Elogio al turismo wild con l’app Wildhood

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«Finché si avranno passioni non si cesserà di scoprire il mondo», scriveva Cesare Pavese. Incontro questi quattro ragazzi in una sera di gennaio e da subito mi colpisce la passione e l’entusiasmo con cui parlano del loro lavoro. O forse dovrei dire hobby, perché ciascuno di loro ha un’occupazione e curano il progetto Wildhood nel tempo libero. Eppure Mattia Giudici, 28 anni technical support engineer, Alberto Loro, 26 anni data scientist, Riccardo Pezzoni, 26 anni software engineer, e Giorgio Masera, 27 anni business analyst, ne parlano con una tale dedizione e professionalità che dimentico per un attimo di essere a un aperitivo e mi sembra di assistere a una presentazione aziendale. Perché noi bergamaschi, si sa, quando ci mettiamo in testa un’idea, la portiamo avanti con dedizione e professionalità senza pari.

Al centro della nostra chiacchierata il turismo lento, la grande passione che unisce questi quattro ragazzi che amano perdersi nella natura un passo alla volta e addormentarsi guardando le stelle. Ma che cos’è esattamente il turismo lento? Si tratta di un turismo che mette al centro le esperienze e la sostenibilità, con impatto ambientale zero, prediligendo spostamenti a piedi e con mezzi green, per godersi il viaggio come parte stessa dell’esperienza, scegliendo luoghi poco affollati e immergendosi nella cultura locale.

Classici esempi sono i cammini, come quello di Santiago, il cicloturismo e le escursioni con pernottamento libero in montagna, di cui parleremo più diffusamente oggi. Ecco dunque il sogno del team di Wildhood: creare una community di appassionati di turismo lento e bivacco, per scambiarsi consigli ed esperienze ma anche per facilitare il censimento e la manutenzione dei bivacchi e per diffondere la conoscenza delle regole base per vivere la montagna, e l’esperienza del bivacco, in sicurezza.

Anche qui è necessario un chiarimento: legislativamente si definisce bivacco qualsiasi pernottamento dal tramonto all’alba, non solo dunque quelli che si svolgono in una struttura fissa (quegli “scatolotti” spartani che incontriamo in montagna, e chiamiamo bivacchi per distinguerli dai più confortevoli rifugi) ma anche il pernottamento nella propria tenda, oppure direttamente all’aperto, purché non si prolunghi oltre una nottata. Per i soggiorni di più giorni si usa invece il termine campeggio, in particolare campeggio libero quando si svolge al di fuori di una struttura preposta (a proposito, se vi piace il campeggio vi segnalo questo articolo che ho dedicato al rapporto tra i bergamaschi e il campeggio). È sempre consigliabile consultare il regolamento che disciplina il campeggio libero, qui trovate la sezione apposita del sito Wildhood con i link alle normative regione per regione.

Mi viene spontaneo allora chiedere ai miei interlocutori che cosa significhi per loro turismo lento, e mi rispondono a turno sottolineando come l’andare a piedi, e quindi piano, faciliti la riconnessione ai ritmi della natura, doni calma e serenità e ci permetta di vedere i luoghi con occhi nuovi. Prendersi una pausa dalla vita frenetica ti fa stare bene e porta anche alla crescita di luoghi che non sarebbe possibile sviluppare diversamente, creando quindi un circolo virtuoso di riscoperta e valorizzazione.

È un’esigenza innata per l’essere umano, ma dopo essere stati “rinchiusi” durante il Covid il bisogno di andare piano si è manifestato con più forza, perciò diverse persone si sono avvicinate negli ultimi anni a questo tipo di turismo, creando effetti positivi per il rilancio ma anche portando alla luce una serie di problemi, soprattutto nell’ambito della sicurezza. Tanti, infatti, affrontano queste escursioni senza l’esperienza e la prudenza necessarie, colgo quindi l’occasione per chiedere a questi esperti qualche consiglio pratico per chi si avvicina al turismo lento in montagna. Ecco un po’ di spunti utili.

