Infrastrutture, l’assessore De Berti: «Dieci anni per completare la Tav veneta»

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difficile da pignorare

 


I cantieri dell’alta velocità, i presunti sabotaggi alle linee ferroviarie, le polemiche sulla Pedemontana, l’Olimpiade e le beghe della politica.

Sono tante le questioni di cui abbiamo parlato con la vicepresidente della Regione e assessora ai Trasporti, Elisa De Berti, ospite della redazione del Mattino di Padova, che insieme ad altri cinque quotidiani fa parte del gruppo Nem, per un’intervista a 360 gradi. Una fotografia sullo stato di salute delle infrastrutture del Veneto, sulle partite da chiudere prima della fine del mandato e quelle che invece avranno bisogno di diverso tempo prima di vedere la luce. Una su tutte l’Alta velocità sulla tratta Brescia – Padova.

A che punto siamo? C’è il rischio che i lavori rallentino, dopo la mancata proroga del decreto Asset?

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«Oltre alla Brescia-Padova va considerato anche il Brennero per cui ad oggi si parla del 2032. L’alta velocità è completamente finanziata fino a Vicenza, parliamo di 7–8 miliardi di euro. È parzialmente finanziato il nodo est di Verona, mentre per quanto riguarda il tratto da Vicenza a Padova è finanziata solo la progettazione. C’è il grosso dilemma dell’uscita da Vicenza, che è stata anche materia di campagna elettorale e questo rende tutto molto più difficile, ma confido che si arrivi presto ad una decisione».

Elisa De Berti, il punto sulle infrastrutture in Veneto: “Alta velocità, una partita ancora aperta”

«Nel 2020 è sostanzialmente emerso che la stazione di Padova non poteva ricevere i treni ad alta velocità e quindi deve essere rifatta completamente. Ora stiamo ragionando sulla progettazione, che non è ancora finita. Se pensiamo all’iter autorizzativo, la gara, l’appalto e l’inizio dei lavori, secondo me l’alta velocità arriverà a Padova tra dieci anni, e metterei la firma ora. Per ora siamo un po’ in una fase di stallo sulla progettazione».

A proposito di treni, ma lei crede alle teorie sui sabotaggi?

«È un dato di fatto che non c’era mai stata una tale concentrazione di malfunzionamenti come quella che abbiamo visto negli ultimi mesi. Non è una questione di quanto tempo il ministro sia presente in ufficio: o l’infrastruttura è stata mantenuta correttamente, o non lo è stata. Forse sta mostrando cedimenti dovuti proprio alla tenuta. Se ci sono stati dei sabotaggi lo capiremo, ci sono verifiche in corso. Ma sicuramente la linea verso Roma è troppo carica: quando dicono che bisognerebbe togliere qualche treno non è un discorso di tagliare i servizi, ma di chiedersi se non siano stati messi troppi servizi rispetto alla capacità della linea. C’è un treno dietro l’altro e appena uno fa un minuto di ritardo scatta un effetto domino che impatta tutta la circolazione. Se io fossi al ministero farei una valutazione su eventuali integrazioni con gli aerei».

A livello europeo, per questioni di sostenibilità, però si sta cercando di disincentivare l’uso dell’aereo.

«Bisogna entrare nell’ottica di ragionare sulla mobilità guardando non solo al singolo mezzo di trasporto, ma anche alle alternative, per potenziare la viabilità».

La viabilità è un tema importante anche per quanto riguarda l’Olimpiade. Che cosa si aspetta?

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«Il potenziamento è tutto concentrato sulla statale 51, l’Alemagna. Qui Anas investe quasi due miliardi di euro, un miliardo solo tra Cortina e Longarone e poi ci sono tutte le varianti. A Tai e Valle stanno correndo per realizzarle. Quella di San Vito è stata oggetto di ricorsi e ha avuto rallentamenti. Mi auguro che si proceda velocemente, anche perché dovevano essere pronte nel 2023 e siamo nel 2025. Anche in quel caso le autorizzazioni hanno causato dei ritardi. Tenete presente che Cortina è suddivisa in tre lotti. La variante Lungo Boite, quella di ingresso a Cortina e poi quella in galleria. Le prime due sono in corso e verranno completate presto, invece per quanto riguarda la galleria è stato stimato che aprire i cantieri prima dell’Olimpiade avrebbe avuto un conflitto con la realizzazione dei Giochi, ostacolando la viabilità. Quindi i cantieri partiranno subito dopo l’evento. Questa variante, che costa più o meno 500 milioni, è finanziata parzialmente con 250 milioni. Il ministro Giorgetti si era impegnato a stanziare entro l’Olimpiade gli altri 250 milioni. Invece, per quanto riguarda la variante di Longarone, doveva essere realizzato un viadotto: si è costituito un comitato a Longarone che ha chiesto la modifica del progetto e quindi ora si è in stallo. È totalmente finanziato, però, e può andare avanti. Questa però è tutta “legacy”: non sono infrastrutture necessarie alla svolgimento dell’Olimpiade».

