Il ministro dell’Interno Piantedosi: “Al Masri pericoloso, espulso per la sicurezza dello Stato”

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Questo articolo è stato pubblicato originariamente in inglese

Piantedosi ha riferito in Senato giovedì pomeriggio. Le opposizioni avevano chiesto spiegazioni al Governo sul rimpatrio del libico, accusato di crimini contro l’umanità

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Al question time di giovedì pomeriggio al Senato, in un’aula semivuota, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha rivendicato la scelta del governo italiano di liberare e rimandare in Libia il capo della polizia giudiziaria libica Ossama Anjiem al Masri.

Nella sera di giovedì, la Corte penale internazionale (Cpi) aveva chiesto spiegazioni sul rilascio del capo della polizia giudiziaria libica, arrestato il 19 gennaio a Torino e poi rilasciato per un errore procedurale. Piantedosi ha risposto a un’interrogazione di Avs sulle comunicazioni e i provvedimenti di competenza del ministero dell’Interno a seguito dell’arresto di al Masri.

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Le parole di Matteo Piantedosi su al Masri

Il capo del Viminale, dall’aula del Senato, si prende la responsabilità per la scelta di rimpatriare al Masri.

Afferma infatti che: “Al Masri presentava un profilo di pericolosità sociale. L’espulsione che la legge attribuisce al ministro dell’Interno è stata la misura più appropriata (anche per la durata del divieto di reingresso) per salvaguardare la sicurezza dello Stato e la tutela dell’ordine pubblico“.

Lo stesso ministro ha rimandato alle prossime settimane qualsiasi approfondimento in Parlamento sulla questione: “Il Governo ha dato la disponibilità a rendere un’informativa di maggiore dettaglio la prossima settimana, sarà quella l’occasione utile per approfondire e riferire su tutti i passaggi della vicenda, compresa la tempistica riguardante la richiesta, l’emissione e l’esecuzione del mandato di cattura internazionale, poi maturata al momento della presenza in Italia del cittadino libico”.

Il ministro degli Esteri Antonio Tajani: “Su al Masri ci siamo mossi bene”

Intercettato fuori da Palazzo Chigi, il ministro degli Esteri Antonio Tajani aveva dichiarato solo poche ore prima ai cronisti che “L’Aia non è la bocca della verità, si possono anche avere visioni diverse“.

“Noi siamo un Paese sovrano e facciamo la nostra politica. La magistratura si è mossa bene, quando ci sono dei vizi di forma non si sanano con le scelte politiche”, aggiunge il leader di Forza Italia.

Chiude poi parlando della polemica sull’uso di un volo di Stato per trasportarlo: “È stato espulso dall’Italia. Con un volo di Stato o di linea fa lo stesso“.

Al Masri, dall’arresto al rilascio

Al Masri è stato arrestato domenica 19 gennaio a Torino. Era ricercato dalla Corte penale internazionale, che lo ritiene responsabile di crimini di guerra e contro l’umanità. Reati commessi come direttore della prigione di Mitiga, in Libia, a partire dal 2011.

Al Masri dirige inoltre la sezione di Tripoli del Reform and Rehabilitation Institution, una rete di centri di detenzione gestiti dalle forze speciali di Difesa, sostenute dal governo libico.

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La Corte d’Appello di Roma ha ordinato la sua liberazione martedì e il suo ritorno in Libia a bordo di un aereo dei servizi segreti italiani, a causa di quello che la Corte ha definito un errore procedurale nel suo arresto.

Infine, martedì sera al-Masri è stato accolto all’aeroporto Mitiga di Tripoli da una folla che ha festeggiato il suo rilascio. I filmati online hanno mostrato decine di giovani che cantavano e portavano in spalla lo stesso al Masri.

La reazione della Cpi e della Commissione europea al rilascio di al Masri

La Corte penale internazionale nella serata di ieri aveva chiesto chiarimenti, protestando per il fatto di non essere stata consultata dal governo italiano sul rilascio di al Masri. “Il 21 gennaio 2025, senza preavviso o consultazione con la Corte, il signor Osama al Masri Njeem sarebbe stato rilasciato dalla custodia e riportato in Libia”.

La Cpi si era appellata inoltre ai doveri che spettano ai firmatari dello statuto di Roma, la sua carta fondamentale: “la Corte sta cercando di ottenere una verifica sui passi intrapresi e ricorda il dovere di tutti gli Stati Parti a cooperare pienamente alle sue indagini e ai suoi procedimenti penali”.

Una posizione ribadita dalla Commissione europea attraverso dalla portavoce Arianna Podestà nel briefing del 23 gennaio con la stampa: “Non commenteremo alcun caso specifico. Ciò che facciamo è invitare gli Stati membri a garantire la piena cooperazione con la Corte penale internazionale e ad eseguire tempestivamente i mandati di arresto”.

