ROMA\ aise\ – Un’Italia giovane, dinamica, inclusiva. Un’Italia, e degli italiani, che siano anche a conoscenza della questione migratoria, che sia consapevole dell’importanza di fare comunità, che sia in grado di attrarre chi vuole venire a vivere e lavorare nel Paese e che sia in grado di trattenere chi decide di partire per il fattore lavoro (e non solo) e anche incentivare i rientri di quegli italiani trasferitisi all’estero. Insomma, un’Italia che in futuro deve ampliare la sua visione sui flussi migratori (in entrata e in uscita) che caratterizzano il presente dell’Italia. Perché “guardare l’oggi ci deve aiutare a guardare il domani del nostro Paese”.
Di questo si è discusso durante la tavola rotonda svolta questa mattina a Palazzo Wedeking, a Roma, durante il convegno “@Migrazione da fenomeno sociale a fattore identitario”, organizzato dall’INPS in collaborazione con la Fondazione Migrantes. L’evento ha visto la presenza di diversi e qualificati ospiti, e oltre agli interlocutori di INPS e Migrantes, vi ha presto parte il Direttore Generale per gli Italiani all’Estero del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Luigi Maria Vignali.
Nell’incontro, moderato da Fabio Insenga, vicedirettore di ADN Kronos, a rompere il ghiaccio è stato Monsignor Gian Carlo Perego, Presidente della Fondazione Migrantes, che ha spiegato come l’Italia, a suo modo di vedere, debba guardare con attenzione al fenomeno migratorio perché “saremmo ingenui a vivere solo di ricordi” e non “coniugare il fenomeno migratorio al progetto Paese”. Un paese che continua a invecchiare e che per questo deve “guardare alla natalità e a come i migranti vengono tutelati all’interno della società civile”. “Non si può pensare al Paese di domani a compartimenti stagni”, ha aggiunto Perego pensando anche ai laureati del sud che negli ultimi 10 anni sono migrati (sono 168 mila). “Bisogna coniugare le politiche della famiglia, scolastiche e migratorie in un circuito unitario. Altrimenti il rischio è andare in un cortocircuito”. Secondo il Presidente della Migrantes, infatti, “se indeboliamo l’accoglienza o precarizziamo i lavoratori migranti (che oggi prendono il 30% in meno di stipendio rispetto agli italiani) rischiamo di non affrontare una serie di problemi fondamentali per l’identità dell’Italia di domani. E oggi – ha concluso – abbiamo bisogno di un Paese che attrae. Non bisogna essere miopi, e guardare a un Paese che ha bisogno di persone perché l’Italia di domani sia ancora viva”. E tutto questo si racchiude in un concetto, “il valore della comunità”. Un valore che è fondamentale che i giovani capiscano perché non si guardi solo al reddito del presente ma anche al futuro e agli altri.
È poi intervenuta Silvia Marchetti in rappresentanza della Direttrice Generale dell’INPS, Valeria Vittimberga. Secondo lei, dai dati raccolti oggi dall’INPS, “emergono differenze tra le attuali tendenze dei flussi migratori rispetto a quelli del passato”. A colpirla maggiormente dai dati è la questione di genere: “il numero di pensioni di nuova generazione che l’INPS sta pagando alle donne, sono pensioni dirette e non più di riversibilità. E soprattutto non sono legate alla bassa retribuzione. Ciò significa che le donne all’estero ottengono lavori qualificati. Questo ci fa comprendere come siano cambiate le dinamiche dei vai flussi migratori. Ed è un mutamento culturale importante. Le donne non emigrano più per seguire la figura maschile di riferimento. Vuol dire che c’è un profondo cambiamento, che l’emigrazione femminile avviene per le stesse motivazioni che spingono l’uomo”. “A noi piacerebbe avere giovani e meno che restano nel nostro Paese”, ha concluso Marchetti. “Perché è un momento di crescita culturale ed economica del nostro Paese. L’INPS è a disposizione con tutta la sua tecnologia per fare la nostra parte”.