Spesso si sottovalutano due aspetti fondamentali quando si dorme nella natura: il buio e il freddo. È fondamentale quindi ricordarsi di portare un frontalino (la torcia che si indossa sulla fronte tramite una fascia) e qualche lucina, per orientarsi nell’oscurità. Bisogna inoltre prepararsi al freddo, anche d’estate, perché di notte la temperatura scende e l’umidità si intensifica, come ben sa chiunque abbia dormito almeno una volta in tenda, è necessario quindi ad esempio verificare bene la temperatura di comfort del proprio sacco a pelo e conoscere la propria attrezzatura.

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Una coperta isotermica di emergenza e un kit di pronto soccorso vi saranno molto utili in caso di disavventure, e su questo i ragazzi insistono nel sottolineare quanta gente purtroppo dimentichi questi accessori essenziali nello zaino (piccola nota personale: sono talmente sfortunata che nel mio zaino il kit di pronto soccorso non manca mai, tanto so che tornerà utile). Il consiglio poi è di fare almeno una prova di montaggio della tenda prima di partire, e di accamparsi vicino a un rifugio le prime volte, per avere un’alternativa in caso di imprevisti.

Un altro tema che può sembrare banale, ma non lo è, e che viene ampiamente trattato nel blog Wildhood, sono le norme di sicurezza in montagna, e la gestione di una richiesta di soccorso. Innanzitutto bisogna prevenire gli imprevisti, partendo gradualmente con escursioni semplici, conoscere i propri limiti e non sottovalutare le difficoltà. Le prime volte conviene farci accompagnare da qualcuno di esperto, assicurandoci però che non dia per scontato che ce la possiamo fare (ce l’abbiamo tutti quell’amico eccessivamente ottimista).

Fondamentale poi verificare accuratamente le previsioni meteo, tenendo ben presente che in montagna il tempo cambia repentinamente, e perciò bisogna essere sempre preparati alla pioggia, anche quando il meteo sembra scongiurarla. Inoltre è preferibile partire (e quindi rientrare) presto, perché statisticamente i temporali sono più frequenti dopo le 15. In inverno poi serve un’attenzione in più: va consultato il bollettino valanghe ed è preferibile fare escursioni sui versanti esposti a Sud, per godere della luce e del calore del sole, infine va verificato l’orario del tramonto, per non trovarsi al buio rendendo difficoltoso il ritorno.

Speriamo sempre di non dover chiamare i soccorsi, ma sapere cosa fare ci aiuta ad attivarci tempestivamente nei momenti concitati di un’emergenza. Il numero da chiamare è il 112, ma è utile anche installare l’app «Georesq» del CAI (gratuita) per mandare SOS live, e l’app «Where are you» del 112 (attiva solo in alcune regioni). Se avete un walkie-talkie usate la frequenza dedicata del canale 8-16 di rete Radio Montana (funziona solo se i due parlanti “si vedono”, senza ostacoli frapposti), infine verificate la possibilità di inviare un SOS satellitare fornita da alcuni smartphone recenti. In caso di mancanza di segnale telefonico, è bene avere torcia e fischietto nello zaino, per inviare il segnale di richiesta di soccorso: sei fischi (o flash di torcia) distanziati fra loro dieci secondi, poi un minuto di pausa e poi da capo. Per i più tecnologici c’è il dispositivo «Garmin In Reach» che consente di inviare sms o sos con un abbonamento satellitare (circa 20€/mese).

Vale infine la regola del buonsenso: andare sempre con qualcuno, lasciar detto dove si va, gli orari previsti e come si è vestiti, comunicare in tempo reale eventuali cambi di itinerario. Anche se il telefono non prende inviate il messaggio, appena ci sarà un minimo di copertura il messaggio partirà.
Per approfondire meglio queste tematiche consiglio di leggere gli articoli sul blog di Wildhood e la sezione FAQ del loro sito per la parte normativa.

