Perché sul canale di Panama ha ragione Donald Trump

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I cinesi sostengono di non gestire il canale di Panama, mentre il presidente degli Stati Uniti, Donald Trump, durante il discorso d’insediamento alla Casa Bianca, ha ribadito che i traffici nel canale artificiale che collega l’Atlantico e il Pacifico sono sotto il controllo di Pechino. «Noi non l’abbiamo dato alla Cina, l’abbiamo dato a Panama e lo riprenderemo», ha assicurato Trump. L’aspetto peculiare di questa questione è che il ministro degli Esteri cinese, Mao Ning, può dire quello che vuole, ma l’influenza del Dragone sul canale di Panama è più che evidente.

Partiamo con il dire che nel 1996 Panama stipulò un accordo di 25 anni per far gestire i porti principali del canale a una società di Hong Kong. Il Congresso e la Commissione Marittima Federale degli Usa, anche se non particolarmente contenti della decisione, stabilirono che l’accordo non rappresentava una minaccia agli interessi americani, dato che Hong Kong era una colonia britannica. La situazione però cambiò nel giro di un anno: nel 1997 Hong Kong tornò sotto il dominio cinese che ne assunse il controllo completo. Nel 2021, scaduto l’accordo precedente, Panama decise di rinnovare la concessione alla stessa società di Hong Kong, dando di fatto il controllo cinese sul canale. Da sottolineare poi che la Cina è cresciuta come potenza economica e rilevanza dal 1997 al 2021, entrando, di fatto, in competizione con gli Usa.

Due punti, infine:

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  • Nel 2017 Panama ha tagliato i legami diplomatici con Taiwan per allearsi con Pechino;
  • Tre anni fa, la Cina ha investito più di 2,5 miliardi di dollari nella zona del canale di Panama. E allo stato attuale la presenza del Dragone nel canale è rilevante, con più di 40 aziende.

Quindi, la dichiarazione di Trump sulle influenze cinesi sul canale di Panama è più che corretta. Meno lo sono invece le dichiarazioni del ministro degli Esteri Ning sul fatto che «la Cina, non partecipa alla gestione né al funzionamento del canale, non interferisce mai negli affari del canale, rispetta sempre la sovranità di Panama sul canale e riconosce il canale come una via d’acqua internazionale neutrale e permanente». Chiariamo meglio: dal punto di vista tecnico è vero che la Cina non gestisce in modo diretto il canale di Panama, ma dal lato pratico, la sua influenza è cresciuta nel corso del tempo, così come anche la sua presenza.

Dazi, Brics e Intelligenza artificiale sono gli altri temi di tensione

Se nella giornata di martedì 21 gennaio, complice anche il Forum di Davos, la Commissione europea ha risposto alle parole del presidente degli Usa Donald Trump, il giorno dopo, mercoledì 22 gennaio, è toccato alla Cina. Il Dragone ha infatti voluto mettere i puntini sulle ‘i’ sui Brics e sui dazi, il tutto senza dimenticare la competizione serrata che si sta sempre di più sviluppando tra le due potenze sul tema dell’intelligenza artificiale.

Dazi: dalla Cina ai Brics

La Cina è nel cuore di Trump, non solo per la questione del canale di Panama ma anche per i dazi e per far parte dei Brics. Trump ha infatti minacciato, ripetendo quanto già aveva affermato durante la campagna elettorale, che imporrà dei dazi fino al 100% se il gruppo dei paesi emergenti non rinuncerà alla creazione di una valuta comune – BRICS Pay – alternativa al dollaro. La Cina, da parte sua, essendo il principale partecipante del gruppo, per voce del portavoce del ministero degli Esteri Ning, ha risposto alle minacce di Trump sottolineando che il gruppo dei paesi Brics, «in quanto importante piattaforma per la cooperazione tra mercati emergenti e paesi in via di sviluppo, promuove apertura, inclusività e cooperazione win-win». «Stiamo cercando uno sviluppo comune e una prosperità condivisa», ha aggiunto Mao nel briefing quotidiano.

Per quanto riguarda i dazi, ad hoc, verso la Cina (il 60%), il Dragone ha copiato e incollato la posizione dell’Ue sostenendo che «non ci sarà un vincitore nella guerra tariffaria o commerciale», ma che «difenderemo gli interessi nazionali contro i dazi di Trump». La Cina si è inoltre detta «disposta a mantenere la comunicazione con gli Stati Uniti, a gestire correttamente le differenze e ad espandere la cooperazione di vantaggio reciproco al fine di promuovere uno sviluppo stabile, sano e sostenibile delle relazioni bilaterali».

Intelligenza artificiale: continuare gli investimenti per evitare sorpasso cinese

L’amministratore delegato di OpenAI, Sam Altman, si è presentato alla Casa Bianca nel pomeriggio di martedì 21 gennaio per un colloquio con Trump. Hanno parlato di un progetto di data center sull’intelligenza artificiale denominato Stargate, che prevede anche una collaborazione con Oracle e SoftBank. Ormai da diversi mesi i leader dell’intelligenza artificiale avevano segnalato che per alimentare il settore sono necessari maggiori investimenti nei data center, ovvero chip, elettricità e risorse idriche. Allo stato attuale Oracle è tra i più grandi operatori di data center degli Stati Uniti, mentre SoftBank è in possesso delle risorse necessarie per finanziare l’espansione delle infrastrutture dell’intelligenza artificiale. Altman, che ha partecipato all’insediamento di Trump nella Rotonda del Campidoglio, aveva esortato più volte in passato i funzionari statunitensi a contribuire alla costruzione di queste infrastrutture per garantire che gli Stati Uniti rimangano in vantaggio rispetto alla Cina nel settore dell’intelligenza artificiale, che ormai coinvolge tutti i campi, dalle capacità militari all’economia.

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