Il ministero ha sbloccato la concessione della A22 del Brennero, venendo incontro agli enti locali. Ci si può aspettare la stessa attenzione anche quando andrà in scadenza, a fine 2026, la Brescia-Padova?

«Spero di sì. La Regione ci sta pensando dal 2016, nel momento in cui con l’ex ministro Delrio abbiamo firmato il protocollo per il rinnovo della concessione sulla Venezia-Trieste. Delrio aveva aperto al fatto che le concessioni autostradali rimanessero in gestione pubblica con un affidamento in-house. Per quanto riguarda la Venezia-Trieste abbiamo chiuso la procedura solo nel 2024. Ci abbiamo messo otto anni però abbiamo chiuso la partita e abbiamo il nuovo concessionario.

Sulla Brennero il processo è ancora in corso: hanno pubblicato il bando, ma l’Europa si deve esprimere sulla prelazione. Comunque, quando sono iniziate le discussioni io mi ero posta una domanda: se la Venezia-Trieste rimane pubblica e la Brennero rimane pubblica, perché la Brescia-Padova non può diventare pubblica? Parliamo di 80 milioni di utili all’anno, che oggi vanno in tasca ai privati. C’è una legge del 2007 che prevede che, per il Cav, gli utili vadano alla Regione, che li può investire in infrastrutture su tutto il territorio regionale. Su questo ci aspettiamo una decisione a breve dal ministero».

Per allungare la concessione, il concessionario ha proposto la realizzazione della quarta corsia, dicendo che sia fondamentale per i flussi di traffico.

«Ognuno cerca di tirare acqua al suo mulino. La concessione è andata in proroga per la Valdastico, che è un’infrastruttura assolutamente necessaria. Perché con l’apertura della Pedemontana i flussi di traffico sulla Valsugana sono aumentati in maniera smisurata. E tanti, soprattutto quelli che vengono da nord, non fanno più la A22, ma scendono dalla Valsugana ed entrano in Pedemontana. L’unico modo per poter deviare questo traffico, e liberare la Valsugana, è il completamento della Valdastico.

Ma quel progetto non andava avanti e il concessionario a quel punto ha chiesto di poter fare il progetto della quarta corsia. Noi abbiamo fatto fare degli studi a Cav ed è emerso che la quarta corsia fisica non ci sta. A Verona dovrebbero spostare la tangenziale. Comunque a Montecchio, dove c’è il problema della saturazione dei flussi, abbiamo la Pedemontana che di fatto è un bypass verso Padova e Venezia. Il problema della Pedemontana in questo momento è il prezzo. Perché il pedaggio costa molto di più di quello della Brescia–Padova, che però è entrata in servizio sessant’anni fa».

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A fine 2024 avete presentato un piano importante di sconti per la Pedemontana. Non temete che possa pesare troppo sulle entrate?

«Il piano partirà realisticamente da marzo, il concessionario sta lavorando con gli operatori di telepedaggio, che era l’unico modo che avevamo per applicare gli sconti. Per quanto riguarda le entrate, non siamo preoccupati. Quello che puntiamo ad aumentare è traffico nuovo: andiamo a fare degli sconti ad una tipologia di traffico che oggi non c’è o che è proprio al minimo. Perché il traffico al di sotto dei 30 km in Pedemontana corrisponde appena a qualche punto percentuale. Uno sconto del 60 per cento su tratte di 25 chilometri farà sì che l’impatto sul bilancio sia contenuto».

Gli autotrasportatori hanno lamentato di non essere stati inclusi nel piano di riduzione delle tariffe.

