Pensioni, requisiti in aumento, ma il nodo è la speranza di vita

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Nel 2027 l’età pensionabile potrebbe salire a 67 anni e 3 mesi, con requisiti più stringenti anche per l’uscita anticipata. Le proiezioni fino al 2084

Nel 2025, per andare in pensione, bisognerà avere almeno 67 anni di età e 20 anni di contributi, a meno che non si rientri tra i pochi fortunati che possono approfittare delle opzioni di uscita anticipata.
Ma attenzione: lo scenario potrebbe presto cambiare, con l’età pensionabile destinata a salire ancora, fino a 13 mesi in più entro il 2040, e requisiti più stringenti anche per chi sogna la pensione anticipata.
Il dato emerge dalle stime aggiornate della Ragioneria generale, che ha effettuato un calcolo, sulla base delle proiezioni Istat, dell’età pensionistica nei prossimi anni.
Un quadro che, in ogni caso, dipende dalla decisione del Governo di rendere operativo l’aggancio dei requisiti alla speranza di vita.

Chi potrà andare in pensione nei prossimi anni

La premessa, dunque, è d’obbligo: questo adeguamento è di fatto congelato fino al 2026 e si sbloccherà solo con una decisione meramente politica, da tradursi in un decreto del ministro dell’Economia, scritto di concerto col ministro del Lavoro. E il ministro Giorgetti ha anticipato la volontà di sterilizzare la situazione.
Se però si applicasse l’adeguamento, secondo la Ragioneria già nel 2027 l’età minima per la pensione di vecchiaia salirebbe a 67 anni e 3 mesi. E, nello stesso anno, sarebbero ammessi alla pensione anticipata i lavoratori con 43 anni e 1 mese di contributi e le lavoratrici con 42 anni e un mese di versamenti.

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Le proiezioni continuano con la soglia di vecchiaia a 67 anni e 5 mesi nel 2030, a 68 anni e 1 mese nel 2039, a 68 anni e 11 mesi nel 2050, a 70 anni nel 2067 e 70 anni e 8 mesi nel 2084.  La corsa dovrebbe frenare nei successivi 26 anni, con un incremento dell’età pensionabile sotto i 2 anni.
I calcoli della Ragioneria si basano sule previsioni demografiche Istat di lungo periodo, che considerano indicatori come il tasso di fecondità, il flusso migratorio netto e soprattutto la speranza di vita, prevista a 85,8 anni per gli uomini e 89,2 per le donne nel 2070 e rispettivamente 86,1 e 89,7 nel 2080.

Le pensioni anticipate

Come detto, l’adeguamento dei requisiti pensionistici alla speranza di vita avrebbe un impatto anche sulle pensioni anticipate ordinarie. I versamenti minimi richiesti salirebbero così a 43 (42 per le donne) anni e 3 mesi nel 2029, 43 (42) e 11 mesi nel 2039, 46 (45) anni nel 2069 e 46 (45) anni e 6 mesi nel 2083.
Per il 2025, va ricordato, la Legge di bilancio ha confermato, pur con qualche modifica, anche altre forme di possibile uscita anticipata. In primis, “Quota 103”, che consente di andare in pensione con 62 anni di età e 41 di contributi, con un tetto all’importo dell’assegno fino al raggiungimento di 67 anni.

Opzione donna” è invece riservata a lavoratrici caregiver (conviventi da almeno 6 mesi con un familiare disabile grave), invalide (almeno al 74%) o dipendenti di un’azienda in crisi, con 61 anni di età (e riduzione di 1 anno per ogni figlio, fino a massimo 2) e 35 di contributi. Il calcolo della pensione avviene inoltre su base interamente contributiva.
Ad “Ape sociale” possono invece accedere disoccupati, caregiver, invalidi e addetti a lavori gravosi con 63 anni di età e almeno 30 di contributi (36 per l’ultima categoria). Chi svolge lavori usuranti può infine chiedere di uscire dal lavoro a 61 anni e 7 mesi e 35 di contributi, che sommati devono però raggiungere quota 97,6.

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I numeri dei pensionamenti nel 2024

Dal rapporto dell’Inps sulle pensioni del 2024 emerge però un deciso calo di chi chiede di accedere anticipatamente alla pensione. Dopo il boom con “Quota 100”, quando si era superata quota 333 mila, lo scorso anno si è scesi poco oltre 215 mila, in calo (del -15,7%) anche rispetto alle oltre 255 mila del 2023.
L’importo medio mensile dell’assegno ha evidenziato un deciso gap a favore degli uomini: 2.231,06 contro i 1.886,83 delle donne, con una differenza del 15,43%. Il divario è ancor più ampio, di poco inferiore al 29%, se si guarda invece al totale delle pensioni: 1.047,71 euro medi al mese per le donne, 1.475,28 per gli uomini.
Quanto al numero di nuove pensioni di vecchiaia, il rapporto Inps indica invece una flessione leggerissima su base annua, visto che, nel 2024, hanno lasciato il lavoro esattamente 254.213 persone contro le 256.342 del 2023.

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Pensioni in attesa di una riforma

Gli interventi del Governo attraverso la manovra, in ogni caso, hanno sostanzialmente tenuto in vita il sistema disegnato dalla legge Fornero. Ma da tempo si invoca una radicale riforma.
Tanto più considerando che proprio la Ragioneria prevede che la spesa pensionistica, che dovrebbe toccare il 17,1% del Pil nel 2040, sia destinata ancora a crescere.
Questo si lega in primis all’aumento del rapporto tra pensionati e occupati e al raggiungimento dell’età pensionabile delle generazioni del “baby boom”. E l’innalzamento dei requisiti, insieme all’applicazione di un sistema interamente contributivo, può solo in parte contenere gli effetti di questa situazione.

Il tutto sebbene la rivalutazione delle pensioni nel 2025 sia stata limitata, effettuata sulla base di un tasso di inflazione stimato allo 0,8%, l’incremento del trattamento minimo Inps sia aumentato appena da 614,77 a circa 617 euro al mese e l’assegno sociale sia passato a 538,68 euro mensili.

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Alberto Minazzi



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