Cultura, nel Piano Olivetti niente soldi ma assunzioni al ministero

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Spunta, a firma di Fratelli d’Italia, la proposta che istituisce una struttura di missione per il Piano Olivetti. Il costo è di quasi 3,5 milioni di euro in quattro anni. La misura era stata cancellata dal sottosegretario Mantovano, provocato l’irritazione del ministro Giuli

Mancano i soldi per il Piano Olivetti, ma non quelli per assumere altro personale al ministero. Per il caposaldo del decreto Cultura, voluto dal ministro Alessandro Giuli con lo scopo di sostenere le periferie, non ci sono risorse fresche. Il capitolo è in sospeso.

Il progetto, ideato per favorire la diffusione della cultura nelle aree svantaggiate, si dovrà muovere con le risorse «a legislazione vigente», quindi una cifra ancora da definire in un futuro decreto attuativo.

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Ma allo stesso tempo dal carniere del percorso in parlamento vengono pescati 866mila euro all’anno fino al 2028. Lo scopo? L’istituzione di un’unità di missione che si prefigge l’obiettivo di realizzare il piano Olivetti.

Insomma, quasi 3,5 milioni di euro in un quadriennio per garantire altro personale al Collegio romano. «Non c’è un euro sul piano Olivetti, ma si fanno unità di missione», dice a Domani Irene Manzi, capogruppo del Partito democratico in commissione Cultura alla Camera.

Tra gli emendamenti al decreto, in esame alla Camera, c’è infatti una proposta firmata dal relatore, Federico Mollicone (Fratelli d’Italia), per la creazione da zero dell’organismo. Nel dettaglio viene previsto un «dirigente generale» più ­«cinque unità di personale non dirigenziale» che possono essere reperite anche dalle «altre amministrazioni pubbliche», si legge nel testo dell’emendamento. Da qui vengono stanziati i fondi appositi.

Lo scontro con Mantovano

Rientra così dalla finestra quello che era uscito dalla porta del primo confronto sul provvedimento. Con tanto di tensioni nel governo. Il sottosegretario alla presidenza, Alfredo Mantovano, aveva preso in mano il dossier del decreto Cultura, stralciando proprio il finanziamento inserito per il reclutamento di nuovo organico nell’ambito del piano Olivetti.

Il braccio destro di Giorgia Meloni a palazzo Chigi non ha gradito le nuove spese. E soprattutto ha bocciato l’operazione di accentramento, secondo la sua visione, portata avanti da Giuli.

Una decisione che, stando a quanto raccontato a Domani, ha causato malumori al ministro della Cultura. Giuli ha cercato di resistere ai tagli di Mantovano, facendo notare che stava portando a termine un intervento che accoglieva tutti i rilievi delle opposizioni. In particolare il Pd, alla lettura della prima bozza del provvedimento, aveva fatto le barricate e contestato proprio l’impiego di risorse economiche per la struttura di missione

Certo, l’intento del piano Olivetti è nobile. Prevede, tra le varie cose, di «valorizzare le biblioteche, con il loro patrimonio materiale e digitale, quali strumenti di educazione intellettuale e civica, di socialità e di connessione con il tessuto sociale» e «promuovere la filiera dell’editoria libraria, anche attraverso il sostegno alle librerie caratterizzate da lunga tradizione, interesse storico-artistico e di prossimità». Come si declinerà questo ambizioso progetto spinto da Giuli resta ancora da vedere.

Quelli degli organismi fondati di punto in bianco è una caratteristica del decreto. Il provvedimento istituisce un’altra unità di missione – una vera passione nel governo Meloni – per la «cooperazione culturale con l’Africa e il Mediterraneo allargato­­». In questo caso non c’è stato bisogno di emendamenti in parlamento, è nel testo pubblicato alla fine di dicembre.

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Lo stanziamento è lo stesso di quello proposto nel Piano Olivetti: 866mila euro con le stesse modalità di reclutamento del personale.

Battaglia sulla carta

Ma sul decreto Cultura si sta per consumare un’altra battaglia campale: il ripristino della Carta 18 App, voluta dal governo Renzi per dare un bonus da spendere in cultura ai neo-maggiorenni.

La misura è stata confermata fino all’intervento dell’ex ministro della Cultura, Gennaro Sangiuliano, che ha rivisitato lo strumento. Togliendo anche delle risorse e sostituendola con la carta della cultura e del merito, che si è rivelata un flop. «Lo scarso utilizzo delle carte Cultura e del Merito da parte dei neo-diciottenni nel 2024 è tra le cause della flessione delle vendite dell’editoria italiana negli ultimi 12 mesi», ha denunciato l’Associazione italiana editori (Aie) durante l’audizione alla Camera sul decreto Cultura.

Ora Italia viva ci riprova con un emendamento firmato da Roberto Giachetti. Manzi, invece, evidenzia le priorità per il Pd: «Insistiamo sul tema della strutturalità delle risorse per l’editoria e la condizione dei lavoratori precari del ministero della Cultura i cui contratti sono scaduti il 31 dicembre scorso».

© Riproduzione riservata



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