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Nelle ultime settimane la Groenlandia ha ricevuto un’inconsueta attenzione mediatica per via dei piani del presidente statunitense Donald Trump di comprarla o annetterla, se necessario con la forza. Prima si parlava dell’enorme isola che fa parte del territorio della Danimarca soprattutto per un’altra ragione: è stata a lungo il posto del mondo con il più alto tasso di suicidi in rapporto alla popolazione. Lo è ancora, anche se i numeri sono diminuiti rispetto agli anni peggiori. Questo fenomeno è stato oggetto di studi e ci sono più ipotesi sulle sue cause, come ha spiegato recentemente anche un reportage del quotidiano spagnolo El País da lì.
A livello mondiale, il tasso medio di suicidi all’anno è di 9 per ogni 100mila abitanti. Tra il 2015 e il 2018 in Groenlandia è stato in media di 81,3 ogni anno; negli ultimi dati disponibili, riferiti al 2021, è sceso a 59,9. È comunque un tasso molto alto, oltre sei volte superiore alla media: la Groenlandia ha 57mila abitanti, ma in un paese come l’Italia un tasso simile vorrebbe dire 35mila persone all’anno (sono circa 4mila). Il decennio peggiore in Groenlandia sono stati gli anni Ottanta, quando i suicidi hanno toccato livelli annuali attorno a 120 ogni 100mila abitanti.
Il fatto che il tasso sia così alto fa sì che quasi tutti conoscano almeno una persona che si è suicidata. Una delle ricercatrici intervistate da El País dice che gestire la notizia del suicidio di un amico o di un parente è uno dei passaggi che scandiscono la crescita, come la prima sigaretta o la fine degli studi scolastici: «Fa parte della biografia di ciascuno».
Non è un fenomeno normalizzato, ma è un’esperienza che accomuna il vissuto dei groenlandesi, prevalentemente durante la gioventù. La maggior parte delle persone che si suicidano sono maschi tra i 20 e i 24 anni d’età (tra i maschi il tasso di suicidi è 87 per 100mila abitanti); la quasi totalità sono di etnia inuit, come l’88 per cento della popolazione groenlandese.
Una delle cose che vengono ricordate quasi sempre, quando si parla dei suicidi in Groenlandia, è il clima inospitale e molto rigido. D’inverno la temperatura media giornaliera può scendere a -18 °C nella parte settentrionale dell’isola, e d’estate non supera una media di 5,6 °C (anche se nella zona meridionale arriva a 20 °C tra giugno e agosto). Vengono citate anche le poche ore di luce: in questo periodo dell’anno albeggia intorno alle 11 e tramonta alle 16:30 (orari della capitale, Nuuk). Nessuno studio, però, ha riscontrato un aumento dei suicidi nei lunghi mesi invernali. È il contrario: solitamente sono più frequenti durante il breve periodo estivo.
Sono altri, e più vari, i fattori che contribuiscono alla condizione giovanile in cui possono maturare pensieri suicidi. Uno dei principali è l’isolamento, non solo geografico, che può accrescere il senso d’alienazione e vanificare i programmi di prevenzione governativi. Altri hanno ragioni storiche e hanno a che fare anche con il passato coloniale danese.
La Groenlandia ha solo 17 città, più 55 centri minori con meno di 500 abitanti. Le infrastrutture stradali sono carenti, spesso si interrompono fuori dagli abitati. Nelle località più remote si arriva solo in elicottero o con piccoli aerei, e ci vogliono ore di volo. Questi collegamenti già piuttosto precari vengono interrotti spesso dalla neve o dalle condizioni meteo. In queste zone anche la connessione internet non funziona bene, e non ci sono strutture specializzate o assistenza psicologica. «In Groenlandia avremmo bisogno di corsi di pronto soccorso psicologico: ognuno dovrebbe poter riconoscere quando un amico è in difficoltà», ha detto Erni Kristiansen, curatrice di uno dei progetti per la salute mentale.
I suicidi non sono sempre stati così tanti. Una delle ultime ricerche, pubblicata sulla rivista scientifica BMC Psychiatry, ha riscontrato un aumento nella seconda metà del Novecento: «Dal 1970 al 1989 il tasso di suicidi salì da 28,7 a 120,5 ogni 100mila abitanti rispecchiando una rapida transizione sociale nel periodo postcoloniale». La Groenlandia ottenne dalla Danimarca proprie istituzioni di governo nel 1953 (e ampi margini di autonomia solo nel 2009): gli anni Settanta e Ottanta furono quelli della modernizzazione dell’isola, e della sua trasformazione da una comunità di pescatori e cacciatori a qualcosa di diverso nell’arco di una sola generazione.
Fu un periodo traumatico. Migliaia di persone inuit lasciarono i villaggi per cercare opportunità di lavoro nella capitale, senza migliorare le loro condizioni economiche e faticando ad adattarsi, anche per ragioni linguistiche. Il nuovo contesto urbano era ostile alla loro cultura, del resto osteggiata per decenni dall’ex potenza coloniale. Si diffusero problemi di alcolismo, che sono anche oggi comuni sull’isola, tanto che in diverse località è stata vietata la vendita di prodotti ad alta gradazione, come durante la pandemia da Covid-19 del 2020.
Ci sono stati suicidi sia tra chi è rimasto nelle cittadine svuotate, sia tra chi se ne va. Sono un argomento che è stato a lungo un tabù, di cui sia il governo sia le comunità locali hanno parlato con riluttanza. Ne parlavano soprattutto i media internazionali, anche se spesso con poca delicatezza.
In Groenlandia è comune che i ragazzi vadano a fare le scuole superiori nei centri più grandi (oltre a Nuuk, Upernavik, Uummannaq, Tasiilaq, Aasiaat), allontanandosi dalla rete protettiva della famiglia. Chi può permetterselo poi va a fare l’università a Copenaghen o in altre città danesi, dove non è facile integrarsi appartenendo a una minoranza discriminata anche dopo la fine del colonialismo.
Chi torna in Groenlandia dopo alcuni anni all’estero ha problemi a riabituarsi alla vita di prima: non si sente né danese né groenlandese, ma una via di mezzo. Questo disagio è al centro del libro La Valle dei Fiori della scrittrice queer groenlandese Niviaq Korneliussen (tradotto in italiano da Iperborea), che racconta la solitudine di una giovane di Nuuk che va a studiare a Copenaghen e torna sull’isola a causa di un lutto.
Nel 2023 il governo groenlandese ha presentato un nuovo programma nazionale (il terzo finora) per prevenire i suicidi e migliorare l’assistenza. Prevede linee telefoniche sempre attive, assistenza psicologica gratuita per gli studenti universitari e dieci sedute psicologiche pagate a chi viene ricoverato dopo un tentativo di suicidarsi. Inoltre negli ultimi anni numerose associazioni e ong hanno affiancato gli sforzi del governo con vari progetti e iniziative di sensibilizzazione, che vanno dalle attività sportive come la boxe ai workshop per realizzare documentari sulla condizione giovanile in Groenlandia.
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Dove chiedere aiuto
Se sei in una situazione di emergenza, chiama il numero 112. Se tu o qualcuno che conosci ha dei pensieri suicidi, puoi chiamare il Telefono Amico allo 02 2327 2327 oppure via internet da qui, tutti i giorni dalle 10 alle 24.
Puoi anche chiamare l’associazione Samaritans al numero 06 77208977, tutti i giorni dalle 13 alle 22.
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