«Barriere temibili, ma l’effetto Cina potrebbe avvantaggiarci»

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LO SCENARIO

L’AQUILA L’ombra dei dazi Usa, uno dei temuti effetti del ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, stende un velo di preoccupazione sull’economia regionale. Non è un mistero che il tycoon abbia inserito in cima all’agenda di governo il riequilibrio della bilancia commerciale in favore di Washington. Una stangata che potrebbe abbattersi anche sull’Abruzzo, visto che quello americano rappresenta il principale mercato di sbocco delle produzioni regionali. Nel 2024 l’export abruzzese di prodotti manifatturieri verso gli Usa ha toccato la soglia di 1,7 miliardi di euro, trainato dalla crescita dei comparti della pasta, del vino e dell’abbigliamento. L’Abruzzo è la quarta regione italiana per grado di esposizione sul mercato statunitense con un indice pari al 5,8%, superiore alla media nazionale del 4%. Addirittura del 18,6% il grado di esposizione della provincia dell’Aquila che nell’ultimo anno ha fatturato 1,2 miliardi dal mercato a stelle e strisce. Più moderate – ma comunque significative – si prospettano le contrazioni per le province di Chieti (245 milioni), Teramo (154 milioni) e Pescara (63,5 milioni). Le esportazioni del made in Abruzzo verso gli Usa nei primi nove mesi del 2024 sono cresciute inoltre del 23,2%, con una variazione assoluta di 259 milioni di euro: +44,8% nel Pescarese, +32,15% nel Chietino e +28,4% nell’Aquilano, mentre sono scese del 25% nel Teramano.

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LE VALUTAZIONI

Numeri che delineano i timori degli esperti per le barriere minacciate da Trump nell’ottica di una “guerra commerciale” globale rivolta soprattutto ai rivali della Cina. Un aumento dei dazi rischierebbe dunque di comprimere la redditività di numerose aziende del territorio e di bloccare gli investimenti. Sono in particolare i distretti industriali della pasta, del vino e dell’abbigliamento a mettere sotto osservazione le prossime mosse dell’amministrazione Usa. L’allarme è esteso a tutta Italia, visto anche il surplus commerciale – ovvero la condizione in cui il valore delle esportazioni supera quello delle importazioni – di 43 miliardi negli confronti degli Usa. A certificare l’importanza del mercato americano per le aziende abruzzesi è anche Alessandro Addari, vice presidente di Confindustria Abruzzo Medio Adriatico con delega all’internazionalizzazione e docente alla business school del Sole 24 Ore: «Seguiamo diverse aziende italiane e abruzzesi all’estero e quello degli Usa, anche in prospettiva, rappresenta il mercato principale in tutti i settori». Tuttavia secondo Addari i dazi potrebbero portare a un vantaggio competitivo. E non è un paradosso: «Se i dazi fossero ancora superiori per Paesi come Cina, Messico e Canada (si parla addirittura del 60% per le merci provenienti da Pechino), i prodotti italiani e abruzzesi ne ricaverebbero un vantaggio competitivo».

E non va sottovalutato nemmeno un altro aspetto: «Per le aziende che operano nel settore della componentistica il rischio di dazi è meno accentuato – spiega Addari – in quanto le ripercussioni ricadrebbero sui consumatori americani. Lo stesso vale per i nostri marchi più forti, come quelli dell’agro-alimentare». Più esposto al protezionismo di Washington sarebbe invece il comparto dei vini «che andrebbero in competizione, ad esempio, con quelli californiani». La via di fuga è comunque la diversificazione dei mercati: «Bisogna mettere le aziende abruzzesi nelle condizioni di operare in altri mercati emergenti come la Corea del Sud, il Golfo Persico o la Polonia in modo tale da diversificare il rischio. I prodotti abruzzesi – chiosa – piacciono all’estero per la loro qualità e per l’alto grado di tecnologia». I numeri record del Made in Abruzzo negli Stati uniti sono stati accolti con enfasi sia dalla giunta regionale che dalle associazioni che rappresentano le imprese: nei primi nove mesi dello scorso anno – si apprende dal report periodico di Intesa Sanpaolo – due distretti Agro-alimentari abruzzesi hanno registrato un +19% sul mercato americano. A guidare la crescita il comparto della pasta di Fara. I dazi al 10 o 20% annunciati da Trump rischiano quindi di minare il settore e riproporre un nuovo braccio di ferro con le autorità americane dopo il caso della De Cecco in pieni anni ’90. Il distretto dei vini del Montepulciano ha fatto segnare invece un +12%; mentre l’abbigliamento sud-abruzzese ha stampato addirittura un +160%. Tremano anche il mobilio – visto che quasi la metà delle esportazioni (47%) è diretta negli Stati uniti – e l’automotive, già estenuato dalle incertezze sul futuro di Stellantis.

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