Ha preso la parola poi anche Vito La Monica, Direttore Centrale delle Pensioni dell’INPS, che ha fatto una panoramica sul mercato del lavoro che “è cambiato in Italia come in tutte le economie avanzate”. “Oggi Si parla di nomadi digitali, piattaforme, algoritmi. Si comincia a ragione sul rapporto di lavoro, che spesso non è più umano. Noi siamo fortunati in Italia, perché abbiamo un sistema contributivo, che è un sistema neutro rispetto al lavoro. Non è più un sistema legato al lavoro in fabbrica, ma al lavoro in quanto tale”. Ma la cosa più importante, a suo parere, è la necessità profonda di conoscenza del sistema pensionistico. Una conoscenza che deve avvenire subito, non solo poco prima di andare in pensione. Questo dà anche più contezza riguardo le scelte di vita, se andare o non andare all’estero. “L’INPS sta spingendo molto i giovani a conoscere il sistema, a non averne paura e a cercare di capirne i punti fondamentali”. “L’INPS rende tutti uguali”, ha chiosato.
Ha preso parola poi Luigi Maria Vignali, Direttore Generale per gli italiani all’estero e le politiche migratorie della Farnesina, che rispetto alle pensioni e agli italiani all’estero ha parlato di aspettative diverse in base al tipo di italiani all’estero. “Ci sono grosse differenze tra tipi di emigrazione – ha specificato Vignali -. Quelli della vecchia emigrazione cercano un fattore identitario, chiedono cultura italiana, insegnamento della lingua, di riattivare il sentimento di appartenenza per quelli che sono il nostro vero soft power. Le grandi collettività italiane chiedono questo insieme ai servizi della rete diplomatico-consolare. La nuova mobilità, invece, chiede di essere mantenuta connessa con l’Italia. Connessa in termini di informazioni, opportunità, rientro in Italia. Dobbiamo continuare a raccordarci con questa nuova mobilità. Dobbiamo offrire occasioni di rientro e incentivi, e in questo la fiscalità è molto importante. Gli italiani non vogliono sentirsi italiani minori – ha sottolineato il DG -. Devono essere coinvolti pienamente, anche a livello previdenziale”.
A Vignali è stato poi chiesto di realizzare anche una panoramica sul Turismo delle Radici, quel turismo esperienziale ed emozionale che coinvolge gli oriundi di seconda, terza, quarta o quinta generazione che vengono in Italia, visitando luoghi fuori dal mainstream alla ricerca dei paesi di partenza dei propri avi. Un turismo che “continua a crescere e a portare indotti”. E “noi lo abbiamo sistematizzato, abbiamo creato un modello di turismo, che c’era da sempre, ma ora lo abbiamo reso sistematico, promuovendolo all’estero, creando una serie di guide, coinvolgendo comuni, creando eventi in grandi metropoli nel mondo”. E l’impatto è importante: “ci aspettiamo, tra il 2024 e il 2026, 5 milioni di turisti delle radici, con 1 miliardo di spesa sul territorio e un indotto di 5 miliardi”.
Tornando alla previdenza, Vignali ha spiegato, in conclusione: “c’è una sfida di semplificazione per quanto riguarda la previdenza, l’Italia non può basarsi solo su questioni economiche, solo sullo stipendio, ma è anche una questione di qualità di vita, di opportunità. Dobbiamo creare un ecosistema di opportunità che rassicuri i nostri cittadini, che gli dia occasioni di incontro”.
Infine ha parlato Giustina Orientale Caputo, Professoressa associata di Sociologia del lavoro presso il Dipartimento di Scienze Sociali dell’Università Federico II di Napoli, secondo la quale “la nostra emigrazione non può essere considerata un fenomeno nuovo. Siamo un paese crocevia di migrazione. Emigrano più laureati perché è aumentata la scolarizzazione, che non significa non chiedersi perché partano o perché non ritornino. Il mercato del lavoro costituisce l’effetto spinta. Lo era e lo è tutt’ora”. “Siamo il secondo paese più vecchio al mondo e di questo non abbiamo ancora preso coscienza – ha concluso -: dovremmo guardare, programmare e connettere i fenomeni. Arrivare a una cittadinanza attiva per chi lavora, inclusiva. Abbiamo molti margini, perché abbiamo poca occupazione giovanile, poca occupazione femminile, e partendo da livelli più bassi abbiamo più margine di recupero”. (l.m.\aise)
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