In caduta il mercato dei suini – Zootecnia

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I primi segnali di cedimento si sono visti a novembre, quando i prezzi dei suini da macello pesanti hanno perso il 3,6%.

Dicembre ha confermato la flessione di mercato e i prezzi hanno lasciato sul campo quasi l8%.

Inevitabili le conseguenze sul portafoglio degli allevatori, che vedono la redditività delle imprese a ciclo chiuso in forte calo.

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La conferma arriva dalle analisi del Crefis, il Centro per le Ricerche Economiche sulle Filiere Sostenibili dell’Università Cattolica di Piacenza, diretto da Gabriele Canali.

Ma vediamo in dettaglio l’andamento nelle varie fasi che compongono la filiera suinicola.

 

Gli allevamenti

Iniziamo dal ciclo chiuso, dove in dicembre le quotazioni dei capi da macello pesanti destinati al prodotto tutelato hanno perso il 7,8% su base mensile, fermandosi a 2,111 euro/chilogrammo (-5% la variazione tendenziale).

Il concomitante rincaro dei costi per l’alimentazione suina si è riverberato sulla redditività degli allevamenti, con l’indice Crefis che ha segnato a livello congiunturale una flessione del 7,6%, sebbene la variazione tendenziale resti positiva e pari a +1,6%.

 

Il calo delle quotazioni dei suini da macello pesanti ha condizionato negativamente anche l’andamento della redditività della fase di ingrasso del ciclo aperto che, sempre a dicembre, ha segnato -5,2% mese su mese (-2,6% la variazione su base annuale) nonostante l’abbattimento dei costi di approvvigionamento dei suinetti a inizio ciclo produttivo.

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Positiva invece la redditività della fase di scrofaia che in dicembre mostra un indice Crefis a +4,5% rispetto al mese precedente (-9,7% la variazione anno su anno) supportata dall’aumento dei prezzi medi mensili dei suinetti da 7 chilogrammi che hanno raggiunto i 70,133 euro/chilogrammo, guadagnando il 4,5% rispetto al mese precedente, anche se la variazione tendenziale rimane negativa e pari a -11,2%.

 

Favorevole l’andamento della redditività della fase di svezzamento che, sempre nel periodo considerato, sale del 3,3% su base mensile (il confronto con i valori dello scorso anno è però pari a -11,7%), sorretta principalmente dalla stabilità del prezzo dei suini da 40 chilogrammi che si conferma a dicembre a 2,837 euro/chilogrammo (negativa la variazione tendenziale a -15,1%) e dai minori costi sostenuti a inizio ciclo produttivo.

 

La macellazione

Per ciò che riguarda il comparto della macellazione, si registra a dicembre un andamento positivo della redditività sia a livello congiunturale, con l’indice Crefis a +5,7%, che a livello tendenziale (+3,8%), sostanzialmente dovuto al calo delle quotazioni dei suini da macello.

 

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I prezzi dei tagli di carni fresche, invece, hanno evidenziato andamenti diversificati. In dettaglio, i prezzi delle cosce fresche della tipologia pesante destinate a produzioni tipiche sono scesi del 2,8% fermandosi a 6,315 euro/chilogrammo (+3,3% la variazione tendenziale), mentre le cosce fresche pesanti destinate a prodotto generico hanno fatto registrare un calo del 4,1% per una quotazione di 5,088 euro/chilogrammo (+0,9% il dato anno su anno).

 

Al contrario i prezzi dei lombi a dicembre sono tornati ad aumentare raggiungendo la quotazione di 4,450 euro/chilogrammo, sia per il taglio Padova (+7,9% la variazione congiunturale) che per il taglio Bologna (+12,7% mese su mese).

Negative però le variazioni tendenziali pari rispettivamente a -9,2% e -11,4%.

 

La stagionatura

A dicembre si registra un modesto recupero della redditività anche per gli stagionatori: il prodotto Dop stagionato 12 mesi fa registrare un aumento dello 0,8% mentre il prosciutto non tutelato mostra un indice Crefis a +5,6%.

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Questa situazione allarga ancora il gap di redditività tra le due tipologie di prodotto sempre a sfavore del prosciutto tutelato, raggiungendo un valore pari a -11,4%.

 

Passando al mercato, sempre in dicembre, si osservano quotazioni stabili per il Prosciutto di Parma stagionato 12 mesi a 10,650 euro/chilogrammo (+0,5% la variazione tendenziale); situazione analoga per i prezzi dei prosciutti pesanti non tipici che sono rimasti fermi a 8,800 euro/chilogrammo (+2,3% la variazione anno su anno).



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