«Il traffico maggiore è quello pesante, che è molto di più di quello che era stato preventivato. Se andassimo a fare qui delle agevolazioni ci sarebbe una perdita difficile da gestire. Intanto incentiviamo un tipo di traffico che manca, poi vedremo».

Al momento è più probabile che la Pedemontana e la A4 vadano a Cav o che la Pedemontana migri verso Roma?

«Che il ministero potesse prendersi la Pedemontana era un ragionamento fatto sempre nell’ottica di visione complessiva. Il ministero aveva proposto di prendersi la Pedemontana e metterla a sistema con la Brescia-Padova. Ma questa è la stessa cosa che vorrebbe fare la Regione se ci dessero la Brescia–Padova. Visti gli utili che produce questa tratta, noi preferiremmo gestirla internamente. La questione giù a Roma c’è: l’importante è che la SPV non resti senza la Brescia-Padova. Cav è pronto e il ministro Salvini in una lettera a Zaia tempo fa si era mostrato disponibile. Non voglio pensare che il governo di centrodestra si rifiuti di darci la Brescia–Padova, in quel caso avremmo qualche difficoltà».

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Sulle penali per il Sis a che punto siamo? E non è un problema che sia in corsa per realizzare un’altra infrastruttura?

«Per le penali dobbiamo aspettare che venga dichiarata la fine dei lavori, altrimenti non è possibile fare calcoli. No, non ci sono problemi per la realizzazione della Via del Mare, sono due contratti distinti. Sulla Pedemontana noi siamo andati in attrito per la galleria di Malo: abbiamo presentato una diffida e stiamo facendo degli studi per capire come risolvere il problema delle infiltrazioni. Non faremo sconti».

Veniamo ai porti. Siete soddisfatti del mandato di Di Blasio, in scadenza?

«Abbiamo lavorato bene. Gli abbiamo sempre dato l’input di non pensare al porto di Venezia o di Chioggia, ma al porto del Veneto. Sul rinnovo di Di Blasio verranno fatte delle proposte da parte del ministero al presidente del Regione. Ci sono tante autorità di sistema portuale in scadenza, quindi la visione che avrà il ministero sarà quella di mettere la persona più adeguata».

Cosa pensa di un’alleanza dei porti dell’Alto Adriatico?

«Sono assolutamente favorevole perché più sei grande più sei forte, soprattutto in quegli ambiti dove la competizione è internazionale. È inutile che Trieste, Venezia e Ravenna si facciano la guerra tra loro o facciano cose che si sovrappongono. Nel momento in cui si definisce la specialità di ogni porto e lo si specializza su quel tipo di trasporto di merce si crea un’unica grande infrastruttura».

Chiudiamo con la politica. Nel totonomi per il dopo Zaia è stato fatto anche il suo.

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«Sono vicepresidente, difficile che il mio nome non uscisse. A me piacerebbe portare avanti il lavoro fatto, con lo sblocco del mandato del presidente Zaia. Sono per quella soluzione ma non è una cosa che decidiamo noi. Invece discutiamo dello sblocco dei mandati per gli assessori, che è da tempo che diciamo di volerlo approvare. La partita più interessante comunque è quella sui governatori. Il Piemonte, che è governato da Forza Italia, l’anno scorso ha recepito la legge nazionale, come ha fatto De Luca. Il governo ha accolto la legge per far fare a Cirio, che è un bravissimo presidente, quattro mandati. Mentre su quella di De Luca, che ha fatto la stessa cosa, il governo ha deciso di opporsi».

«E per quanto riguarda Zaia non vogliono nemmeno prendere in considerazione la questione. Non si può avere un approccio in Piemonte, un altro in Campania e un altro ancora in Veneto. Non è normale che ci siano 15 governatori e un centinaio di sindaci che hanno il limite dei due mandati.

Si dovrebbe mettere per tutti a questo punto, non ditemi che i centri di potere si possono creare solo in 15 regioni e in quei cento Comuni sopra i 15 mila abitanti. Però per me la continuità è fondamentale: in dieci anni io ho chiuso tantissime partite, però ne lascio anche tante aperte che potrebbero incidere sul futuro della Regione. Se arriva una persona che parte da zero ha bisogno di un anno e mezzo per comprendere la situazione. E se non condivide alcune opere? Mi piangerebbe il cuore».



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