In Italia una riforma scolastica che fa parlare di sé

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Keystone-SDA

La riforma scolastica varata dal Governo Meloni trova un’eco anche in Svizzera. In questa rassegna stampa settimanale sui temi italiani di cui si sono occupati i giornali svizzeri vi parliamo anche delle isole minori, del terremoto dell’Aquila e di una pista di bob controversa.

La riforma della scuola del Governo Meloni

Il Tages-AnzeigerCollegamento esterno si interessa questa settimana alla riforma scolastica approvata una decina di giorni fa dal Consiglio dei ministri italiano. “Gli studenti dovrebbero tornare a imparare a memoria”, titola il giornale svizzero tedesco, sottolineando che con questa trasformazione il Governo Meloni vuole “mettere al centro i valori tradizionali”.

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Tra le varie novità, il Tages-Anzeiger evidenzia l’impulso dato alla musica o ancora il fatto che nelle lezioni di prosa e poesia sarà dato spazio anche alla mitologia nordica. “Un riferimento, quello al mondo delle saghe, che ci ricorda come la presidente del Consiglio Giorgia Meloni abbia una passione […] per i mondi fantasy di J.R. Tolkien”, osserva il giornale. A destare polemica è, tra le altre cose, lo studio della Bibbia nel corso di educazione religiosa, che a detta di molte persone “non rende giustizia al carattere multiculturale dell’Italia”. Anche l’impronta data al nuovo corso di geostoria non convince: porre un accento maggiore sulla storia d’Italia e dell’Occidente in generale non riflette, secondo le voci critiche, “la diversità del mondo”. 

La riforma, prosegue il Tages-Anzeiger, è motivata con il livello d’istruzione ritenuto “problematico” e un sistema scolastico considerato insufficiente. “Secondo un recente sondaggio dell’OCSE, il 35% degli italiani e delle italiane adulte intervistate non riesce a comprendere frasi semplici; inoltre c’è un netto divario tra nord e sud”. Imprimere un nuovo corso alla scuola italiana riuscirà a invertire la tendenza? Tutto è ancora da dimostrare, ma al di là dei programmi, il problema che attanaglia il settore dell’istruzione nella Penisola è soprattutto un altro: “In tutto il Paese le scuole sono sottofinanziate e mancano i docenti”, sottolinea il Tages-Anzeiger

strada in una città

Keystone-SDA

Il terremoto dell’Aquila e le lezioni per il Vallese

A poco più di 15 anni dal terremoto che ha devastato L’Aquila, il quotidiano vallesano Le NouvellisteCollegamento esterno si è recato nella città abruzzese per vedere come la località si è rialzata e quali sono stati gli insegnamenti per un Cantone – il Vallese appunto – che si trova pure in un’area in cui la pericolosità sismica è elevata.

Palazzo Carli, che domina la piccola piazza Vincenzo Rivera, simboleggia bene la situazione in cui si trova L’Aquila. “Travi e tiranti lo mantengono dritto, la sua facciata è sovraccaricata di metallo. È coronato da un’impalcatura con palizzate nere. La tensione è percepibile ovunque. Uno dei suoi angoli è legato da finestre con architravi rinforzati da assi. Il palazzo sembra danzare in una camicia di forza”, scrive Le Nouvelliste. Quindici anni dopo il terremoto, il centro città è ancora in gran parte deserto: “Alcuni negozi hanno riaperto, ma molti edifici sono ancora come il Palazzo, rivestiti di metallo o impalcature, circondati da recinzioni, abitati solo di giorno dagli operai che li riparano”.

La vita ha comunque ripreso da tempo nel capoluogo abruzzese e, malgrado le difficoltà, gli sforzi profusi hanno permesso di ricostruire dall’80 all’85% della città, stando a Carlo Gizzi, un ex giornalista. Le ferite sono però ancora aperte e il terremoto ha profondamente modificato il tessuto sociale.

