Ruffini, Schlein, Quirinale: i veri obiettivi di Prodi e Gentiloni

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Un appuntamento a Milano, un esordio che ovviamente non è passato inosservato ai media e che è al centro del dibattito politico interno. L’esordio, a tutti gli effetti politico, è quello di Ernesto Maria Ruffini, durante l’evento organizzato dall’associazione Comunità Democratica. L’ex direttore dell’Agenzia delle Entrate ha preso la parola, lanciando messaggi più divisivi che inclusivi. Niente nuovi partiti, ha detto, ma un chiaro richiamo a coinvolgere nuovi elettori e a costruire un’alternativa alla destra ispirandosi alla “maggioranza Ursula”. Il suo discorso è stato letto da molti come un vero debutto da protagonista nella politica attiva.

CHI HA APPLAUDITO RUFFINI

A Milano Ruffini ha trovato il sostegno di figure di spicco del centrosinistra, soprattutto dall’area riformista. Tra i suoi sostenitori si sono schierati Maria Elena Boschi (Italia Viva), il sindaco di Milano Beppe Sala, e i dem Graziano Delrio e Lorenzo Guerini, rappresentanti delle correnti Energia Popolare e Base Riformista. Per loro, il messaggio di Ruffini sembra puntare nella direzione giusta: rafforzare il dialogo con il mondo cattolico e rilanciare il ruolo centrista nel Partito Democratico.

L’eco dell’evento milanese è arrivata anche a Orvieto, dove l’associazione Libertà Eguale si riuniva per il suo tradizionale appuntamento. Qui, l’ex premier Paolo Gentiloni ha ribadito la necessità di restituire credibilità e forza al Pd e al centrosinistra, rilanciando l’importanza di un’anima riformista nel partito.

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A CHI STORCE IL NASO

Le parole di Ruffini non hanno convinto tutti. Pierluigi Bersani, intervenuto da Brescia, ha sottolineato che il dialogo con il mondo cattolico è importante, ma non sufficiente. “Serve una discussione collettiva, non ognuno per conto suo,” ha detto. Anche Andrea Orlando, esponente della sinistra Pd, ha messo in dubbio l’approccio centrista proposto da Ruffini. Secondo lui, il vero nodo non è il confronto tra laici e cattolici, ma il superamento delle estremizzazioni e un rinnovamento complessivo del partito. E sicuramente non sono piaciute a Elly Schlein e ai suoi attuali alleati, il M5S di Conte (ridotti a junior partner) e Avs di Bonelli e Fratoianni.

IL MESSAGGIO A ELLY SCHLEIN

Il debutto di Ruffini ha  lanciato un segnale chiaro infatti alla segretaria Pd: il mondo cattolico e riformista vuole più spazio e ascolto. Personalità come Romano Prodi e lo stesso Gentiloni hanno ribadito l’urgenza di rafforzare l’anima riformista del Pd per costruire un’alternativa credibile alla destra. Se Ruffini sarà il federatore di quest’area, è ancora presto per dirlo. Ma il suo esordio politico ha già acceso il dibattito nel centrosinistra, tra condivisioni e scetticismo.

COSA BOLLE NELLA PENTOLA DI ROMANO PRODI? IL QUIRINALE

E per capire quale possa essere il punto di caduta finale, a leggere i quotidiani bisogna guardare proprio ai due ex premier Prodi e Gentiloni.

“Cosa bolle nel pentolone di Romano Prodi?” si chiede il direttore di Libero quotidiano, Mario Sechi, nonché ex portavoce della premier a Palazzo Chigi. “Vuole fermare la cavalcata di Giorgia Meloni verso il 2032 – spiega – ma questo è ovvio. C’è ben altro sul menù, è il pranzo di gala del Quirinale, si preparano oggi i piatti da portare in tavola quando scadrà il settennato di Sergio Mattarella. (…) Impedire alla destra di eleggere il suo primo Presidente della Repubblica, questo è l’imperativo dell’operazione centrista.

(…) Quello che Romano e compagni proveranno a far saltare, è il ponte che conduce la destra al Quirinale. Prodi sta cuocendo il suo minestrone, la verdura è quella della sinistra democristiana. La domanda è solo una: hanno gas a sufficienza per alimentare i fornelli? La risposta è no, ma questa non è un’operazione per battere la Meloni con la spinta del voto popolare, è tutto un prepararsi, posizionarsi, rallentare, radunare. Il piano centrista nasce da una sfiducia diffusa nelle capacità di Elly Schlein di riequilibrare il Pd, questo è il punto”.

I DUE EX PREMIER ALL’ASSALTO DELLA SEGRETARIA DEL PD

Per il Corriere della Sera “la sfida la sfida è lanciata, e il bersaglio è Elly Schlein”. Roberto Gressi scrive che ad accomunare i cattolici e i liberaldemocratici di Libertà Uguale “per ora” è proprio la segreteria del Pd: “i primi vogliono obbligarla a cedere potere, gli altri vorrebbero amorevolmente convincerla che per vincere e governare dovrebbe essere lei, leader indiscussa, a indicare la persona più adatta alla bisogna”. E poi c’è Gentiloni. “E’ lui – sottolinea il Corriere – che ha le maggiori possibilità per vestire i panni del candidato premier, o federatore che dir si voglia, visto che il voto è lontano, del centrosinistra. (…) Poi Paolo ha un curriculum e rapporti internazionali quasi imbattibili. Semmai, l’unica cosa che può indebolirlo, è proprio quella di essere il concorrente più insidioso della segretaria. Che lo vorrebbe tenere proprio lì, tra le riserve della panchina”.



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