Riprendere col cellulare una operazione di polizia, necessita dell’Autorizzazione dell’Autorità – Guardiavecchia.net

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Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 


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REDAZIONE – Facendo riferimento al noto recente caso di cronaca, a proposito dell’inseguimento di Ramy Elgaml – morto al termine di una fuga – portata avanti per circa 8 km per le strade di Milano, con la Procura della Repubblica indagante che ha fatto sapere che non ci sarebbe stata alcuna violazione di regole, protocolli o norme penali nelle modalità di inseguimento da parte delle tre auto dei Carabinieri coinvolte, che hanno tallonato il TMax fino a farlo cadere, causando la fatale e dolorosa morte al giovane Ramy, intendiamo commentare (con regole alla mano…) solamente il secondo episodio che ha visto due carabinieri ordinare ad un passante di cancellare dal suo cellulare le riprese video dell’ultima fase dell’incidente.

Ebbene, a proposito di questo, è inutile negare che molti cittadini, servendosi di smartphone o altri dispositivi di videoripresa, documentano con disinvoltura e curiosità le varie attività svolte dagli operatori delle Forze dell’Ordine per poi pubblicarle su vari social network commentando l’accaduto.

Dilazione debiti

Saldo e stralcio

 

La domanda è: Si possono video-riprendere le operazioni di Polizia in luogo pubblico e renderle accessibili a tutti?

Sull’argomento, il Garante della privacy ha stabilito che “è legittimo fotografare o filmare i funzionari pubblici e i pubblici ufficiali, compresi i rappresentanti delle Forze di Polizia impegnati in operazioni di controllo o presenti in manifestazioni o avvenimenti pubblici, ma a patto che ciò non sia espressamente vietato dall’autorità pubblica ed a condizione che le operazioni non siano coperte da segreto istruttorio.

L’uso delle immagini e delle riprese deve, quindi, sempre rispettare i limiti e le condizioni dettate dal Codice in materia di protezione dei dati personali. Infatti, immagini e filmati rientrano nella definizione di dato personale e sia l’acquisizione, sia la diffusione costituiscono un trattamento di dati ai quali si applica la disciplina del Codice della Privacy.”

A ciò, vanno quindi posti alcuni limiti:

  • bisogna evitare la diffusione dei documenti fotografici tutte le volte in cui l’autorità pubblica lo vieti;
  • è necessario inoltre ricordare che la legittimità dell’utilizzo delle immagini può variare a seconda delle modalità con cui avviene la comunicazione (a seconda che si tratti di circolazione di dati tra un numero ristretto di persone, diffusione in rete, ecc.) e dello scopo del loro utilizzo (se a fini di Giustizia o di pura diffamazione).

In sintesi, non vi sono norme di ordine pubblico che vietino di fare filmati e fotografie agli operatori delle forze di polizia, ma valgono le normali regole dettate dal codice della privacy, valide anche per tutti gli altri privati cittadini.

Il Garante ricorda comunque che, per quanto riguarda l´utilizzazione delle immagini, è necessario prestare particolare attenzione alle condizioni e ai limiti posti dal Codice della privacy a seconda che si tratti di circolazione di dati tra un numero ristretto di persone, diffusione in rete o loro utilizzo a fini di Giustizia.

Ma, poiché caricare su Internet o sui social dei dati personali configura un trattamento di dati e, quindi, richiede una delle motivazioni di cui all’art. 6 GDPR, ai fini della liceità del trattamento, è vietato diffondere un video o una foto, a meno che non si adottino degli accorgimenti per rendere irriconoscibili le persone riprese (per es. sfocando l’immagine del viso…) o non si sia ottenuto il consenso della persona fotografata o filmata o non vi sia uno degli altri motivi, elencati nell’articolo precedentemente menzionato, che rende lecito il trattamento dei dati (altrimenti, vietato). E questo vale per tutti, semplici cittadini e pubblici ufficiali, a meno che i dati non siano necessari all’attività giornalistica, ai fini di una corretta informazione, e solo se le immagini sono di interesse generale. I giornalisti, infatti, devono, comunque, evitare di mostrare particolari che nulla aggiungono al senso della notizia. Il Garante ha sottolineato che le persone riprese che ritengono lesi i propri diritti possono sempre far ricorso agli ordinari rimedi previsti dall’ordinamento in sede civile e penale.

