione non siano ancora una cosa del passato”.
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