Di quanto è aumentata la bolletta del gas e perché c’entra il governo

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Ancora una volta sul prezzo del gas e sugli aumenti in bolletta le cose non stanno come vengono raccontate. A dicembre 2024 il gas è aumentato del 31,84% circa rispetto al dicembre dell’anno precedente, come le bollette, quindi, la crescita sarebbe dovuta al prezzo del gas causato da variabili geopolitiche. Peccato che non sia così.

Le bollette sono aumentate perché il Governo Meloni ha bisogno di far cassa. 

Lasciamo parlare i numeri. Il prezzo del gas è aumentato come detto del 31,84% ma essendo una componente di una tariffa che comprende altri costi per l’utente, se questi ultimi non fossero cresciuti anch’essi la bolletta sarebbe aumentata in misura inferiore alla variazione del prezzo del gas. 

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La prima colonna della tabella che segue riporta il totale del costo del gas per uso domestico a mercato libero del mese di dicembre 2023 con un consumo di 284 standard metri cubi (Smc), l’unità di misura del gas utilizzata in bolletta, e con consumo, sino al novembre 2023 di 1.116 Smc. 

I consumi dall’inizio dell’anno sino al mese antecedente sono importanti poiché ci sono costi calcolati in base a scaglioni di consumo. Sono parte dei costi di trasporto, parte degli oneri generali di sistema, le accise e l’Iva, per la quale è prevista un’aliquota del 10% sino al consumo di 480 Smc e del 22% per quelli superiori. 

Con gli stessi valori è stato calcolato il costo del dicembre 2024, seconda colonna, ovviamente aggiornando il prezzo del gas e delle altre componenti di costo. 

Il principio per cui l’aumento del gas del 31,84% si riduce se non variano gli altri costi lo si vede già dal costo della materia prima, dove la variazione del totale, la riga è evidenziata, è del 24,39%, inferiore a quella della sola materia prima, il Psv day ahead (Mgp). 

Il costo della vendita di gas e del servizio del trasporto e della distribuzione, che sono variati nella misura del 3,46%, si è incrementato, rispetto al dicembre 2023, del 17,16%, la metà della variazione della bolletta che è pari al 35,28%, ultima e penultima riga, e poco più della metà del prezzo del gas. 

L’utente, con il consumo indicato, ha sopportato un aumento di 100 euro, 64 euro in più rispetto all’aumento del solo gas. Il governo, se veramente volesse “tutelare gli italiani” e soddisfare i loro bisogni essenziali, avrebbe dovuto, potendo, evitarlo.

Che cosa è successo? Non si tratta di una simulazione della famiglia tipo, come è solita fare l’Autorità di regolazione per energia reti e ambiente (Arera), è la bolletta di un utente reale, si è solo ridotto il consumo riproporzionandolo a 1.400 Smc in rapporto alle variazioni di consumo rilevate nei vari mesi. 

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Il totale dei costi non inerenti il servizio sono aumentati del 94% medio, di cui il 95% gli oneri di sistema, il 4% le accise, e il 412% l’Iva. 

Il grafico semplifica la lettura dei dati, infatti, la zona blu si è proporzionalmente ridotta mentre la zona verde, l’erario, ossia il fisco, è notevolmente aumentata. 

Un parlamentare di Forza Italia, di cui non faccio il nome per misericordia, interpellato in merito ha precisato, anche con un atteggiamento di sufficienza, che l’aumento dell’Iva è naturale quando cresce il prezzo del gas. Anche questo, in linea di principio, è vero, ma senza variazioni l’aumento dei costi non inerenti il servizio sarebbe stato del 5,85%, è la sesta colonna della tabella su riportata, e non del 93%. Il costo complessivo cioè sarebbe stato di 325 euro, con un aumento del 14,49%, e non di euro 384 con un aumento del 35%. 

È stata una scelta politica del governo, il quale, nonostante le promesse elettorali di riduzione della pressione fiscale, ha fatto esattamente il contrario. 

Quelle che comunemente vengono chiamate “tasse”, in realtà, si chiamano imposte e si dividono in imposte dirette, cioè quelle sui redditi, e imposte indirette, quelle che si applicano sui consumi. La riduzione delle imposte dirette a beneficio dei redditi più alti, non riducendo le spese, può essere realizzata con l’aumento delle imposte indirette, ed è quello che avviene nei paradisi fiscali e nei Paesi dove il regime fiscale è quello della flat tax. 

L’Iva, l’imposta sul valore aggiunto, che al dicembre era del 5%, a seguito della norma che l’ha ridotta per contenere gli abnormi aumenti energetici del 2021 e 2022, è stata ripristinata dal gennaio 2024 con le aliquote precedenti: il 10% sino a 480 Smc e il 22% oltre.  

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Gli utenti non si erano accorti avendo assorbito i 480 Smc in gennaio e febbraio, cioè nei mesi più freddi ed il prezzo del gas più basso, mediamente 0,30 euro al Smc, poi sono passati all’Iva del 22% con consumi, da marzo a ottobre, di 442 Smc, media mese 55 Smc, e un prezzo del gas medio, 0,38 euro per Smc. Da novembre a dicembre 2024, con consumi di 470 Smc, prezzo medio del gas 0,50 euro al Smc, cioè il 31% in più dei mesi precedenti e l’Iva al 22%, molte famiglie si troveranno in gravi difficoltà.

Queste sono le promesse non mantenute dalla destra che, da sempre, avendone ragione, critica l’Iva e le accise, ma una volta al governo se ne dimentica. Poteva essere l’occasione, quella dell’Iva ridotta, per una revisione del sistema, magari includendo i servizi pubblici nella categoria dei beni e servizi essenziali con aliquota ridotta ed eliminando anche l’Iva applicata sulle accise, cioè un’imposta su un’altra imposta. 

L’Iva è realmente un problema che richiede un intervento preciso e sostanziale: nel 2022, dal bilancio dello Stato, le entrate per Iva sono state oltre 188 miliardi di euro, il 32,50% delle entrate tributarie, e le accise sono state altri 27 miliardi di euro che, essendo imposte sui consumi, sono pagate da tutti i consumatori nella stessa misura indipendentemente dai redditi e dalla ricchezza posseduta. 

Un argomento, quello fiscale, che merita un approfondimento perché sembra che il principio costituzionale della capacità contributiva si sia capovolto nel senso che chi ha maggiore capacità paga meno di chi, magari, non ne ha alcuna. 

Remo Valsecchi, già commercialista

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