Per quanto concerne invece le riprese all’interno di strutture militari, la questione cambia. Come non si possono effettuare senza il consenso riprese all’interno di abitazioni private, a maggior ragione non si possono effettuare all’interno di uffici pubblici, vuoi per motivi di sicurezza, salvo l’autorizzazione del Comandante del presidio. In tal senso si sono pronunciati anche organi dell’Unione Europea. Mentre registrare l’audio all’interno dei citati uffici, considerati luoghi aperti al pubblico, non rappresenta una violazione (Cass. n. 18908/2011 registrazione conversazioni tra presenti), ad eccezione di quanto oralmente proferito nel corso di atti di polizia giudiziaria o coperti da segreto d’ufficio. La divulgazione delle registrazioni audio consentite sono possibili solo dopo aver acquisito il consenso dell’altra parte. Sotto il profilo penalistico, qualora la registrazione avvenga da parte di un soggetto non partecipante alla conversazione (soggetto terzo), è configurabile l’ipotesi di reato di cui all’art. 615-bis c.p. (“Interferenze illecite nella vita privata“), avendo effettuato un’intercettazione illegale.

Altresì, premesso quanto sopra, qualora durante un controllo di polizia un militare si dovesse accorgere di essere video-ripreso/registrato, può diffidare l’autore delle riprese a non utilizzare tale materiale che potrebbe essere acquisito in violazione alle norme in materia di protezione dei dati personali – (art. 6 del Regolamento (UE) 2016/679 del Parlamento Europeo e del Consiglio del 27 aprile 2016) e secondo i limiti indicati dal Garante della privacy con nota 14755 del 5 giugno 2012 con la quale ha fornito il proprio parere ad un quesito del Ministero dell’Interno.

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Sarà possibile attuare quanto previsto dalla predetta norma comunitaria che, con gli artt. dal 15 al 21, consente alla persona ripresa di richiedere tra l’altro:

  • in che modo e per quale scopo verranno trattati i propri dati personali;
  • a chi saranno comunicati o se saranno diffusi i propri dati personali;
  • il diritto previsti dall’art. 21 del regolamento UE sopra indicato (laddove si prevede il diritto di opposizione al trattamento);
  • chi è il titolare e (se è stato designato) il responsabile del trattamento.

Giova inoltre ricordare che chiunque cagiona danno ad altri per effetto del trattamento di dati personali è tenuto al risarcimento ai sensi dell’art. 2050 del Codice Civile.

La materia è, comunque, estremamente fluida e le normative debbono essere valutate caso per caso. Si pensi, ad esempio, alle difficoltà attuative del diritto alla cancellazione di cui all’art. 17 del Regolamento UE che non sono applicabili nella misura in cui il trattamento sia necessario per l’esercizio del diritto alla libertà di espressione e di informazione (operatori della stampa) o per le altre ipotesi previste dalla stessa norma.

Appare doveroso ricordare, infine, che all’atto di un normale controllo di polizia, l’operato del militare/agente deve essere sempre improntato alla correttezza, imparzialità e professionalità senza mai trascendere in atteggiamenti contrari allo status di appartenente alla Forze dell’Ordine.

Inoltre, i militari o gli agenti in uniforme o a bordo di veicoli con i colori d’Istituto non hanno l’obbligo di mostrare la tessera personale, ma basterà indicare il Reparto di appartenenza. I militari in servizio in abiti civili, invece, devono qualificarsi mostrando la tessera personale di riconoscimento quale appartenente alla Forza di Polizia operante.

In caso di “Rifiuto d’indicazioni sulla propria identità personale”, l’art. 651 C.P. prevede che il soggetto controllato fornisca indicazioni (anche orali) sulla propria identità personale, sul proprio stato, o su altre qualità personali (non sussistendo l’obbligo del porto di un documento di riconoscimento). Solo nel caso in cui vi siano dubbi sulle indicazioni fornite, ovvero sulla correttezza dei dati personali o sulla genuinità dei documenti posti in visione, la persona da identificare correttamente potrà essere accompagnata presso l’Ufficio di Polizia per gli accertamenti, anche dattiloscopici e fotografici, procedendo al fermo d’identificazione ex art. 11 D.L. 21 marzo 1978, n.59 e art.4 del T.U.L.P.S.

Concludendo, secondo l’Avvocato Generale della Corte di Giustizia UE è vietato riprendere e diffondere immagini di pubblici dipendenti nel pieno svolgimento delle loro mansioni senza il loro consenso.

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Si tratta di attività che devono essere coperte da privacy.

Al di là di ogni legittimo commento… Questo è!

(Alberto Tinteri)

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