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Oltre all’Italia, ci sono altri sei Stati a cui era stato trasmesso il mandato d’arresto per al Masri. Non sono arrivate per ora risposte da parte della Cpi alle parole di Tajani.

Le ragioni dietro alla scarcerazione di al Masri

Secondo la sentenza della Corte d’appello, il ministro della Giustizia Carlo Nordio avrebbe dovuto essere informato in anticipo dell’arresto, poiché il suo ministero gestisce tutti i rapporti con la Corte penale internazionale dell’Aia.

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“Di conseguenza, non sussistono le condizioni per la convalida e, di conseguenza, la richiesta di applicazione della misura cautelare comporta l’immediata liberazione della persona arrestata”, si legge nell’ordinanza del tribunale riportata dall’Ansa.

Le reazioni dell’opposizione

In mattinata, l’opposizione aveva chiesto chiarezza. L’ex premier Matteo Renzi ha accusato il governo di destra di ipocrisia, visto che la premier Giorgia Meloni aveva dichiarato il 10 marzo 2023 a Cutro che avrebbe “perseguito i trafficanti di migranti per tutto il globo terracqueo”.

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“Quando un trafficante che la Corte penale internazionale ci dice essere un pericoloso criminale arriva sul vostro tavolo non lo inseguite. Lo avete riportato a casa in Libia con un aereo dei servizi segreti italiani“, ha detto il leader di Italia Viva Matteo Renzi. “O siete malati o questa è l’immagine di un governo ipocrita”, ha aggiunto.

Il Partito democratico ha chiesto al premier Giorgia Meloni di riferire in Parlamento, affermando che quello che è successo solleva “gravi interrogativi” visti gli abusi di cui al Masri è accusato.

“È fondamentale capire perché al Masri fosse in Italia e perché sia stato liberato con tanta urgenza nonostante il mandato di cattura internazionale”, ha dichiarato il deputato del Partito democratico Paolo Ciani. Ha detto che la scelta “sembra essere politica”.

I legami controversi Roma-Tripoli

L’Italia ha stretti legami con il governo di Tripoli, riconosciuto a livello internazionale. Un eventuale processo di al Masri all’Aia potrebbe costringerla a fare un passo indietro sulle sue politiche migratorie e sul sostegno alla guardia costiera libica, finanziata per impedire la partenza dei migranti.

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Il finanziamento di milizie e sulla guardia costiera libica sono un tema di scontro fin dal memorandum Italia-Libia, firmato dall’allora ministro dell’Interno Marco Minniti nel 2017.

Le Ong per i diritti umani hanno documentato gravi abusi nelle strutture di detenzione libiche in cui sono rinchiusi i migranti e hanno accusato l’Italia di essere complice dei loro maltrattamenti.

Alleanza Verdi-Sinistra, in un sit-in di fronte alla Camera ha chiesto le dimissioni del ministro Carlo Nordio e lo stop agli accordi con la Libia.

Ong: “Vergognoso e sfacciato riportare al Masri in Libia”

Due gruppi umanitari, Mediterranea Saving Humans e Refugees in Libya, si sono detti increduli che l’Italia abbia lasciato andare al Masri.

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“Quelli di noi che sono riusciti a sopravvivere credevano davvero che fosse possibile non ottenere giustizia e impedire a questo criminale di colpire ancora indisturbato”, hanno dichiarato in un comunicato congiunto. “Invece, negli ultimi giorni abbiamo assistito a qualcosa di vergognoso, incredibile per la sfacciataggine con cui è stato condotto“.

Tarik Lamloum, attivista libico che lavora con l’organizzazione Belaady per i diritti umani e che si occupa di migranti in Libia, ha detto che il rilascio di al Masri da parte dell’Italia era prevedibile.

Le milizie libiche e il loro potere sugli Stati dell’Ue

Secondo Lamloum, il rilascio di al Masri dimostra il potere delle milizie, che controllano il flusso di migranti verso l’Europa attraverso le coste libiche. “Le milizie di Tripoli sono in grado di fare pressione sull’Italia perché controllano il flusso di migranti”, ha affermato.

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Le milizie della Libia occidentale fanno parte delle forze statali ufficiali incaricate di intercettare i migranti in mare. Fra di loro c’è anche la guardia costiera addestrata dall’Ue. Gestiscono i centri di detenzione statali, dovegli abusi sui migranti sono all’ordine del giorno.

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Di conseguenza, le milizie, alcune delle quali guidate da signori della guerra che l’Onu ha sanzionato per i loro crimini, beneficiano di milioni di fondi che l’Unione europea dà alla Libia per fermare il flusso di migranti verso l’Europa.



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