Il progetto Wildhood è essenzialmente questo: diffondere la conoscenza e le regole base per godersi l’esperienza della montagna, non solo dove andare ma anche come. Si tratta di un sapere comune che gli esperti danno spesso per scontato, ma l’utente target della app, dei social e del blog di Wildhood è proprio la persona inesperta o con poca esperienza, che si avvia ad approfondire il pernottamento in bivacco. Con qualche buon consiglio, e il sostegno della community, sarà più facile per tutti trovare le proprie mete e affrontare in sicurezza e con la giusta preparazione l’esplorazione.

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L’idea da cui nasce è semplice: Mattia, Alberto, Giorgio e Riccardo sono appassionati di outdoor e tenda, ma quando si tratta di decidere dove andare per la prossima avventura, non è sempre facile reperire informazioni. Si cerca su Google, si va per tentativi, si guardano filmati su Youtube e gli altri social, ci si affida a esperienze di amici e conoscenti… e dopo una fuga rocambolesca inseguiti da un contadino col forcone, che non gradiva particolarmente che pernottassero nel suo pascolo, è nata l’idea di raccogliere e sistematizzare le informazioni, creando una community, per far sì che tutti possano fruirne.

L’app censisce i bivacchi dando le informazioni essenziali come ubicazione, caratteristiche della struttura e presenza di acqua, gli utenti possono lasciare un commento segnalando lo stato di manutenzione del bivacco stesso. Il team legge tutti i commenti e, in caso di segnalazioni di criticità, si attiva per contattare il gestore del bivacco o, in molti casi, organizza degli eventi per intervenire personalmente per la sistemazione e la pulizia, invitando gli utenti a partecipare in un vero e proprio “lavoro di squadra”. L’idea, mi spiegano, è quella di avere un impatto positivo sul bivacco come struttura: ad esempio mi raccontano che loro preferiscono sempre alloggiare in tenda fuori dal bivacco, per lasciare la struttura a disposizione di chi eventualmente arriva sprovvisto di attrezzatura, e cercano sempre di lasciare legna extra e altro materiale utile a disposizione.

Il team Wildhood organizza anche eventi formativi, ad esempio con esperti di meteorologia, con guide alpine e con la commissione sentieri del CAI… qui trovate i prossimi, ma potete iscrivervi alla newsletter per non perderne nessuno. In calendario troverete già il prossimo evento di riqualificazione di un bivacco, previsto per l’1 marzo.

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Insomma, questi ragazzi instancabili hanno messo in piedi davvero un progetto ammirevole. L’app, lanciata nel giugno 2023 conta già circa 13.000 utenti (mi dicono che i bergamaschi si attestano al 4% circa del totale) e hanno tanti progetti per il futuro: spingere ancora di più sugli eventi, migliorare la app in base ai feedback ricevuti e organizzare nuovi incontri formativi. La risposta degli utenti è positiva, c’è tanta voglia di dare un contributo al mantenimento del bene pubblico di cui si gode, come i bivacchi, e mentre il singolo a volte non ha bene idea di come e cosa fare, la community gli dà modo di cimentarsi, mettendo in pratica il concetto di comunità della montagna. La app si basa sul contributo e la condivisione, mettendo a disposizione la conoscenza e quello che si ha (e infatti è gratuita, anche se tramite il sito è possibile supportare il progetto).

È lo spirito stesso del bivacco: se si è in tanti, ci si stringe e si sta insieme, perché è un luogo di tutti, e l’invito che ci fanno questi quattro ragazzi è a non aver paura di questa esperienza ma lasciarsi andare e provarla. Con le giuste informazioni, magari trovando compagni di avventura attraverso la community, ma l’importante è buttarsi, perché la magia delle nottate ad ammirare le stelle vi ripagherà.

E vi confesso che, guardando i loro sguardi sognanti mentre mi raccontano della pace di quelle notti… beh, mi è venuta voglia di preparare lo zaino.





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