“Il terremoto dell’Aquila, come quello di Amatrice nel 2016, è un esempio per le autorità vallesane. Gli ingegneri e i membri dell’amministrazione si sono recati più volte nella regione per studiare come le autorità italiane hanno reagito a questi eventi”, riporta ancora il quotidiano del Cantone alpino. In Vallese un sisma di magnitudo simile si era verificato nel 1946 e un evento del genere può verificarsi all’incirca una volta ogni secolo. “Sulla base dell’esperienza italiana, il Vallese ha istituito il COCPITT, il concetto cantonale di preparazione e intervento in caso di terremoto”.

vista dall'alto su isola

Wikipedia

Linosa e tutte quelle isole minori in cui la sanità fa difetto

Il corrispondente in Italia della Neue Zürcher ZeitungCollegamento esterno dedica da parte sua un articolo a Linosa e più in generale alle circa 220’000 persone che vivono sulle piccole isole italiane e che “si sentono trascurate da Roma”. Il titolo del reportage riassume bene la situazione: “I farmaci sono disponibili solo quando il tempo è bello”.  

Sull’isola che si trova a metà strada tra la Sicilia e la Tunisia vivono circa 400 persone. Contrariamente a Lampedusa, Linosa non si trova spesso sulle prime pagine dei giornali. “La situazione è cambiata pochi giorni fa, quando i media locali hanno riportato la chiusura della farmacia dell’isola. La proprietaria non è in grado di mantenere aperta la sua attività per motivi di salute”, scrive la NZZ. Appena qualche mese fa, il medico attivo sull’isola aveva dovuto ridurre la sua presenza, dovendo prestare servizio anche a Lampedusa.  

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La situazione di Linosa è comune a molte piccole isole italiane. Un po’ dappertutto mancano medici, le farmacie chiudono e l’approvvigionamento in farmaci è garantito, in caso di cattivo tempo, solo dalle navi della Guardia Costiera. “Non può però essere una soluzione a lungo termine, poiché la Guardia Costiera non può essere obbligata a prendere in carico tali trasporti”, afferma Aldo di Piazza, assessore alla sanità dell’isola.  

L’autunno scorso, l’ANCIM, l’Associazione nazionale isole minori, ha proposto un catalogo di misure concrete per migliorare la situazione della sanità in queste aree, ad esempio potenziando i collegamenti o introducendo incentivi finanziari per gli e le specialiste disposte a stabilirsi sulle isole. Le proposte sono però finora rimaste lettera morta a Roma.

pista di bob

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Per la pista di bob di Cortina d’Ampezzo il tempo stringe

Da Linosa e dall’Aquila ci spostiamo qualche centinaio di chilometri più a nord, a Cortina d’Ampezzo per la precisione, dove tra poco più di un anno inizieranno i Giochi olimpici invernali. Vi è però ancora una grande incognita: la pista di bob sarà pronta in tempo per ospitare le gare? I giornalisti del BlickCollegamento esterno, che si sono recati sul posto, ne dubitano: “Il tempo stringe […] e ora si scopre che il calendario già molto serrato non può essere rispettato”. 

In teoria i primi bob avrebbero dovuto sfrecciare lungo il nuovo canalone già in marzo e l’omologazione sarebbe dovuta avvenire in primavera. I lavori sono però ancora lungi dall’essere terminati e ora si parla di ottobre-novembre. “Ce la faremo”, è il mantra ripetuto dal comitato organizzativo.  

Forse un po’ piccati dal fatto che non sia stata scelta Sankt Moritz quale sede alternativa per le prove di bob, di skeleton e di slittino, i giornalisti del Blick ricordano che nel caso in cui Cortina non dovesse farcela, è già pronta una soluzione di ricambio: “E se si verificasse un mega-flop? Lake Placid (USA) è la città di riserva. Lake Placid? Esatto, si trova a ben 6’000 chilometri di distanza. Ma alle Olimpiadi tutto è possibile”.  



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