Quando sono i migranti a finire nelle carceri libiche, tra ricatti e torture, magari dopo essere stati fermati nel Mediterraneo dalle navi regalate dall’Italia alla cosiddetta guardia costiera, il governo Meloni non fa una piega. Anzi, non perde occasione di sottolineare i rapporti col governo di unità nazionale di Tripoli e di ringraziare per il contrasto alle partenze. Proprio il rapporto con Tripoli potrebbe aver spinto il Guardasigilli Carlo Nordio a non dare corso alla richiesta di arresto della Corte penale internazionale (Cpi) a carico del cittadino libico Njeem Osama Elmasry, noto come Almasri, dopo aver annunciato di voler “valutare” la trasmissione formale al Procuratore generale di Roma. Almasri, capo della polizia giudiziaria libica, è stato arrestato domenica a Torino. La Corte lo accusa di crimini di guerra e gravi violazioni dei diritti umani: torture e abusi commessi nel centro di detenzione di Mitiga a Tripoli, di cui era responsabile. “È gravissimo che il comandante della polizia giudiziaria libica, arrestato domenica scorsa a Torino, sia stato rilasciato e rinviato in Libia, nonostante ci sia un mandato d’arresto della Corte penale internazionale. Presentiamo una interrogazione urgente al ministro Nordio affinché venga a riferire in aula già nelle prossime ore”, attacca il segretario di +Europa Riccardo Magi.
Secondo l’indagine della Cpi, Almasri sarebbe al vertice del sistema detentivo che ha alimentato anche lo sfruttamento dei migranti da parte delle milizie armate. Tanto che il suo arresto non è stato digerito. Le autorità libiche, in particolare la polizia giudiziaria di Tripoli e l’istituto di pena Ain Zara Main, hanno condannato l’arresto definendolo “arbitrario” e chiedendo l’intervento del governo libico per ottenere il rilascio. Al contrario, nelle accuse che riguardano Almasri, alcune organizzazioni non governative vedono la prova della criminalità del sistema. L’arresto avrebbe dovuto portare alla sua estradizione verso l’Aja per il processo, ma il ministero ha fatto sapere in una nota di stare “valutando” la trasmissione al pg di Roma, l’autorità giudiziaria competente, “ai sensi dell’articolo 4 della legge 237/2012”. Ma quella legge, ha ribattuto a stretto giro Nicola Fratoianni di Alleanza Verdi e Sinistra, dice altro. “Siamo sorpresi dalle parole “sta valutando, anche perché l’articolo 4 richiamato nella nota del ministero di Via Arenula dice che “il ministro della giustizia dà corso alle richieste formulate dalla Corte penale internazionale, trasmettendole al procuratore generale presso la corte d’appello di Roma perché vi dia esecuzione,(…)”. C’è quindi ben poco da valutare e aspettiamo dal ministero della giustizia parole chiare e inequivocabili che escludano ogni possibile dubbio sul fatto che la giustizia faccia il suo corso nei confronti di un trafficante di esseri umani”, conclude Fratoianni. Gli interrogativi sono molti, a partire dalla presenza in Italia di Almasri, nonostante l’ipotesi che fosse a Torino per assistere alla partita di calcio Juventus-Milan di sabato sera. La vicenda potrebbe trasformarsi in una grana diplomatica, ma ancora più preoccupante potrebbe essere il processo a un alto ufficiale libico, considerato figura di raccordo tra la guardia costiera finanziata dai governi italiani e dall’Unione europea, capace di consegnare i migranti bloccati in mare alle torture delle carceri e allo sfruttamento delle milizie.
Anche la ong Amnesty International aveva chiesto all’Italia di “adempiere al proprio obbligo fondamentale di arrestare tempestivamente e consegnare alla Corte penale internazionale tutte le persone con mandati di arresto emessi dalla stessa, incluso Osama Njeem”: il suo arresto, scriveva Amnesty, “deve essere un’opportunità per porre fine al ciclo di impunità e delle violazioni dei diritti umani delle milizie libiche”. La ong ricorda di aver documentato “a lungo le terribili violazioni commesse con totale impunità nella prigione di Mitiga a Tripoli: queste includono torture e maltrattamenti, uccisioni illegali, sparizioni forzate e altri crimini previsti dal diritto internazionale, oltre a gravi violazioni dei diritti umani. Considerando l’assenza di prospettive per un’assunzione di responsabilità interna in Libia nei confronti dei potenti di comando delle milizie, l’Italia e tutti i membri della comunità internazionale devono perseguire la giustizia per i crimini previsti dal diritto internazionale”, affermava la nota.
***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****
Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link