Albert Einstein disse che una cosa è impossibile finché non arriva qualcuno che non lo sa e la realizza. In un Paese imbevuto di fatalismo, viltà, omologazione, cerchi magici, cucce, narrazioni interessate, leoni da tastiera bravissimi a diventare pecorelle ammaestrate a convenienza, è pane (marcio) quotidiano.
Il 20 gennaio è stato il quarto anniversario della condanna in Cassazione del broker dei rifiuti per antonomasia, di colui che è stato considerato l’inventore delle ecomafie, del gran visir della terra dei fuochi: Cipriano Chianese.
L’imprenditore e avvocato per tanti anni era apparso invincibile, intoccabile, puparo assoluto, la “terra dei fuochi” (sistema criminale di gestione dei rifiuti e non espressione geografica) un destino ineluttabile. Si piangevano i morti di ogni età, bambini venivano uccisi dai veleni anche in culla o a poche settimane o mesi di vita. Ma ci si doveva rassegnare, era considerato impossibile spezzare la catena della morte. Roberto Mancini, Michele Liguori e pochissimi altri hanno rappresentato, in quegli anni, il qualcuno a cui faceva riferimento Einstein. La vita professionale e la salute (minata dai fumi e dai veleni tossici) apparvero come la conferma dell’impossibilità: Roberto malato e trasferito a Roma, la sua vecchia inchiesta finita nel dimenticatoio.
Poi è accaduto quel che apparve impossibile ma arrivò chi non lo sapeva e cambiò il corso della storia. Alessandro Milita, giunto giovanissimo in procura, aprendo un armadio trovò casualmente il faldone ed iniziò a leggerlo. Milita contattò Roberto Mancini, ripresero in mano tutta la documentazione, ripartì l’inchiesta. E il 21 gennaio 2021 arrivarono le condanne in Cassazione.
Quattro anni fa – ma chi lo ricorda più? – vivevamo le ultime settimane prima dell’uragano che travolse tutti, ci rinchiuse in casa (mentre altri continuavano a produrre e macinare) e uccise migliaia e migliaia di italiani, milioni di europei e abitanti di tutto il mondo. Ci dissero che era impossibile a fermarlo, che le morti erano inevitabili, che bisognava solo accettare e stare in silenzio. Ma c’è, in questo Paese orrendamente sporco come la descrisse Pasolini, chi non accetta e non si arrende. Non l’ha fatto allora, mentre si cercava di asciugare le lacrime del dolore che rigavano i volti e segnavano i cuori, e non l’ha mai fatto.
L’associazione Sereni e sempre Uniti, sodalizio dei familiari delle vittime del Covid19, si è interrogata ed ha interrogato, ha approfondito, studiato e reso pubblico quel che tanti volevano rimanesse oscuro. Una battaglia giunta anche nelle aule di tribunale, che è costata insulti e campagne mistificatorie contro, immensa fatica. Una battaglia che, di fronte alle immunità e ad alcuni gangli di una giustizia che troppo spesso si può definire tale solo per convenzione linguistica, è apparsa a volte persa. Ma di fronte narrazioni interessate e notizie frammentate e mai complete l’associazione ha sempre ribadito che non si arrendeva, che era possibile andare avanti, che la giustizia animava ancora il cammino e i cuori, l’animo e l’impegno quotidiano. Tante volte c’è chi ha cercato di suonare il gong, di suonare il “game over”.
Ma così non è stato. E lo dimostra la notizia giunta per una coincidenza del destino il 20 gennaio. La riportiamo pubblicando integralmente il comunicato di Sereni e sempre Uniti – associazione dei familiari delle vittime del Covid19.
Piano pandemico non aggiornato: rinviati a giudizio Guerra e dirigenti ministero. Risultato possibile grazie all’opposizione dei familiari delle vittime del Covid
La gip di Roma, Anna Maria Gavoni, ha disposto l’imputazione coatta per l’ex numero due dell’Oms Ranieri Guerra in relazione al mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale del 2006. Oltre per Guerra, all’epoca direttore generale del Ministero della Salute, l’imputazione coatta è stata decisa anche per Maria Grazia Pompa e Francesco Maraglino, ex direttori dell’Ufficio 5 del Ministero. Nei loro confronti era stata disposta in precedenza l’archiviazione nell’ambito di uno stralcio dell’inchiesta della Procura di Bergamo sulla gestione del Covid poi trasferita per competenza a Roma. Nel provvedimento si legge che il pm deve disporre l’imputazione “in quanto indicati responsabili del mancato aggiornamento del Piano pandemico nazionale del 2006 e dell’omessa definizione dei piani di dettaglio” per il reato di ‘omissione o rifiuto di atti d’ufficio.
Questo risultato, che riapre la partita delle responsabilità sulla gestione della pandemia in Italia, dopo le archiviazioni del Tribunale dei Ministri, è conseguente all’opposizione all’archiviazione presentata a suo tempo da alcuni dei familiari delle vittime del Covid dell’Associazione #Sereniesempreuniti che da 5 anni lottano per la verità attraverso i legali del team.
“Siamo davvero molto soddisfatti di questo risultato e per l’approfondimento riservato alla questione così complessa che era oggetto dell’opposizione all’archiviazione da noi proposta avanti il Tribunale penale di Roma, discutendola all’udienza del 20 giugno 2024. Il GIP di Roma ha disposto l’imputazione coatta per Raniero Guerra. Giuseppe Ruocco, Maria Grazia Pompa e Francesco Maraglino quali responsabili del mancato aggiornamento del piano pandemico nazionale del 2006 e dell’omessa definizione dei piani di dettaglio, come era stato individuato dalla Procura di Bergamo all’esito delle indagini chiuse nel marzo 2023. E’ un grande risultato per noi quali legali di centinaia di familiari delle vittime e un pezzo di verità riconosciuta e di rispetto e dignità che viene ridata a quei corpi accatastati cui è stata negata anche la dignità della sepoltura” questo il commento del team Legale Avv.ta Consuelo Locati, Avv. Alessandro Pedone, Avv. Luca Berni, Avv. Piero Pasini, Avv. Giovanni Benedetto, avv. Elisabetta Gentile.
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