Trump a Putin: ‘Subito un accordo per la fine della guerra o imporrò sanzioni’ – Notizie

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 Un accordo per la pace subito o tasse, tariffe e sanzioni. Non solo alla Russia ma anche a vari altri Paesi che partecipano in qualche modo al conflitto in Ucraina.

Donald Trump alza la pressione lanciando via Truth un ultimatum a Vladimir Putin con toni minacciosi che lo zar non ha mai gradito. Ed estende l’avvertimento a chi lo sostiene, pur senza fare nomi. Ma appare evidente che si tratta di Iran e Corea del Nord, che forniscono apertamente assistenza militare a Mosca. E forse anche, sullo sfondo di un negoziato più ampio, della Cina, il cui supporto all’economia di guerra russa è di vitale importanza.

Nel suo discorso di insediamento il nuovo commander in chief era rimasto stranamente silente sull’Ucraina. Ma poche ore dopo, parlando con i reporter nello Studio Ovale, era stato più duro di quanto ci si aspettasse con Putin.   

Conto e carta

difficile da pignorare

 

Intanto, la Camera americana ha approvato il Laken Riley Act, la legge anti migranti della presidenza Trump che prevede la detenzione fino alla loro espulsione di un’ampia fascia di stranieri senza documenti, compresi i richiedenti asilo, che hanno commesso reati minori come il furto o taccheggio. E’ la prima stretta in materia e sarà forse la prima legge che firmerà Donald Trump allo Studio Ovale. Il provvedimento prende il nome da uno studentessa universitaria di 22 anni assassinata in Georgia da un venezuelano senza documenti, ricercato per furto nei negozi.  

 

 

 

    “Dovrebbe fare un accordo, penso che stia distruggendo la Russia non facendolo”, aveva spiegato, puntando il dito sulle difficoltà economiche, “con una inflazione verso il 10%”, e sul grande numero di soldati russi uccisi. “Non può essere entusiasta, non sta andando molto bene, non sta facendo una bella figura… Penso che farebbe bene a porre fine a quella guerra”.
Il giorno dopo Trump ha evocato “probabili sanzioni” in caso di mancato negoziato. Quindi ha mostrato i muscoli su Truth, usando bastone e carota. “Non cerco di fare del male alla Russia. Amo il popolo russo e ho sempre avuto un ottimo rapporto con il presidente Putin, e questo nonostante la bufala della sinistra radicale” del Russiagate, ha premesso, ricordando anche che Mosca “ci ha aiutato a vincere la Seconda guerra mondiale, perdendo quasi 60 milioni di vite”, una cifra doppia a quella stimata dagli storici. “Detto questo – ha proseguito – farò alla Russia, la cui economia sta fallendo, e al presidente Putin, un grande favore. Negozia ora e ferma questa ridicola guerra! Non farà che peggiorare”. Infine la minaccia: “Se non facciamo un accordo, e presto, non avrò altra scelta che imporre alti livelli di tasse, tariffe e sanzioni su qualsiasi cosa venga venduta agli Stati Uniti dalla Russia e da vari altri Paesi partecipanti. Facciamola finita con questa guerra, che non sarebbe mai iniziata se fossi stato presidente! Possiamo farlo in modo facile o in modo difficile, e il modo facile è sempre meglio”, ha concluso invitando lo zar al ‘make a deal’.

L’escalation di Trump suggerisce due ipotesi: che stia tentando di sfruttare la pressione subita da Putin, tra crisi economica e ingenti perdite al fronte, o che stia incontrando più resistenze del previsto da parte dello zar, che dopo quasi tre anni di guerra non può certo rischiare di perdere la faccia.
Per ora il Cremlino mantiene la sua apertura e si prepara ad una telefonata tra i due leader, ma attende di sentire “qualcosa di più chiaro e concreto da Washington”. The Donald, che aveva promesso di risolvere il conflitto in 24 ore, vuole mantenere la promessa di un accordo almeno nei suoi primi 100 giorni, ossia entro aprile. E per mantenere la pressione ha già detto che è pronto anche ad aumentare la fornitura di armi a Kiev.
Dalle anticipazioni, il suo piano iniziale prevede il temporaneo congelamento del fronte, senza riconoscimento dei territori occupati dai russi e con forze di pace lungo il confine inviate dai Paesi europei, cui ha chiesto di aumentare sino al 5% le spese militari del Pil nell’ambito del quadro Nato. Ma da Davos Volodymyr Zelensky ha ammonito che qualsiasi forza di peacekeeping in Ucraina deve includere gli Stati Uniti e ha sollecitato l’Europa a darsi una mossa se non vuole rischiare di restare fuori dai negoziati per la pace. Il nodo più grosso comunque resta sempre quello della garanzie di sicurezza a Kiev e del suo futuro ingresso nella Nato.
   

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