Pensioni, ecco da quando non basteranno più 67 anni per smettere di lavorare

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Oggi per andare in pensione in Italia bisogna aver compiuto 67 anni (oltre ad aver maturato 20 anni di contributi), per quanto tuttavia esistano delle alternative che consentono di smettere di lavorare con leggero anticipo. Basti guardare a quanto emerso dall’ultimo rapporto Inps secondo il quale l’età media effettiva per il pensionamento in Italia – considerando quindi tutte le forme di accesso alla pensione e non solo quella di vecchiaia – è appena superiore ai 64 anni.

Tuttavia, così come gran parte dei Paesi di Europa che hanno avviato un percorso che porterà a un incremento dell’età pensionabile nei prossimi anni, anche in Italia dobbiamo prepararci a un momento in cui 67 anni di età non saranno più sufficienti per andare in pensione, con un conseguente aumento anche dell’età pensionabile effettiva.

A prevederlo è stata per prima la legge Dini del 1995, stabilendo che i requisiti per l’accesso alla pensione debbano essere adeguati periodicamente alle speranze di vita, garantendo così sostenibilità all’intero sistema pensionistico. Si evita, infatti, che un aumento dell’aspettativa di vita comporti un maggiore aggravio per le casse dell’Inps visto che dovrebbe erogare le pensioni per più anni.

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Un sistema che poi è stato leggermente rivisto dalla legge Fornero di qualche anno dopo – era il 2011 – quando venne stabilito che a decorrere dal 2019 questo adeguamento ci sarebbe dovuto essere ogni due anni.

Tant’è che rispetto a quanto stabilito da quella riforma – quando l’età pensionabile per la pensione di vecchiaia fu fissata a 66 anni – già oggi si va in pensione un anno più tardi.

L’aumento dei requisiti per andare in pensione

L’ultimo adeguamento tra i requisiti per andare in pensione e le aspettative di vita c’è stato nel 2019, quando l’età pensionabile è salita di ben 5 mesi. E ce ne sarebbero stati altri nel 2021, 2023 e 2025 se non ci fosse stata la pandemia che ha causato un vero e proprio crollo delle speranze di vita. Ecco perché i requisiti per andare in pensione sono fermi al 2019, ma non sarà sempre così.

Nonostante le rassicurazioni del governo, infatti, nel prossimo appuntamento con l’adeguamento in oggetto dovrebbe scattare un piccolo incremento che secondo le previsioni dovrebbe essere di 2 o – come indicato nel simulatore Inps, poi corretto dopo le polemiche di una parte della politica – 3 mesi, con l’età per la pensione di vecchiaia che potrebbe così salire sopra i 67 anni già dal 2027. Adeguamento che inoltre riguarderebbe anche l’età per la pensione di vecchiaia contributiva – oggi pari a 71 anni – e per la pensione anticipata (sempre riservata ai contributivi) per la quale sono sufficienti 64 anni e 25 anni di contributi.

Lo stesso varrebbe per la pensione anticipata per la quale, non essendoci un requisito anagrafico (si può smettere di lavorare indipendentemente dall’età anagrafica) l’adeguamento interesserà la parte di contributi richiesta, oggi pari a 42 anni e 10 mesi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne. Un aspetto che secondo molti – come ad esempio il Presidente di Itinerari previdenziali Alberto Brambilla – andrebbe corretto, in quanto l’adeguamento con le speranze di vita non dovrebbe mai interessare il requisito contributivo.

Da quando non basteranno 67 anni per smettere di lavorare

Secondo le previsioni Istat, fatte prima della pandemia, le aspettative di vita dovrebbero aumentare con un ritmo di 2 o 3 mesi ogni biennio. Questo significa che ogni 10-12 anni potrebbe esserci l’aumento di un anno per l’età pensionabile.

Consideriamo ad esempio che le aspettative di vita aumentino di 2 mesi per biennio. Nel 2027 servirebbero 67 anni e 2 mesi per smettere di lavorare, nel 2029 67 anni e 4 mesi, nel 2031 67 e 6 mesi e così via fino ad arrivare a 68 anni nel 2037.

Peggio andrebbe nel caso in cui l’aumento dovesse essere anche di 3 mesi, con il rischio che si arrivi a superare la soglia di 68 anni già nel 2035.

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E c’è un altro aspetto da non trascurare: il fatto che più si va avanti negli anni e sempre più persone avranno la pensione calcolata interamente con il sistema contributivo avendo iniziato a versare contributi successivamente alla data dell’1 gennaio 1996. E va ricordato che i cosiddetti contributivi puri per accedere alla pensione di vecchiaia devono anche soddisfare un altro requisito, di tipo economico, secondo il quale la pensione maturata deve essere almeno pari all’importo dell’Assegno sociale, oggi pari a circa 538 euro. Chi non riuscirà a raggiungere una tale soglia dovrà rimandare il pensionamento, persino con il rischio di aspettare fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione di vecchiaia contributiva, oggi pari a 71 anni ma che tra qualche anno – tra il 2035 e il 2037 appunto – potrebbe anche arrivare a 72 anni.



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